“Si discute, e c’è un ampio dibattito, del sovraffollamento delle carceri e della funzione costituzionale della pena e giustizia riparativa. Il dato oggettivo che posso fornire è questo: il boss Alfio Di Primo condannato a 30 anni è scarcerato nel 2021, beneficiando di riduzioni di pena, scontando meno della pena comminatagli, e rientra ad Adrano, dove è atteso con impazienza dai giovani arrestati”.
A dirlo è il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo nel corso della conferenza stampa, nella quale sono stati illustrati i dettagli dell’operazione “Primus” messa in atto dalla Squadra Mobile della Questura di Catania e dal commissariato di Adrano contro il clan Scalisi e che ha portato all’arresto di 21 persone. “Non è la prima volta che esponenti di spicco della criminalità organizzata escono dal carcere e tornano a prendere le redini di gruppi malavitosi- ha sostenuto Fonzo- Per fortuna c’è una conoscenza pregressa da parte della magistratura catanese che è in grado di fare scattare gli allerta necessari e mettere subito sotto controllo esponenti di spicco della mafia quando sono scarcerati”.
Il procuratore aggiunto ha inoltre specificato l’unica variante rispetto a prima è che la mafia non spara e non uccide, ma la sua presenza si espande sul territorio agevolata dall’omertà. “Di Primo – ha ricordato il procuratore aggiunto Fonzo – fu arrestato quando aveva 30 anni, nell’ambito delle operazioni Ficodindia 1 e 2, anche per due omicidi, commessi nell’ambito della guerra di mafia agli inizi degli anni Novanta a Catania e provincia che fecero scalpore e per i quali fu condannato con sentenza passata in giudicato. Nel 1993 per l’uccisione di Giuseppe D’Arrigo, assassinato con un escavatore, che fu decapitato su ordine del boss Di Giacomo, dei Laudani, e di Tano Cordaro nel 1994. Fu condannato, con cumulo di pena, a 30 anni reclusione”.
Un pentito ha anche anticipato ai magistrati sette mesi prima della sua scarcerazione che appena libero Di Primo avrebbe ripreso le redini della cosca. Il procuratore capo Francesco Curcio ha specificato che sulle estorsioni, ad eccezione di un caso, le vittime non hanno denunciato e “sussiste pertanto una sostanziale omertà”.
L’associazione Addiopizzo ha sottolineato che l’operazione Primus è “l’ennesima dimostrazione della presenza e del lavoro costante delle Istituzioni. Per questo motivo riteniamo non più tollerabile che, nel 2024, ci siano ancora commercianti e imprenditori che si piegano alle richieste degli uomini del disonore. Forse sarebbe il caso, oltre che un segnale importante, mettere gli operatori economici di fronte alle loro responsabilità: chi non denuncia va indagato per favoreggiamento alla mafia”.