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Cronaca

Catania, operazione “Ghenos”, contrasto agli scavi clandestini e al traffico di beni archeologici

Sono ben 79 le persone indagate di cui 45 raggiunte da una ordinanza di custodia cautelare. Tra loro soggetti di Paternò e Lentini

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E’ scattata all’alba di oggi l’operazione “Ghenos” condotta dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Palermo – coordinati dalla Procura Distrettuale di Catania  che ha consentito di smantellare un gruppo ben organizzato dedito agli scavi clandestini e al traffico internazionale di beni archeologici. Sono ben 79 le persone indagate di cui 45 raggiunte da una ordinanza di custodia cautelare: in particolare nove sono finite in carcere, 14 ai domiciliari, 17 raggiunte obblighi di dimora (di cui 8 con permanenza notturna), 4 dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (di cui 2 notificati all’estero), nonché eseguita la sospensione dell’esercizio d’impresa a carico del titolare di una casa d’aste.

Gli indagati sono accusati di una serie di reati che vanno dall’associazione per delinquere alla violazione in materia di ricerche archeologiche, dall’impossessamento illecito di beni culturali dello Stato al furto, dalla ricettazione all’autoriciclaggio, fino alla falsificazione e contraffazione di opere d’arte, nonché all’uscita ed esportazione illecita di beni culturali. Tra gli indagati ben 18 paternesi.

All’esecuzione hanno contribuito il Comando provinciale dei Carabinieri di Catania, il 12° Nucleo Elicotteri, lo Squadrone Eliportato “Cacciatori Sicilia” e reparti territoriali di Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Enna, oltre a unità di Roma, Firenze, Ravenna e Ferrara, con estensioni operative nel Regno Unito e in Germania. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati questa mattina alla presenza del procuratore capo Francesco Curcio e dell’aggiunto Fabio Scavone, in collegamento con la Procura di Catanzaro e i vertici del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri.

Secondo l’accusa gli indagati sarebbero stati organizzati in più associazioni a delinquere radicate tra le province di Catania e Siracusa, con una presunta attività sistematica di scavi clandestini in numerosi siti di interesse archeologico riconosciuti dalla normativa regionale e nazionale, distribuiti sull’intero territorio siciliano e, in parte, in Calabria. L’indagine è partita nel 2021 dopo la denuncia del Parco Archeologico di Agrigento per ripetuti scavi clandestini ad Eraclea Minoa (Cattolica Eraclea) L’indagine seguita dai Carabinieri TPC veniva attivata con il monitoraggio dei tombaroli paternesi e lentinesi che, organizzati in diverse squadre, avevano perpetrato ben 76 scavi clandestini nelle aree archeologiche siciliane e, in due circostanze, anche nel sito calabrese di “Scolacium”.  I militari dell’Arma hanno sequestrato e recuperato circa 10 mila reperti, fra cui spiccano circa 7 mila monete antiche di conio raro, perlopiù emesse in età greca in Magna Grecia e in Sicilia. Secondo il vaglio di esperti numismatici, molti esemplari risultano in eccellente stato di conservazione e di elevato interesse storico e scientifico.

Recuperati inoltre bronzi reggini e della Sicilia orientale (Menaion, Alaisa Archonidea, Kalacte, Mamertini), un raro esemplare della zecca di Alykiai e due di Iaitas (Monte Jato), frazioni numismatiche di Ziz-Panormos e litre provenienti da Morgantina ed Herbessos. Tra i pezzi segnalati una rara emissione in bronzo di forma piramidale di Akragas, databile alla metà del V secolo a.C.

Nello sviluppo dell’indagine sono stati eseguiti 5 riscontri investigativi conclusi con l’arresto in flagranza di 6 indagati, tra cui 5 soggetti sorpresi in flagranza di reato nelle attività dello scavo clandestino, nel 2022, all’interno del sito archeologico di Baucina, mentre in altre due circostanze sono stati bloccati 3 indagati all’atto dell’esportazione illecita all’estero di reperti archeologici, con il sequestro di numerose monete avvenuto a Dusseldorf, con l’ausilio della Polizia tedesca.

Nel novembre scorso, perquisizioni nell’area catanese hanno portato alla scoperta di un laboratorio ritenuto una vera e propria zecca clandestina, attrezzato per la riproduzione di manufatti in ceramica e la contraffazione di monete, con stampi, conii, strumenti di colatura, bilancini e rame allo stato puro. Tra le migliaia di beni sequestrati figurano anche crateri integri a figure nere e rosse, fibule protostoriche, anelli in bronzo, pesi, aes in bronzo con globetti, fibbie, punte di freccia e un askos di tipo buccheroide. Sequestrati, inoltre, anche circa 60 strumenti predisposti alla ricerca di metalli preziosi, tra cui metal-detectors e diversi arnesi idonei agli scavi clandestini.

L’inchiesta si è poi sviluppata anche sul piano internazionale, supportata da articolate attività tecniche realizzate con servizi dinamici, acquisizione di dati del traffico telefonico e telematico,

attività di videoripresa presso i luoghi di incontro tra gli indagati, perquisizioni, sequestri, arresti in flagranza, attività di pedinamento, fino anche perquisizione e sequestri eseguiti in Germania tramite richiesta alla magistratura estera con l’Ordine Europeo di Indagine, tracciando il percorso di illegalità dei beni sottratti al patrimonio indisponibile dello Stato italiano, sino alla loro vendita in case d’aste straniere. I Carabinieri TPC hanno, così, potuto ricostruire l’intera filiera associativa che, nella tipica struttura organizzativa denominata “archeomafia”, si compone dei diversi ruoli che partono dalla base con le squadre dei c.d. tombaroli specializzati nello scavo clandestino (utilizzando vari strumenti per analizzare il terreno come metal detector, “branda”, georadar e per effettuare gli scavi “spillone”, “zappetta”, macchine per movimento terra), che, con le loro illecite condotte predatorie, distruggono inevitabilmente la morfologia dei siti. . Il sodalizio si componeva anche dei ricettatori locali, fino a raggiungere le figure dominanti dei trafficanti internazionali del mercato illecito dell’arte. Le meticolose investigazioni svolte dai Carabinieri TPC hanno permesso di smantellare e neutralizzare i diversi sodalizi criminali che operavano principalmente nell’area etnea, fino ad estendere le proprie ramificazioni in Germania e Regno Unito.

Le attività investigative ruotavano fin dall’inizio attorno alla figura di un ricettatore di reperti archeologici, che operava in località del versante sud-occidentale dell’Etna, già in passato interessato da vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto nella ricettazione di monete d’interesse archeologico.

Le indagini proseguono per l’ulteriore analisi del materiale sequestrato e la completa ricostruzione delle responsabilità lungo l’intera catena del traffico.

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