“Habemus Papam”. I cardinali elettori, riuniti in conclave dal 7 maggio scorso all’interno della Cappella Sistina, hanno eletto pochi minuti fa il 267º successore di Pietro: il cardinale Roberto Francisco Prevost, che ha scelto il nome pontificale di Leone IV. L’annuncio ufficiale è stato dato dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica Vaticana, dove il cardinale Protodiacono Dominique Mamberti ha proclamato la storica formula in latino dopo la tanto attesa fumata bianca.
All’interno della Cappella Sistina, poco prima che il mondo venisse informato dell’elezione, il cardinale decano si è rivolto al nuovo pontefice con la tradizionale domanda: «Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?» (Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?). Alla risposta affermativa, è seguita la seconda domanda rituale: «Quo nomine vis vocari?» (Con quale nome desideri essere chiamato?).
Annuntio vobis gaudium magnum:
habemus Papam!
Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,
Dominum Robertus Franciscus,
Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Prevost, qui sibi nomen imposuit
Dopo l’accettazione, il nuovo Papa è stato condotto nella cosiddetta “Stanza delle Lacrime”, una piccola anticamera annessa alla Cappella Sistina, così chiamata per l’intensità emotiva del momento che vi si vive. Qui ha trovato tre taglie di vesti papali – grande, media e piccola – tra cui scegliere per il primo abito da pontefice. Insieme a esse, anche sette paia di scarpe e paramenti sacri già indossati da suoi predecessori.
Tra pochi istanti, il nuovo Papa si affaccerà dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro per il suo primo saluto urbi et orbi. Ad attenderlo, una piazza gremita di fedeli, turisti e giornalisti giunti da ogni parte del mondo per assistere a questo momento storico e carico di emozione. Da domani, ad attenderlo, una missione impegnativa: guidare una Chiesa chiamata a custodire una tradizione millenaria, ma anche a confrontarsi con le sfide del presente. Le aspettative sono alte. Tra i temi più urgenti figurano la riforma della Curia, la lotta agli abusi, il dialogo con le giovani generazioni e il ruolo della Chiesa nell’era digitale. A ciò si aggiungono le grandi questioni globali: le tensioni geopolitiche, i conflitti armati, la crisi dei migranti e la tutela degli “ultimi”, tanto cara al suo predecessore.
IL PROFILO DEL NUOVO PONTEFICE
Robert Francis Prevost, 69 anni, è una curiosa figura di “yankee latinoamericano”, vicino a Bergoglio. Dal 2023 è prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Nello stesso anno ha ricevuto la porpora. Nato a Chicago da una famiglia di origine francese, agostiniano, si è laureato in Diritto canonico. Dall’85 al 1999 è stato missionario in Perù. Tornato a Chicago, nel 2001 è diventato priore dell’Ordine di Sant’Agostino, carica che ha tenuto fino al 2013. In quell’anno è tornato in Perù, come vescovo di Ciclayo. Bergoglio lo ha chiamato a Roma nel 2023. Il vescovo statunitense, che parla correntemente spagnolo, portoghese, italiano e francese, in Perù aveva dimostrato una particolare attenzione agli emarginati e ai migranti, molto apprezzata da Francesco.
Da prefetto per i vescovi, ha nominato centinaia di prelati, forgiando una generazione di religiosi “bergogliani”, aperti e progressisti. Prevost si è guadagnato fama di cardinale schivo ed equilibrato. Nel 2023 ha gestito insieme al segretario di stato Parolin la grana del Cammino sinodale tedesco: un dibattito interno alle diocesi germaniche che stava diventando troppo innovatore, e rischiava di provocare uno scisma. Prevost ha riportato il percorso nell’ortodossia, ma senza traumi. Sul suo nome potrebbero convergere i voti dei cardinali latinoamericani, che non hanno candidati forti, e degli statunitensi, troppi divisi tra progressisti e conservatori. (fonte Ansa)