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Cronaca

Paternò, operazione “Athena” la Procura presenta ricorso contro ordinanza del Gip

Si tratta di un appello contro la decisione del giudice per le indagini preliminari di rigettare la richiesta di emettere un’ordinanza cautelare nei confronti del sindaco Nino Naso e di altri sei indagati

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La Procura di Catania ha presentato appello contro la decisione del gip Sebastiano Di Stefano Barbagallo di rigettare la richiesta di emettere un’ordinanza cautelare nei confronti del sindaco di Paternò Nino Naso, dell’ex consigliere comunale ed ex assessore nella prima giunta Naso, Pietro Cirino, e di un assessore dell’attuale giunta, Salvatore Comis, tra gli indagati dell’operazione Athena eseguita ieri dei carabinieri della compagnia di Paternò. Sarà il Tribunale del riesame tra 10-15 a valutare il ricorso della Procura.

Il reato ipotizzato, in concorso con due presunti esponenti del clan Morabito legato alla famiglia Laudani di Catania, Vincenzo Morabito e Natale Benvenga, è di scambio elettorale politico-mafioso. Cirino è tra i quindici destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita ieri, ma per altri reati. Il gip ha ritenuto che sia  da escludere la sussistenza dei necessari gravi indizi di reato riguardo alla posizione del sindaco Naso. Secondo il giudice l’assunzione di due persone vicino alla cosca in un’azienda che si occupa di rifiuti e il presunto il sostegno elettorale non appaiono prospettabili e, citando un provvedimento della Cassazione, ricorda che ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso è necessaria la prova che l’accordo contempli l’attuazione o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso.

L’appello riguarda complessivamente sette indagati. Tra loro Naso, Cirino, Comis e Benvegna, per il capo 22 dell’imputazione, lo scambio elettorale politico-mafioso, per i quali la Procura chiede al Tribunale di disporre la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari con l’uso del braccialetto elettronico per Morabito. Il carcere è chiesto per altri capi d’imputazione per tre indagati arrestati ieri. Intanto da domani pomeriggio inizieranno gli interrogatori di garanzia delle persone arrestate, tra cui l’ex assessore Naso, Pietro Cirino. Il collegio difensivo degli arrestati è composto dagli avvocati Giuseppe Camonita, Roberta Castorina, Antonio Giuffrida, Carmelo Lo Presti e Vittorio Lo Presti.

Intanto si moltiplicano gli interventi delle opposizioni che chiedono al sindaco Naso e all’assessore Comis di dimettersi. In particolare la senatrice Enza Rando, responsabile Legalità del Partito Democratico e componente della commissione parlamentare Antimafia ha specificato che “il Ministro dell’Interno, così come è stato solerte in altre situazioni, non esiti a fare valutazione sulla nomina di una commissione di accesso. Le accuse pesanti di rapporti con i clan richiederebbero almeno le dimissioni degli esponenti politici del centrodestra coinvolti”.

Intervento anche del Movimento 5 stelle per voce del deputato regionale Martina Ardizzone: “Abbiamo atteso che la nebbia di diradasse un po’ prima di inviare delle note ufficiali, le vicende giudiziarie che hanno coinvolto esponenti politici, dell’ attuale e della scorsa amministrazione, impongono moderazione e un’ oculata osservazione dei fatti. Che quanto emerge dall’ordinanza del Gip abbia dei connotati a tratto incredibili è fuori dubbio – dichiara Martina Ardizzone deputata ARS – a maggior ragione se ad essere coinvolti sono il Sindaco Naso e un assessore (Comis). Dalle loro dichiarazioni emerge la totale estraneità ai fatti e spero con tutta me stessa che sia effettivamente così, ma che il clan mafioso dei Morabito-Rapisarda abbia scelto di sostenere Naso e Comis durante la scorsa campagna elettorale credo sia fuori dubbio. Il sindaco non può solo dirsi “tranquillo” ma è doveroso che prenda delle distanze nette e dica che non ha nulla a che fare con la mafia e che questa va condannata in tutte le sue forme. Le intercettazioni che riguardano Cirino e Comis (rispettivamente ex ed attuale assessore della giunta Naso), sono gravissime e riguardano la gestione clientelare di gare d’appalto e lavori pubblici, ed è vomitevole pensare di poter fare quello che si vuole con la “cosa pubblica” intendendola come “cosa loro”. Mi aspetto che l’attuale giunta e il consiglio comunale chiedano a gran voce le dimissioni di Comis. Sto valutando di presentare una interrogazione in commissione antimafia per chiedere al ministro Piantedosi di verificare la natura dei rapporti tra l’amministrazione e il clan mafioso dei Laudani. Anche se non hanno natura penalmente rilevante, potrebbero inficiare il buon andamento della Pubblica Amministrazione”.

Il Presidente provinciale di Fratelli d’Italia, Alberto Cardillo e il capogruppo consiliare di Fratelli d’Italia, Alfio Virgolini hanno sottolineato il fatto ch il sindaco Naso “possa dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati. Non ci fa velo il fatto di essere come FdI, sin dall’inizio di questo mandato elettorale, fortemente all’opposizione della sua giunta civica. Allo stesso tempo però, data la natura delle accuse, riteniamo opportuno che il sindaco Naso ed i consiglieri comunali facciano spontaneamente un passo indietro, permettendo di ridare al più presto voce agli elettori paternesi”.

Solidarietà al sindaco paternese arriva, invece, dal gruppo consiliare del movimento per l’autonomia di Paternò :  “Un fulmine si è abbattuto sulla nostra comunità Paternese, destabilizzandone la tranquillità e scatenando un vero e proprio sconvolgimento non solo giudiziario ma anche politico. Il Gruppo e i Componenti dell’ MPA, esprimono al Sindaco vicinanza e solidarietà per l’episodio che suo malgrado lo vede coinvolto. Confidiamo ed esprimiamo piena fiducia nell’azione e nell’operato che svolgerà la magistratura, attuando e mettendo in pratica i principi della legalità con la massima trasparenza”.

 

Cronaca

Calatino, servizi straordinari di controllo dei carabinieri contro i furti d’uva

L’attività dei militari si è concentrata nelle contrade più colpite, come Sciri Sotto e Giurfo (Licodia Eubea), Bongiovanni e Piano Pancari (Mazzarrone), dove sono stati rinvenuti diversi veicoli colmi di uva appena trafugata

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Nei territori di Mazzarrone, Licodia Eubea e nella frazione di Granieri (Caltagirone), da maggio a ottobre si apre una delle stagioni più importanti per l’economia agricola locale, quella della raccolta dell’uva da tavola. Non mancano però i furti nei vigneti.

Gruppi di ladri, infatti, approfittando dell’oscurità ma, più recentemente, anche delle ore pomeridiane, si introducono nei campi per fare incetta dei grappoli maturi, caricando le autovetture con ingenti quantità di uva sottratta. Un fenomeno che ha destato forte allarme sociale e preoccupazione tra i produttori, vittime di un danno economico e morale rilevante.

Per fronteggiare questo odioso fenomeno, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania ha attivato un piano di sorveglianza intensivo e mirato, disponendo, ogni giorno, pattuglie della Compagnia Carabinieri di Caltagirone, supportate dai militari della Compagnia di Intervento Operativo CIO del 12° Reggimento “Sicilia” a presidio delle strade principali e delle aree rurali più esposte.

L’attività si è concentrata soprattutto nelle contrade più colpite, come Sciri Sotto e Giurfo (Licodia Eubea), Bongiovanni e Piano Pancari (Mazzarrone), dove sono stati rinvenuti diversi veicoli colmi di uva appena trafugata. In questi casi, se i grappoli non vengono rivendicati dal legittimo proprietario, devono essere distrutti, poiché considerati non commestibili. Infatti, in assenza di tracciabilità, non è possibile accertare il rispetto dei tempi di sicurezza legati ai trattamenti fitosanitari.

Per questo motivo, è fondamentale sensibilizzare i cittadini circa l’acquisto di uva da tavola da venditori ambulanti non autorizzati, perché ciò non solo alimenta il mercato illecito, ma può rappresentare un grave rischio per la salute.

I controlli straordinari dell’Arma continueranno anche nelle prossime settimane, a tutela delle aziende agricole locali e per garantire sicurezza e legalità sul territorio.

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Cronaca

Acireale, minaccia con fucile operai che gli impediscono di passare causa lavori, arrestato

L’uomo è accusato di detenzione e porto illegale di arma clandestina ed alterata e delle relative munizioni, ricettazione delle stesse, minaccia aggravata e percosse.

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Nonostante i lavori in corso pretendeva a tutti i costi di percorrere con il proprio scooter una strada chiusa al traffico, minacciando con un fucile gli operai del cantiere. Ad intervenire è stata la Polizia di Stato che ha individuato e arrestato un 49enne acese, pregiudicato, per detenzione e porto illegale di arma clandestina ed alterata e delle relative munizioni, ricettazione delle stesse, minaccia aggravata e percosse.

A richiedere l’intervento degli agenti del Commissariato di Acireale è stato il datore di lavoro degli operai che si trovavano in via Carico, luogo dove sono accaduti i fatti, il quale ha chiamato il numero unico di emergenza segnalando che un uomo, col quale poco prima gli operai avevano avuto un diverbio, li aveva minacciati con un fucile.

Giunti immediatamente sul posto, i poliziotti hanno acquisito le prime informazioni sulla dinamica dei fatti, ricevendo anche una particolareggiata descrizione dell’aggressore, che avrebbe litigato con gli operai poiché, essendo in atto alcuni lavori stradali, gli avevano impedito il passaggio.

Gli operai hanno raccontato agli agenti che, per evitare che la lite si prolungasse, vista l’insistenza e i toni utilizzati dal loro interlocutore, ad un certo punto hanno comunque deciso di farlo passare a bordo del suo scooter. Tuttavia, mentre la percorreva la strada, l’uomo avrebbe iniziato di nuovo a litigare, rivolgendosi ad un operaio impegnato negli scavi, accusandolo di averlo colpito con una pietra al momento del suo passaggio. Ne sarebbe scaturita una nuova discussione, al termine della quale il 49enne si sarebbe allontanato per poi ritornare dopo alcuni minuti. Arrestata la marcia dello scooter l’uomo avrebbe estratto, dal vano sotto il sedile, un fucile monocanna aperto e piegato in due, introducendo una cartuccia calibro 16 all’interno, puntandolo all’altezza della pancia dell’operaio accusato di averlo colpito con una pietra, urlandogli contro minacce di morte.

Un altro operaio, seduto su un escavatore a poca distanza, sarebbe intervenuto cercando di riportare l’uomo alla ragione, ma questi gli avrebbe rivolto l’arma contro, dicendogli di stare zitto. A quel punto il 49enne si sarebbe nuovamente rivolto contro il primo operaio, schiaffeggiandolo e insultandolo ripetutamente, per poi ordinare ai due di chiamare il loro titolare per farlo giungere sul posto. Impauriti, gli operai hanno chiamato il titolare per informarlo, chiedendogli di avvisare le forze dell’ordine.

Dopo avere acquisito le prime fondamentali informazioni gli agenti del Commissariato di Acireale si sono messi alla ricerca dell’uomo che hanno intercettato dopo qualche minuto in una strada vicina al cantiere.

Una volta bloccato il 49enne, i poliziotti si sono avvicinati con cautela per controllarlo e, aprendo il sedile dello scooter, hanno trovato un fucile monocanna calibro 16 con matricola abrasa, aperto in due parti con una cartuccia riposta all’interno della canna, pronto quindi a fare fuoco. In aggiunta, sparse all’interno del vano sottosella, sono state rinvenute altre cartucce dello stesso calibro.

L’uomo è stato arrestato in flagranza di reato e condotto nel carcere di Catania Piazza Lanza.

 

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