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Cronaca

Catania, indagini su collegamento video tra Niko Pandetta, in carcere, e il rapper Baby Gang

E’ successo durante il concerto del primo maggio di Baby Gang. Nella cella del trapper la polizia penitenziaria ha trovato un telefonino

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FOTO CATANIATODAY

Problemi per Niko Pandetta, il trapper catanese detenuto a Castrovillari in Calabria per spaccio di sostanze stupefacenti. Pandetta è nipote del boss mafioso Turi Cappello. In particolare nella cella del trapper la polizia penitenziaria ha trovato un telefonino. Pandetta è adesso indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti. Il nome di Niko Pandetta è tornato alla ribalta dopo che lo scorso primo maggio, al concerto dell’One day music festival, tenutosi a Catania, del rapper Baby Gang , quest’ultimo prima di esibirsi con “Italiano” avrebbe fatto sul palco una videochiamata con il coautore della canzone ossia proprio Niko Pandetta.

La procura di Catania, a tal proposito,  ha avviato accertamenti sulla performance del primo maggio.  “È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato i pubblico dal palco Baby Gang mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta. Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social.  Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata. Per chiarire cosa è realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del primo maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della questura.

I legali di Pandetta, gli avvocati Salvo Pace e Maria Chiaramonte, hanno sostenuto di  “non avere informazioni dirette”. “Potrebbe trattarsi – sottolineano – di una vecchia registrazione precedente la sua carcerazione. Oppure una registrazione tra quelle per cui c’è già un procedimento penale aperto. Non abbiamo potuto sentire direttamente Pandetta, quindi non possiamo riferire la sua versione”.

“C’è ancora chi si stupisce sull’uso del telefonino dal carcere, ma sui social c’è un’ampia possibilità di cosa vedere, secondo vere e proprie sezioni di scelta, tra “carcerati che fanno i TikTok”, “video dei carcerati”, “detenuti in carcere fanno video’” e persino “diretta dal carcere”. La cella del carcere è sempre più la location preferita specie per rap e giovani boss per fare ‘spettacolo”.

A dirlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria, in merito alla vicenda . I”n attesa che si accerti se realmente il boss fosse in collegamento via telefono con il cantante, da una perquisizione nella cella del carcere di Rosarno, dove Pandetta è detenuto, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino- ha affermato Di Giacomo- Il diffuso uso dei telefonini dal carcere sono un’offesa alle vittime e alle loro famiglie. Mettiamoci semplicemente nei panni di chi ha subito l’uccisione di un figlio, una violenza, una rapina che assiste allo spettacolo dell’aggressore per rendersi conto del sentimento di forte indignazione.

E poi non si sottovaluti il messaggio inviato da “eroi del crimine” a giovani che seguono fiction come Gomorra e Mare fuori e mitizzano un modello di criminalità e di carcere. Ma attenzione: l’uso dei social è dimostrazione di potere e contiene persino messaggi di comando inviati all’esterno. Noi lo stiamo denunciando da tempo.  Gli unici a trarre vantaggio sono i detenuti appartenenti a organizzazioni mafiose e criminali, i più forti nelle carceri rispetto ai poveri Cristi che non ce la fanno più. In questo scenario sempre più allarmante emergenza l’appello al Governo, al Parlamento e alla politica a non girare la faccia perché negli istituti si comanda comodamente in cella via chat”.

 

Cronaca

Mascalucia, ossessivo, violento e recidivo: 61enne fermato con misura speciale

Accusato di stalking e violenze ripetute, aveva già ignorato ammonimenti e misure cautelari. Il Tribunale dispone restrizioni severe per tre anni

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Una misura di prevenzione particolarmente incisiva è stata adottata, grazie all’intensa attività investigativa ad opera dei carabinieri di Catania, nei confronti di un uomo di 61 anni, residente a Mascalucia, già noto alle forze dell’ordine per una lunga serie di episodi violenti in ambito familiare e relazionale.

L’uomo, con una lunga storia di precedenti per maltrattamenti, minacce, lesioni e stalking, ha perseguitato due donne con cui aveva intrattenuto relazioni, manifestando comportamenti ossessivi, violenti e intimidatori. Nonostante ammonimenti e misure cautelari, ha continuato a infrangere le regole, aggravando ulteriormente la sua posizione.

L’attività investigativa dei militari ha documentato, tra il 2022 e il 2025, numerosi episodi di aggressioni fisiche, minacce, danneggiamenti e pressioni psicologiche. Le dichiarazioni delle vittime sono state ritenute pienamente credibili dalla magistratura.

Il provvedimento impone il divieto di avvicinarsi alle persone offese e ai luoghi da loro frequentati, l’obbligo di mantenere una distanza minima di 500 metri, il divieto di soggiornare nei loro comuni di residenza e la presentazione bisettimanale presso l’autorità di pubblica sicurezza per tre anni. In caso di violazione, potranno essere attivati sistemi di controllo elettronico.

Questa misura rientra nel quadro delle norme più recenti a tutela delle vittime di violenza e rappresenta un importante strumento di prevenzione per contrastare soggetti con alta pericolosità sociale.

 

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Cronaca

Catania, controlli al MAAS, elevate sanzioni, scoperti lavoratori in nero, sequestro di prodotti ortofrutticoli

Complessivamente, sono state identificate 522 persone, di cui 180 già note alle forze dell’ordine e sono stati controllati anche 320 veicoli e per molti conducenti indisciplinati sono scattate numerose sanzioni amministrative

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Blitz della task force coordinata dalla Polizia di Stato all’interno del grande Mercato Agroalimentare Siciliano di Catania (MAAS), all’alba di ieri, per verificare la tracciabilità e genuinità dei prodotti ortofrutticoli, il rispetto della normativa igienico-sanitaria e di quella relativa alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’azione di controllo disposta dal Questore ha visto impegnati i poliziotti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, della Divisione Anticrimine e della Squadra Mobile, le unità cinofile della Questura di Catania, gli agenti del X Reparto Mobile e del Reparto Prevenzione Crimine “Sicilia Orientale”, nonché il personale del Corpo Forestale della Regione Siciliana e dell’Ispettorato territoriale del Lavoro.

Oltre 90 le attività commerciali presenti nel Mercato al centro delle verifiche espletate da 60 poliziotti e 15 forestali e dal personale dell’Ispettorato territoriale del Lavoro che hanno passato al vaglio le documentazioni di competenza.

Nello specifico, gli interventi della task force sono finalizzati a garantire l’osservanza delle prescrizioni delle licenze di vendita di prodotti, la sicurezza alimentare a tutela dei consumatori e la regolarità delle posizioni lavorative del personale dipendente delle attività commerciali, a garanzia dei lavoratori e dei commercianti che, scrupolosamente, rispettano le regole.

Tra i vari box, in sei sono stati riscontrati diversi prodotti carenti della necessaria documentazione attestante la tracciabilità degli alimenti, per cui il personale del Corpo Forestale della Regione Siciliana ha contestato ai relativi titolari sanzioni amministrative per un totale di 9.000 euro e ha proceduto al sequestro di oltre 38.000 chili di prodotti ortofrutticoli e di 648 bottiglie di vino bianco, per un valore commerciale complessivo di circa 120 mila euro.

Considerata la preliminare verifica sulla salubrità dei prodotti sequestrati, si è proceduto alla consegna degli alimenti all’organizzazione di volontariato del Banco Alimentare, presente nell’area mercatale con alcuni box per la successiva distribuzione ad enti di beneficenza.

Inoltre, in tre dei box controllati, l’accertamento condotto dall’Ispettorato territoriale del Lavoro ha consentito di individuare tre lavoratori in nero, uno per ogni attività. Pertanto, nei confronti dei titolari sono state elevate sanzioni amministrative per complessivi 6000 euro. Inoltre, si è proceduto alla sospensione delle tre attività commerciali con ulteriori sanzioni pecuniarie di complessivi 7500 euro.

Complessivamente, sono state identificate 522 persone, di cui 180 già note alle forze dell’ordine e sono stati controllati anche 320 veicoli e per molti conducenti indisciplinati sono scattate numerose sanzioni amministrative, contestate dagli agenti Reparto Prevenzione Crimine, soprattutto per guida senza patente, per assenza della copertura assicurativa e per mancanza della revisione periodica.

 

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