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Cultura

Catania, al consultorio familiare di Librino il murale dell’artista Ligama

L’opera evoca la cura come dimensione fondamentale della condizione umana

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“Libera, natura, umana” è il titolo di un murale che l’artista siciliano Ligama ha realizzato all’ingresso del Consultorio familiare di Librino dell’Asp di Catania. Raffigura una grande dea alata che si prende cura della comunità, simboleggiata da ulivi con foglie e frutti verdi e rossi ed evoca la cura come dimensione fondamentale della condizione umana, della sua libertà e della sua diversità.

Con quest’opera Ligama invita a una riflessione sui diversi modi di prestare attenzione e di stare in relazione con sé stessi e gli altri, modi che guidano verso la promozione umana e relazioni generative.   Un messaggio voluto e condiviso anche dagli operatori del Consultorio familiare e dalla Direzione del Pta di Librino, che hanno promosso e sostenuto l’iniziativa, che ha registrato anche numerose adesioni, apprezzandone in particolare la finalità e il messaggio di benessere e coesione sociale per la comunità servita dal presidio sanitario.

“È un murale – da detto il direttore generale dell’Asp di Catania Giuseppe Laganga Senzio – che parla di presente e di futuro, di vita e di cura. Aggiungiamo anche che l’opera è di un artista straordinario come Ligama, che con generosità ha risposto all’invito degli operatori del Consultorio. Sono tutti elementi che ci permettono di apprezzare il valore dell’opera in sé e la sua unicità nella relazione con il contesto per la quale è stata pensata e realizzata.

Siamo grati al maestro Ligama e a tutti i protagonisti di questa iniziativa che speriamo possa essere replicata anche in altre strutture”. L’artista ha anche impreziosito alcune stanze del Consultorio familiare con alcune opere che riprendono i suoi famosi Pixel e nelle quali sono raffigurati rami di ulivo e di carrubo simboli di rigenerazione, resistenza e bellezza.

ARS

Misterbianco: Inaugurato il sito archeologico “Campanarazzo”, la “Pompei dell’Etna”

“Per la nostra comunità è un momento di grande emozione – ha dichiarato il sindaco di Misterbianco Marco Corsaro – perché finalmente l’unicità del sito di Campanarazzu diventa un tesoro archeologico aperto al mondo, fruibile da tutti”

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Un momento storico per la città di Misterbianco. Inaugurato, oggi, il sito archeologico “Campanarazzo” la chiesa Madre di Misterbianco, in stile tardo-rinascimentale, invasa e travolta dalla lava dell’Etna nel 1669 che oggi, grazie ad un lavoro di valorizzazione avviato dall’Amministrazione comunale ed al finanziamento della Regione Sicilia, si apre al pubblico. Si tratta di quella che viene definita la “Pompei dell’Etna”, la la chiesa, infatti, è stata recuperata scavando nella pietra della colata lavica del 1669. La Regione Siciliana, ricordiamo, con la legge 8 del 2022, ha istituito la “Giornata della memoria dell’eruzione dell’Etna del 1669”.

“Per la nostra comunità è un momento di grande emozioneha dichiarato il sindaco di Misterbianco Marco Corsaroperché finalmente l’unicità del sito di Campanarazzu diventa un tesoro archeologico aperto al mondo, fruibile da tutti. Siamo convinti che questa sarà una grande opportunità di riscoperta e valorizzazione culturale, economica e sociale per il nostro territorio. In quest’ottica abbiamo anche utilizzato i fondi del Pnnr – sottolinea il sindaco Corsaro – per creare un nuovo Parco archeologico-naturalistico nell’area circostante agli scavi. A breve avvieremo un cantiere da oltre un milione di euro, inserendo così Campanarazzu in un rinnovato contesto ambientale e turistico.”

E stamani, dunque, l’inaugurazione che ha visto la partecipazione sentita del primo cittadino, assessori e consiglieri comunali, i deputati regionali Jose Marano e Giuseppe Castiglione, Gilberto Aragona per l’Assessorato regionale ai Beni culturali, Franco La Fico Guzzi per la Soprintendenza ai Beni culturali di Catania, il direttore dell’INGV-Osservatorio Etneo di Catania, Stefano Branca, il parroco Nino Vitanza per la Fondazione Monasterium Album. Presenti anche docenti e alunni delle scuole della città di Misterbianco.

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ambiente

Nicolosi, Il laboratorio “Mount Etna” ripensa l’abitare sul vulcano

Un workshop internazionale esplora nuove soluzioni per l’integrazione tra natura e architettura

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L’Etna diventa il fulcro di un’importante iniziativa di ricerca internazionale volta a esplorare strategie innovative per la tutela del paesaggio, la riqualificazione dei ruderi e la valorizzazione del sottosuolo archeologico del vulcano attivo più grande d’Europa, riconosciuto come Patrimonio dell’UNESCO.

Dal 21 al 23 febbraio, la sede del Parco dell’Etna a Nicolosi ospiterà il laboratorio di architettura “Mount Etna. Abitare il vulcano, memorie, tecniche, natura”, promosso dall’Ente Parco dell’Etna in collaborazione con l’Archeoclub d’Italia e con il patrocinio dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana. Il progetto vede anche il coinvolgimento dell’Assemblea Regionale Siciliana e della Fondazione Federico II.

L’iniziativa riunisce esperti e ricercatori provenienti da prestigiose università internazionali, tra cui Palermo, Catania, Napoli, Madrid, Barcellona, Smirne e Parigi, affiancati da cinque gruppi di progettazione etnei. Il programma di studi si concentra su un nuovo modello di ristrutturazione e fruizione dei ruderi, basato su un approccio filologico e critico, nel rispetto delle carte del restauro e delle moderne teorie architettoniche sul rapporto tra antichità e contemporaneità.

“Natura abitata” sarà il tema centrale del laboratorio, con l’obiettivo di individuare soluzioni architettoniche sostenibili per integrare il paesaggio etneo con la vita delle comunità locali. Il workshop vedrà la partecipazione di specialisti in vulcanologia, architettura, geologia e diritto, favorendo un dialogo interdisciplinare su storia, arte, ambiente e tecnologia.

Come sottolineato dall’architetto Francesco Finocchiaro, direttore del Dipartimento Architettura e Paesaggi di Archeoclub d’Italia, il progetto rappresenta non solo un’importante occasione di ricerca e sperimentazione, ma anche un’opportunità di cooperazione tra enti, studiosi e progettisti per ripensare il modo in cui l’uomo abita il territorio etneo, conciliando memoria, tecnica e natura.

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