Un medico di 63 anni, attualmente in servizio nel sistema pubblico sanitario di Catania, è stato sospeso dall’incarico perché indagato per violenza sessuale. Si tratta di Giuseppe Reina, ex primario ospedale di Paternò e attuale direttore sanitario dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania. Il medico è indagato per un singolo episodio di violenza sessuale (aggravata dal rapporto di subordinazione commessa ai danni di un medico chirurgo in servizio presso un’unità ospedaliera dell’hinterland etneo) fra i diversi episodi contestati. Secondo l’accusa quando era primario di un reparto nell’ospedale di Paternò, avrebbe tenuto “comportamenti espliciti finalizzati a ottenere prestazioni sessuali da personale femminile della struttura” forte del suo ruolo gerarchico, anche “durante i turni di lavoro”, nel periodo intercorrente tra il 2020 ed il 2024.
I fatti di cui sarebbe indagato il medico “si sarebbero concretizzate in atti sessuali ripetuti con le persone offese, sulla base di abuso di autorità e anche nel timore di subire pregiudizi professionali nella sfera professionale, evidenziandosi ancora che fra le diverse ipotesi contestate – sulla base di video-riprese, intercettazioni, dichiarazioni – il Gip ne ha ritenuta corroborata da gravi indizi solo una” scrive la procura.
Sulla base delle indagini svolte i fatti sarebbero avvenuti sul luogo di lavoro, durante i turni di servizio, vicende immortalate da un impianto di video ripresa.
A carico dell’indagato, quindi, il GIP ha ravvisato una sola violenza sessuale commessa ai danni di una collega medico chirurgo, in quanto, l’indagato, nell’esercizio delle sue funzioni, approfittando dello stato di soggezione della vittima – come conseguenza della condizione subordinata della donna – l’avrebbe indotta a subire atti sessuali.
In particolare, anche in occasione delle visite ai pazienti svolte congiuntamente alla vittima presso il nosocomio, il 63enne l’avrebbe palpeggiata con gesti fulminei, rivolgendole contestualmente avances di tipo sessuale.
Tali comportamenti si sarebbero realizzati all’interno del nosocomio paternese, mediante gesti rapidi tali da impedire alla vittima di sottrarsi alla sua azione, di difendersi e comunque di manifestare il suo dissenso. I fatti si sarebbero svolti dal mese di dicembre 2018 fino al settembre 2024.
“Le risultanze delle indagini, coordinate da questa Procura, sono state, quindi, solo in parte condivise dal competente Giudice per le Indagini Preliminari che, a fronte della richiesta della custodia in carcere formulata da questo Ufficio in ragione (secondo l’impostazione accusatorie) della gravità dei fatti contestati e della molteplicità delle vittime, ha, invece, ritenuto di disporre (con provvedimento che ci si riserva d’impugnare) nei confronti del sanitario, per solo uno dei diversi episodi contestati, rigettando nel resto, la misura interdittiva della sospensione dalle funzioni pubbliche dell’indagato presso Aziende Ospedaliere, Aziende Sanitarie e, più in generale, strutture sanitarie pubbliche o a partecipazione pubblica, inibendogli di espletare tutte le relative attività per la durata massima di dodici mesi” ha scritto la procura.
AGGIORNAMENTO ORE 14.30
Sulla vicenda c’è da registrare una piccola nota dell’ASP etnea : ” L’Azienda ha preso atto del provvedimento dell’Autorità Giudiziaria e ha avviato le procedure di esecuzione dell’ordinanza non appena notificata. I fatti oggetto dell’ordinanza impongono un atteggiamento di rigorosa attenzione, rispetto e responsabilità, a tutela di tutte le persone coinvolte, della collettività e delle Istituzioni”.