Aveva sfidato le regole della sopravvivenza, delle statistiche mediche. Era passato oltre ogni parametro, in termini di attesa di vita, percepito come il più auspicabile. Ci si era abituati, tutti, a saperlo sempre lì, nella sua casa, stabile, tra i suoi libri e passioni, tra le sue abitudini, le sue uscite e i suoi viaggi. Lo avevamo cristallizzato nelle sue pose e nei suoi motti sagaci, che risultavano ormai familiari a tanti. Gli occhi vivissimi e brillanti quando tirava giù una delle sue uscite, obbediente sempre alla propria identità e mai schiavo dell’interlocutore da compiacere. Mai retorico, sempre sorprendente. La sua vicenda poteva in qualche modo farti fantasticare, coi suoi 104 anni suonati lo scorso 16 marzo, che la morte, forse, la si può aggirare…
E invece, questa Domenica delle Palme arriva come un appuntamento, stabilito da sempre, che cancella ogni utopistica fantasticheria e riporta al centro la verità più profonda di questa esistenza: la morte c’è e la giostra, ad un certo punto, si ferma, presto o tardi, ma si ferma.
Lo amiamo ancora di più, oggi, Giovannino, ora che si è consegnato tra le braccia del Padre. Smette in qualche modo di essere quell’highlander che avevamo ammirato e amato, ma con un certo reverenziale distacco, e lo sentiamo più vicino, ora che in lui il mito si sfoca sullo sfondo mentre, in primo piano, brilla l’uomo che, semplicemente e umanamente, viene chiamato al Cielo.
E’ stato di certo un grande dono, per familiari, amici e i tanti conoscenti. Lui e la sua singolare esperienza di sopravvissuto alla prigionia nel campo nazista, esperienza che ha con generosità raccontato ai tantissimi giovani incontrati nelle scuole perché le nuove generazioni sapessero cos’è la guerra. Le sue testimonianze rimarranno un patrimonio da coltivare.
La redazione di Etnanews, insieme a tutti coloro che hanno avuto la gioia di conoscere il caro Giovannino Sparpaglia, si stringe attorno alla figlia Manrica, al genero Pasquale ed ai parenti tutti.