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Cronaca

Paternò, padre e figlio in manette per droga trovata in un casolare disabitato

I militari dell’Arma della locale compagnia hanno rinvenuto dentro l’immobile quattro chili e mezzo di marijuana nelle campagne di contrada Iaconanni

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Padre e figlio arrestati per droga, rispettivamente di 51 e 24 anni, quattro chili e mezzo di marijuana sequestrata. E’ in sintesi il bilancio di una attività investigativa condotta dai carabinieri della compagnia di Paternò, col supporto dei militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori di “Sicilia”,  che ha consentito di fare scattare le manette ai polsi per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti  ad un cinquantunenne di Paternò, con alle spalle diversi precedenti , tra cui associazione a delinquere di tipo mafioso, in quanto legato al clan “Assinnata” di Paternò, articolazione della famiglia Santapaola Ercolano di Catania; arrestato il figlio ventiquattrenne con precedenti di polizia per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio in concorso. I carabinieri hanno attivato una serie di controlli nel territorio finalizzati all’individuazione di possibili nascondigli di droga. Cosi i militari hanno controllato un casolare disabitato sito in contrada Iaconianni, nel comune di Paternò, dove si presumeva che qualcuno avesse nascosto della droga.

I carabinieri hanno quindi iniziato un servizio di osservazione a distanza, con l’ausilio del personale specializzato dei Cacciatori di Sicilia, i quali hanno notato giungere nel casolare un uomo e una donna (successivamente identificati quali marito e moglie) a bordo di un veicolo. A quel punto i militari  hanno deciso di intervenire per controllarli. Mentre l’uomo è sceso dal veicolo e si è avvicinato al casolare, la donna che intanto era rimasta in macchina, ha iniziato a suonare il clacson all’impazzata, in modo da avvisare il marito dell’arrivo dei carabinieri, ma il suo tentativo è stato inutile, visto l’intervento tempestivo dei militari che avrebbero bloccato l’uomo mentre apriva la porta del casolare. I carabinieri hanno pertanto effettuato una perquisizione dell’edificio e del terreno circostante, rinvenendo al suo interno, stipati in una camera vuota, alcuni bidoni dove erano occultati 10 involucri termosaldati contenenti marijuana per circa 4,5kg.

La perquisizione è stata inoltre estesa alla macchina utilizzata per arrivare sul posto, al cui interno i carabinieri hanno rinvenuto materiale per il confezionamento, risultato compatibile con l’imballaggio degli involucri contenti marijuana. Intanto sul posto, nel corso della perquisizione è sopraggiunto il figlio 24enne dell’uomo  che con sommo stupore ha trovato i carabinieri ad operare. Il cinquantunenne, che era sottoposto alla misura della detenzione domiciliare per pregresse condanne, con permesso di assentarsi in determinati orari, ha dichiarato ai militari che lo stupefacente rinvenuto in realtà fosse del figlio, il quale ha confermato quanto detto dal padre assumendosi  la paternità della droga. Le sue dichiarazioni però non gli hanno permesso di evitare l’arresto, e infatti i carabinieri hanno assicurato entrambi alla giustizia, ponendoli a disposizione dell’Autorità Giudiziaria che ha convalidato l’arresto e disposto la traduzione in carcere per il padre presso la casa circondariale di Catania Bicocca, nonchè la misura degli arresti domiciliari per il figlio.

 

 

Cronaca

Giarre, Ispettori del lavoro scoprono lavoratori in nero in cantiere

Sanzioni salate per l’azienda, compresa la sospensione del cantiere

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Nei giorni scorsi, gli Ispettori INL del Contingente Sicilia hanno effettuato a Giarre un accesso in un cantiere edile. La verifica ha consentito di accertare che tutti e 3 i lavoratori presenti erano in nero. Essendo stata superata la soglia del 10% di irregolari, è stata imposta la sospensione dei lavori. Nel corso dell’accertamento è stata altresì appurata la mancata effettuazione della visita medica dei lavoratori. Gli ispettori hanno irrogato sanzioni amministrative di sospensione per 2.500 euro, oltre alla maxi-sanzione fino ad un massimo di 14.200 euro, alle quali si aggiungono le sanzioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, fino ad un massimo di 5.695,36 euro.

 

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Cronaca

Aci S.Antonio, Finanza fa luce su sistema di distrazione di beni aziendali e frode fiscale

Disposto il sequestro preventivo della società “Arcaplast S.r.l.”, comprensivo delle quote societarie, dei conti correnti e dei beni strumentali per un valore complessivo di quasi 400 mila euro, reato contestato bancarotta fraudolenta

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I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza dell’intero compendio aziendale della società “Arcaplast S.r.l.” con sede legale in Aci Sant’Antonio, comprensivo delle quote societarie, dei conti correnti e dei beni strumentali per un valore complessivo di quasi 400 mila euro; reato contestato bancarotta fraudolenta.

È stata, inoltre, disposta la nomina di un amministratore giudiziario per la gestione della società sequestrata. Le indagini, condotte dalla compagnia di Acireale avrebbero consentito di far emergere un sistema di frode a danno dei creditori, in particolare dell’erario. Le indagini hanno preso avvio a seguito di una indagine avviata dalla Procura con l’obiettivo di esaminare le dinamiche relative al dissesto finanziario della società fallita. Dalle indagini sarebbe emerso un disegno fraudolento che avrebbe visto il coinvolgimento del rappresentante della società fallita, Orazio Mattia Bella, con precedenti per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il meccanismo di frode si sarebbe basato su uno schema operativo finalizzato a sottrarre beni e risorse dalla società fallita per trasferirli a una nuova entità giuridica, a prezzo irrisorio rispetto al loro valore, con l’obiettivo di eludere le responsabilità patrimoniali e fiscali.

L’illecita alienazione avrebbe riguardato il patrimonio aziendale della società fallita, comprendente know-how, dipendenti, fornitori e clienti, trasferito integralmente alla nuova impresa. In tal modo, la “New Company” avrebbe potuto proseguire l’attività imprenditoriale con i beni della fallita senza tuttavia farsi carico dei rilevanti debiti e passività accumulati. Tale cessione sarebbe stata quantificata in quasi 3 milioni di euro, con un danno patrimoniale complessivo di circa 1,5 milioni di euro a carico dei creditori, in particolare dell’Erario.

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