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Cronaca

Acireale, scoperta una piantagione di marijuana, due arresti

I militari hanno accertato la presenza di 65 piante in piena coltivazione, 50 piante appena recise e 43 già essiccate. Se immessa sul mercato al dettaglio la sostanza sequestrata, avrebbe potuto fruttare ai due arrestati un guadagno compreso tra 45 e 55 mila euro

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Ad Acireale due uomini, rispettivamente di 65 e 57 anni, residenti uno ad Acireale e l’altro ad Aci Catena, sono stati arrestati dai carabinieri della compagnia acese per coltivazione di sostanze stupefacenti in concorso.

Durante un servizio perlustrativo nelle campagne adiacenti a via Mortara, nel comune di Acireale, militari di Acireale, congiuntamente ai colleghi della Stazione di Aci Sant’Antonio, hanno notato alcuni movimenti sospetti nei pressi di un terreno agricolo isolato, situato nelle vicinanze della riserva della Timpa. Insospettiti dall’insolita attività e dalla presenza di impianti irrigui artigianali visibili oltre la recinzione, i militari hanno effettuato un primo controllo più ravvicinato, accertando la presenza di diverse decine di piante di marijuana in fase di crescita. Da qui è partito un servizio di “osservazione”.

Dopo diverse ore due soggetti sono stati visti entrare nel fondo agricolo, dopo aver scrutato attentamente i dintorni. Richiuso il cancello alle loro spalle, hanno iniziato a irrigare e recidere alcune piante. Il momento è stato ritenuto propizio nel preciso istante in cui i due uomini, dopo aver reciso alcune infiorescenze, si accingevano a trasportarle all’interno del casotto per l’essiccazione. A quel punto, è scattato l’intervento risolutivo: le pattuglie sono piombate sull’obiettivo con rapidità e precisione, impedendo ogni possibilità di fuga. I due soggetti sono stati immediatamente bloccati e messi in sicurezza.

Subito dopo, è stata eseguita una perquisizione approfondita dell’intera area, che ha permesso di accertare come i due avessero allestito una vera e propria piantagione ben strutturata, realizzata con cura e meticolosità su quattro terrazzamenti coltivati a regola d’arte. Le piante, disposte in filari ordinati e ben distanziati, crescevano rigogliose, con altezze comprese tra i 40 e i 70 centimetri.

Il sistema di irrigazione, seppur artigianale, era sorprendentemente funzionale: circa 30 metri di tubazione in plastica nera attraversavano l’intero appezzamento, diramandosi su ciascun livello, in modo da raggiungere ogni pianta.

Il flusso dell’acqua era regolato da un timer elettronico, programmato per garantire l’irrigazione automatica nei diversi momenti della giornata, rendendo di fatto la coltivazione autonoma e difficilmente rilevabile.

La gestione post-raccolta era altrettanto organizzata. All’interno del casolare, parzialmente nascosto dalla vegetazione e collocato a margine del terreno, era stata allestita un’area adibita all’essiccazione dello stupefacente. Le infiorescenze appena recise venivano trasportate manualmente nel casolare e appese a corde tese lungo le pareti o adagiate su griglie e reti.

Una parte del raccolto era già in fase avanzata di essiccazione, mentre un’altra era pronta per essere lavorata. In un angolo, era stato perfino ricavato uno spazio per un forno artigianale rudimentale, probabilmente usato per accelerare la disidratazione del prodotto. In un vano laterale del casotto, nascosta sotto teli plastificati e cassette da frutta, è stata inoltre rinvenuta una seconda sostanza stupefacente, verosimilmente hashish, suddivisa in piccoli blocchi compatti.

Nel complesso, i militari hanno accertato la presenza di 65 piante in piena coltivazione, 50 piante appena recise e 43 già essiccate. Tutto il materiale, compresa l’infrastruttura agricola e gli strumenti utilizzati per la produzione, è stato sottoposto a sequestro penale. Lo stupefacente verrà trasmesso ai laboratori specializzati per le analisi qualitative e quantitative. Secondo le stime, la sostanza sequestrata, se immessa sul mercato al dettaglio, avrebbe potuto fruttare ai due arrestati un guadagno illecito compreso tra 45.000 e 55.000 euro. I due soggetti sono finiti ai domiciliari

 

Cronaca

Catania, “Venite, c’è un deposito di droga in una casa abbandonata”

Dopo la chiamata anonima, la Polizia sequestra 7 chilogrammi di cocaina in via Vittorio Emanuele

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Una chiamata anonima, in piena notte, per segnalare alla Polizia di Stato un deposito di droga in una casa abbandonata del centro storico. L’insolita segnalazione ha attivato l’immediato intervento dei poliziotti della squadra volanti della Questura di Catania che, per verificare la fondatezza dell’informazione ricevuta, hanno compiuto un sopralluogo in un immobile abbandonato della centralissima via Vittorio Emanuele. Secondo quanto riferito ai poliziotti della Sala Operativa della Questura, due uomini, entrambi incappucciati, avevano da poco abbandonato qualcosa all’interno dell’edificio, sospettando che potesse trattarsi di sostanza stupefacente.

Gli accertamenti compiuti sul posto dagli agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico si sono rivelati particolarmente complessi, vista la presenza di ogni tipo di spazzatura e detriti nella casa fatiscente. Tra l’immondizia, i poliziotti hanno notato in un angolo un grosso zaino con sette grossi panetti di cocaina per un totale di oltre 7 chili. La droga è stata recuperata e sequestrata a carico di ignoti per essere poi sottoposta a tutte le necessarie analisi di laboratorio effettuate dalla Polizia Scientifica, prima della distruzione disposta dall’Autorità Giudiziaria.

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Cronaca

Belpasso, acqua gratis: 5 denunciati dai Carabinieri

L’episodio si è verificato nella zona di via Giordano Bruno

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I Carabinieri della Stazione di Belpasso hanno denunciato cinque persone – quattro uomini di età compresa tra i 36 e i 52 anni e una donna di 39 – poiché ritenute responsabili del reato di furto aggravato, sulla base degli elementi raccolti e da verificare in sede giurisdizionale. L’episodio si è verificato nella zona di via Giordano Bruno, alla periferia del centro abitato di Belpasso, un’area caratterizzata prevalentemente da villette. Durante alcuni lavori di manutenzione alla condotta principale, i tecnici della società incaricata della gestione del servizio idrico hanno notato un’anomala perdita d’acqua dal sottosuolo.

Nel tentativo di individuare e risolvere il guasto, gli operatori hanno effettuato uno scavo, scoprendo che la perdita non era dovuta a un malfunzionamento bensì alla presenza di un tubo di adduzione installato abusivamente sulla condotta principale. Allertati immediatamente, i Carabinieri sono intervenuti sul posto e, alla presenza degli operai, hanno assistito allo scavo completo del tubo irregolare. Nel corso dell’ispezione, è emerso che lungo il percorso del tubo – esteso per alcune decine di metri – erano presenti ben cinque derivazioni, anch’esse abusive, collegate ad altrettante abitazioni.

I militari dell’Arma, con il supporto tecnico degli addetti della società idrica, hanno quindi effettuato l’accesso all’interno delle singole proprietà, accertando l’effettivo allaccio irregolare alla rete idrica pubblica. Al termine delle verifiche, sono stati identificati i cinque proprietari delle abitazioni interessate e nei loro confronti è scattata la denuncia per furto aggravato. L’attività investigativa dei Carabinieri ha permesso di interrompere un sistema illecito di approvvigionamento idrico e di tutelare un bene pubblico essenziale, come l’acqua. Resta, naturalmente, ferma la presunzione d’innocenza degli indagati fino a eventuale sentenza definitiva di condanna.

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