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Politica

S.M. Di Licodia, Spalletta: “persi 2,3 milioni di euro per una mancata firma del sindaco”

La consigliera ha stilato dei progetti a valere sul PR FESR 2021-2027 ma il primo cittadino non li avrebbe firmati
e presentati

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Riceviamo e pubblichiamo la nota della consigliera comunale Mariella Spalletta che ricopre anche il ruolo di componente dell’Unione dei Comuni dell’Area Interna Val Simeto Etna.

LA NOTA INTEGRALE
Scrivo queste righe non solo da consigliera comunale di opposizione, ma anche da componente dell’Unione dei Comuni dell’area interna Val Simeto Etna. È un ruolo che ho sempre vissuto come responsabilità verso la collettività, al di là delle divisioni politiche. Ed è proprio per questo che la vicenda delle schede attuative del PR FESR 2021-2027 brucia ancora di più.

Da consigliera comunale e dell’Unione, ho lavorato a progetti concreti per la nostra comunità. Ma il sindaco Buttò ha deciso di non firmarli, facendo perdere un’occasione storica al paese.

I progetti erano stati redatti con impegno e serietà, rispettando criteri e scadenze. Eppure, quando si è trattato di fare l’ultimo passo – la firma del sindaco Buttò – tutto si è fermato. Una firma mancata ha significato perdere 2,3 milioni di euro per Santa Maria di Licodia.

A memoria storica, mai nessuna opposizione aveva portato sul tavolo progetti di questo valore. Noi lo abbiamo fatto, ribaltando quella vecchia accusa secondo cui l’opposizione si limita a criticare senza proporre. Ma la realtà ha dimostrato che non siamo noi a bloccare: è stata la scelta politica del sindaco e il silenzio della sua amministrazione che, con un atteggiamento passivo, ha scelto di restare inerte di fronte a quest’opportunità, privando i cittadini di un’occasione irripetibile.
E c’è un elemento che rende tutto ancora più grave: i nostri progetti si collocavano in misure in cui non figurava alcuna proposta dell’amministrazione e, in alcuni casi, nessun altro comune aveva presentato alcun progetto. Ciò significava che la disponibilità economica era totale e che le possibilità di finanziamento erano concrete e reali.

Il paradosso è ancora più evidente se penso all’ultima relazione annuale del sindaco. In quel documento, infatti, Buttò si è intestato come propri progetti che non erano farina del suo sacco, dichiarando di essere impegnato nella presentazione all’Unione dei Comuni di interventi come la “casa dell’acqua” nelle scuole – che in realtà sono distributori d’acqua filtrata gratuitamente – e la sistemazione di viale Strasburgo. Proprio per questo in consiglio comunale si aprì un acceso dibattito: da un lato i componenti della sua amministrazione accolsero senza obiezioni quelle parole, dall’altro la minoranza contestò la mancanza di chiarezza e di paternità reale dei progetti. Oggi la contraddizione appare ancora più forte: se davvero il sindaco li considerava validi al punto da rivendicarli in un documento ufficiale, perché non firmarli quando si è presentata l’occasione concreta di trasformarli in realtà?

I progetti che erano stati preparati parlavano da soli. Nelle scuole, un programma Plastic Free con erogatori di acqua microfiltrata e la distribuzione di migliaia di borracce riutilizzabili per studenti e personale: un segno concreto di sostenibilità, un investimento piccolo ma capace di cambiare le abitudini quotidiane e ridurre la plastica. Per la vita democratica, la digitalizzazione della sala consiliare, con streaming delle sedute, sistema di voto elettronico e verbalizzazione automatica: strumenti di trasparenza e partecipazione che avrebbero avvicinato i cittadini alle istituzioni.

E poi i due grandi interventi infrastrutturali. Le strade rurali – Cicero, Panuzza, Sette Porte, Serafica, Di Fora e Petronio – oggi dissestate e pericolose, sarebbero state potenzialmente finanziabili per una riqualificazione complessiva con nuova pavimentazione, segnaletica e illuminazione stradale. E il viale Strasburgo (la nostra Panoramica) avrebbe potuto ritrovare decoro e sicurezza con marciapiedi, nuova illuminazione, ringhiere sicure e rifacimento del manto stradale. In più, era prevista la sostituzione delle palme ormai inadeguate con alberi più adatti e resistenti, capaci di restituire bellezza e funzionalità a una delle arterie principali del paese.

Ed è bene dirlo chiaramente: in questa responsabilità non c’è soltanto il sindaco. Ogni singolo componente della sua maggioranza ha scelto il silenzio, preferendo assecondare una decisione incomprensibile e rinunciando al proprio ruolo di rappresentanza. Nessuno ha avuto il coraggio di alzare la voce per difendere l’interesse della comunità. Questa inerzia collettiva pesa come un macigno ed è il segno di una crisi di leadership che soffoca Santa Maria di Licodia.

Chi paga il prezzo di questa scelta? Non certo noi consiglieri, non certo il sindaco o la giunta. A pagarlo saranno le famiglie, gli studenti, i residenti delle contrade rurali, i cittadini che percorrono ogni giorno le nostre strade, gli imprenditori agricoli e chi avrebbe potuto beneficiare di un paese più sicuro, sostenibile e trasparente.

Quello che sorprende di più è l’inversione dei ruoli tra maggioranza e minoranza. In un sistema democratico, ci si aspetterebbe che la parte al governo proponga e la minoranza si opponga. Qui, invece, è la minoranza a presentare idee e iniziative, mentre la maggioranza non solo resta inerte, ma decide consapevolmente di rinunciare a opportunità concrete per il paese.

Questa non è mancanza di risorse, ma di visione. Non è l’opposizione a dire no, ma l’amministrazione.

E una cosa va detta con chiarezza: non ci fermeremo qui. Continueremo a portare avanti questi progetti, a cercare canali e occasioni per non disperdere il lavoro fatto. Perché Santa Maria di Licodia merita molto di più di una firma mancata.

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