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giudiziaria

Catania, inchiesta “Pandora”, chiesti 8 anni e 10 mesi per l’ex sindaco di Tremestieri Santi Rando

Si tratta di una indagine svolta dai carabinieri su presunte infiltrazioni della criminalità organizzata ed episodi di corruzione al comune di Tremestieri Etneo.

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La Procura di Catania ha chiesto la condanna dei dieci imputati del processo, che si celebra con il rito abbreviato, dell’inchiesta Pandora nata su indagini dei carabinieri su presunte infiltrazioni della criminalità organizzata ed episodi di corruzione al Comune di Tremestieri Etneo.

L’accusa, rappresentata dai pm Rocco Liguori, Fabio Saponara e Santo Distefano, ha chiesto al gup Ottavio Grasso di condannare l’ex sindaco di Tremestieri Etneo, Santi Rando, a otto anni e dieci mesi di reclusione per voto di scambio politico mafioso per le amministrative del 2015 e per alcuni presunti casi di corruzione.

La Procura, come riporta il sito lasicilia.it, ha sollecitato nove anni e sei mesi per Pietro Alfio Cosentino, accusato di concorso esterno e voto di scambio-politico mafioso e indicato dall’accusa come il collegamento tra politica e Cosa nostra, anche per la parentela con il boss Vito Romeo, suo cognato, per cui sono stati chiesti sei anni di reclusione. Sei anni sollecitati anche per Francesco Santapaola, figlio di Salvatore “Colluccio” e cugino di secondo grado dello storico capomafia Benedetto.

A conclusione della requisitoria i pm hanno chiesto anche la condanna di Antonio Battiato a cinque anni e quattro mesi, di Salvatore Bonanno a un anno, di Domenico Cucinotta a tre anni e sei mesi, di Antonio Cunsolo a cinque anni e quattro mesi, di Giuseppe Ferlito a quattro anni e quattro mesi e di Giovanni Naccarato a sei anni.

Battiato e Cunsolo sono i due carabinieri accusati di corruzione assieme al deputato regionale della Lega Luca Sammartino, che è stato rinviato a giudizio con la stessa accusa per avere chiesto ai due militari dell’Arma di bonificare la sua segreteria politica dalla possibile presenza di microspie. Su quest’ultima accusa, visto che gli uffici erano nella titolarità dell’allora senatrice, ora deputata della Lega, Valeria Sudano, compagna di Sammartino, è stata chiamata a decidere la Corte costituzionale. La corte dovrà valutare l’utilizzabilità delle intercettazioni fatte dai carabinieri in quei locali che erano in uso a una parlamentare.

 

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Paternò, inchiesta “Athena”, depositate le motivazioni dell’annullamento domiciliari al sindaco Naso

“Riesame rimotivi su domiciliari del sindaco paternese” scrivono i giudici della Suprema Corte”

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Sono state depositate  le motivazioni  con cui i giudici della sesta sezione penale della Cassazione hanno annullato con rinvio la decisione del Tribunale del Riesame  di Catania che lo scorso  30 settembre  aveva accolto l’appello della procura di Catania e disposto gli domiciliari per il sindaco di Paternò Nino Naso coinvolto nell’inchiesta Athena per voto di scambio politico-mafioso.

“La generica e indeterminata promessa da parte dell’esponente politico ‘di interessarsi’ all’assunzione di lavoratori, direttamente evocata dal Tribunale in alcuni punti dell’ordinanza impugnata, non può integrare la promessa di altra utilità” scrivono i giudici della Cassazione. Sul  “momento dell’effettiva stipulazione del patto politico elettorale e al suo contenuto”, la suprema Corte ha evidenziato  come per il Tribunale etneo il patto “non si sarebbe formalizzato in un unico momento preciso, ma dall’aprile 2021 al giugno 2022″.

Sarebbero state riportate “intercettazioni ritenute indizianti”, ma senza una “compiuta definizione dell’accordo”. Secondo la Cassazione  il Tribunale del riesame “non ha motivato in ordine alle specifiche censure mosse dai difensori nelle memorie e non si sono confrontati con le dichiarazioni di Nino Naso nell’interrogatorio reso all’esito delle indagini preliminari”. Per la Suprema Corte “l’omessa valutazione di memorie difensive non determina la nullità, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della decisione”.

“Alla luce di questi rilievi – conclude la Corte di Cassazione – l’ordinanza impugnata deve essere annullata e deve essere disposto il rinvio per un nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Catania che dovrà nuovamente motivare sull’appello proposto dal Pubblico ministero, uniformandosi ai principi stabiliti da questa Suprema Corte”.

L’inchiesta antimafia “Athena” si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò, coordinate dal procuratore aggiunto di Catania, Ignazio Fonzo, e sostituti Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti, e avrebbe fatto emergere gli interessi del clan Morabito sulle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa e un presunto voto di scambio.

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Catania, uccise la figlia di 5 anni, aperto processo d’appello nei confronti di Martina Patti

I suoi legali hanno annunciato che la donna, che oggi era collegata in video conferenza, vorrebbe fare delle dichiarazioni spontanee

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A Catania dinanzi alla Corte d’assise d’appello ha avuto inizio il processo di secondo grado a Martina Patti, la 26enne che il 12 luglio del 2024 è stata condannata a 30 anni per l’omicidio della figlia Elena, di quasi 5 anni, uccisa con un’arma da taglio nel giugno 2022 e seppellita in un campo vicino casa, a Mascalucia.

I suoi legali, gli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti, hanno annunciato che la donna, che oggi era collegata in video conferenza, vorrebbe fare delle dichiarazioni spontanee. La Corte ha disposto il suo trasferimento in aula per la prossima udienza, fissata per il 14 maggio.

I nonni paterni e il padre della piccola vittima si sono costituti parte civile con l’avvocato Barbara Ronsivalle. Martina Patti è imputata per omicidio premeditato aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato. Il processo è stato incardinato su indagini dei carabinieri del comando provinciale di Catania. La donna avrebbe ucciso la piccola nel luogo del ritrovamento, un campo abbandonato vicino casa, e poi avrebbe finto il sequestro della bambina all’uscita dall’asilo. Martina Patti ha confessato il delitto, ma non ne ha spiegato il movente. La sera prima di essere uccisa, la bambina aveva dormito dai nonni.

La mattina dopo la zia l’ha accompagnata all’asilo e la madre è andata a riprenderla ed è tornata a casa, a Mascalucia. Successivamente, contesta l’accusa, Martina Patti è uscita nuovamente con l’auto, per creare un diversivo, quindi è ritornata nell’abitazione.

E’ in quel lasso di tempo che sarebbe stato commesso il delitto, in un terreno abbandonato dove la madre ha seppellito il corpicino, nascosto in cinque sacchi di plastica nera e semi sotterrato con una pala e un piccone.

A quel punto la 26enne ha fatto scattare la messa in scena: ha avvisato per telefono del falso sequestro i genitori e il padre di Elena, il suo ex compagno Alessandro Del Pozzo, è tornata a casa e dopo, accompagnata dalla madre e dal padre, è andata dai carabinieri a denunciare il falso rapimento.

Ai militari dell’Arma ha associato il sequestro ad alcune minacce che nel 2021 l’ex convivente aveva trovato davanti al cancello di casa, ma la sua versione non ha retto ai riscontri e alle indagini dei carabinieri e alle contestazioni mosse dalla Procura di Catania.

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