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Cronaca

Arrestati i presunti autori dell’omicidio del paternese Emanuele Di Cavolo.

Ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due presunti killer

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Nella mattinata odierna, su delega di questa Procura Distrettuale, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Catania, su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 2soggetti (BARBAGALLO Antonino, di anni 43 e CANNAVO’ Samuele, di anni 22, entrambi di Paternò), chiamati a rispondere di concorso in omicidio, porto e detenzione illegale di arma comune da sparo, con l’aggravante di aver agito con premeditazione e con crudeltà e di aver commesso il fatto al fine di agevolare e rafforzare l’associazione mafiosa di appartenenza denominata clan “Laudani” intesi “Mussi i ficurinia”, gruppo Rapisarda operativo in Paternò,  facente capo a RAPISARDA Salvatore, in atto detenuto al regime del 41 bis O.P..

Ai due indagati viene contestato di essere gli autori dell’omicidio di DI CAVOLO Emanuele Pasquale, classe 1984, inteso “Saddam”, il cui cadavere veniva rinvenuto a Ramacca (CT) il 20 gennaio 2018.

La misura cautelare costituisce sviluppo delle indagini, delegate da questa Procura Distrettuale al Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, avviate a seguito dell’efferato omicidio, che trovavano peraltro riscontro nella parallela attività investigativa svolta in seno ad altro procedimento penale iscritto per il delitto di cui all’art.416 bis c.p. nell’ambito del quale si stava monitorando il gruppo mafioso Laudani stanziato nel territorio di Paternò (c.d. operazione En Plein 2).

Nel corso delle attività di indagine esperite nel procedimento da ultimo citato, infatti, erano emersi assidui rapporti di frequentazione tra la vittima ed alcuni esponenti del clan monitorato, tra i quali gli odierni arrestati Barbagallo Antonino e Cannavò Samuele.

Le complessive emergenze investigative hanno consentito di ricostruire gli ultimi giorni di vita della vittima e i rapporti con gli altri affiliati, i quali in epoca immediatamente antecedente all’omicidio avevano manifestato malumori per la condotta tenuta dal DI CAVOLO, ritenuto soggetto inaffidabile, per la sua abitudine di parlare troppo e di mettere in giro voci denigratorie nei confronti di altri sodali. Da qui scaturiva la decisione di eliminare il giovane, portandolo in località distante dal luogo di origine e dall’area di operatività della consorteria mafiosa di appartenenza degli indagati.

L’interno della galleria a Ramacca

Gli indagati BARBAGALLO Antonino e CANNAVÒ Samuele sono chiamati a rispondere del delitto di omicidio, con le aggravanti della premeditazione, di aver agito con crudeltà verso le persone, avendo attinto la vittima con reiterati colpi di pietra, al punto da renderne irriconoscibili i tratti somatici, nonché di aver commesso il fatto con metodo mafioso ed al fine di agevolare e rafforzare l’associazione mafiosa dei Mussi ‘i ficurinia operante in Paternò.

L’attività investigativa consentiva di accertare, inoltre, grazie alle indagini balistiche delegate ai Carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Messina,  che la pistola utilizzata per l’omicidio DI CAVOLO era già stata utilizzata in occasione di una tentata rapina consumata il 30 dicembre 2017 ai danni dei titolari di un distributore di carburante di Paternò, fatto delittuoso per il quale il CANNAVO’ è in atto sottoposto a processo.

Veniva accertata, infatti, una perfetta corrispondenza tra l’ogiva rinvenuta in sede di esame autoptico sul cadavere della vittima, gli ulteriori due proiettili rinvenuti sulla scena dell’omicidio, e l’ogiva rinvenuta sul teatro della tentata rapina, a riprova del fatto che il suddetto materiale balistico era stato esploso da un’unica arma. 

Ulteriori accertamenti tecnico scientifici compiuti sui campioni ematici rinvenuti sulla scena del crimine hanno consentito di attribuire una delle tracce a BARBAGALLO Antonino.

Il provvedimento restrittivo è stato notificato ad entrambi gli indagati in carcere in quanto essi sono detenuti dal 19 giugno 2018 perché colpiti dall’Ordinanza di custodia cautelare emessa  dal G.I.P. nel citato procedimento “En Plein 2”, la quale consentiva la cattura di 19 appartenenti alla componente del clan Laudani operante nel territorio di Paternò, tutti chiamati a rispondere dei delitti di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, tentata rapina, porto abusivo e detenzione illegale di armi. 

L’operazione di oggi si inquadra in un’ampia strategia di contrasto della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania e dei Carabinieri del Comando Provinciale che ha consentito, negli ultimi anni, grazie alla esecuzione di diversi provvedimenti restrittivi, di disarticolare il gruppo LAUDANI di Paternò.

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Cronaca

Catania, tre moto rubate tra i rifiuti di un edificio abbandonato ritrovate dalla Polizia

I poliziotti hanno sfruttato la rilevazione del segnale GPS di uno degli scooter, non tanto per individuare l’esatta posizione del mezzo, ma per circoscrivere l’area da passare al setaccio

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A Catania un appartamento abbandonato trasformato in un deposito di moto rubate è stato individuato dalla Polizia di Stato nell’ambito delle azioni di contrasto ai furti di veicoli in città, grazie anche alla collaborazione di una delle vittime del furto.  Dopo le operazioni degli ultimi giorni, che hanno permesso di ritrovare scooter, auto e pezzi di ricambio, gli agenti delle volanti hanno scovato un locale abbandonato, in via Stazzone, nel quartiere Cibali con all’interno tre moto risultati rubati.

I poliziotti hanno sfruttato la rilevazione del segnale GPS di uno degli scooter, non tanto per individuare l’esatta posizione del mezzo, ma per circoscrivere l’area da passare al setaccio.  Infatti, non sempre i sistemi di localizzazione sono precisi in quanto si limitano ad indicare una posizione approssimativa dei veicoli, specie quando si trovano parcheggiati all’interno degli immobili, come, ad esempio, i garage. Grazie all’attività investigativa e al segnale GPS, i poliziotti sono riusciti ad arrivare in via Stazzone, individuando un appartamento disabitato che è stato sottoposto a perquisizione.

All’interno dell’edificio gli agenti hanno trovato cumuli di immondizia di ogni tipo. Solo passando da una finestra, è stata notata una prima motocicletta di valore, lasciata in una delle stanze del piano terra. Districandosi tra spazzatura, vecchi indumenti e oggetti abbandonati, i poliziotti hanno perlustrato le altre stanze trovando uno scooter e un’altra moto, anche in questo caso di un significativo valore commerciale. Una volta eseguiti tutti i necessari accertamenti, è stato possibile risalire ai proprietari dei tre mezzi.

 

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Cronaca

Biancavilla, nascondeva la droga nel sottoscala: arrestato dai Carabinieri

A finire in manette un 26 enne biancavillese

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Non si fermano le attività di prevenzione e repressione dei reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti operate da parte dei militari dell’Arma di Catania, volte a contrastare una delle maggiori fonti di approvvigionamento della criminalità organizzata.

In tale contesto, i Carabinieri della Stazione di Biancavilla, coadiuvati dai colleghi del Nucleo Cinofili di Nicolosi, hanno svolto tutta una serie di mirate azioni info-investigative, che hanno portato all’arresto di un biancavillese di 26 anni per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.

In particolare, durante servizi di perlustrazione del centro cittadino, gli investigatori avevano visto più volte il giovane in atteggiamenti “sospetti” poiché, in più circostanze, alla vista della pattuglia si allontanava velocemente, come a voler evitare eventuali controlli da parte loro. Per questi motivi, hanno deciso di prestare maggior attenzione ai suoi movimenti.

Sono stati, quindi, organizzati dei dispositivi di pedinamento e appiattamento “discreto e a distanza”, che hanno confermato che la presenza dell’uomo, soprattutto nelle ore notturne, presso la zona della movida biancavillese aveva a che fare con lo spaccio di droga, per cui è stato pianificato l’intervento presso la sua abitazione, situata nei pressi dell’ospedale del paese.

Di prima mattina, i Carabinieri hanno quindi fatto scattare il blitz, facendo entrare nel suo appartamento anche il cane dei cinofili KING, e hanno cominciato a perquisire ogni ambiente.

I militari si sono subito accorti che, alla vista dell’animale, l’uomo è diventato estremamente nervoso e ciò ha avvalorato le loro ipotesi investigative. Infatti, appena raggiunta la rampa di scale che porta al piano superiore dell’abitazione, KING ha segnalato al suo conduttore un armadietto nel vano sottoscala, nel quale i Carabinieri hanno scovato 35 dosi di marijuana, per un peso di circa 50 grammi, 70€ in banconote di piccolo taglio e “gli attrezzi del mestiere”, ovvero ciò che serve a un pusher per impacchettare la droga: un bilancino di precisione e numerose bustine in plastica trasparente.

Poi, i militari si sono spostati nelle camere da letto e anche qui, all’interno di un comodino, hanno recuperato 2 dosi di marijuanamentre, in un pensile della cucina, c’erano delle infiorescenze di quella pianta, non ancora confezionata.

Trovata la droga, il materiale necessario al suo confezionamento e il denaro, il giovane pusher è stato dichiarato in stato di arresto e messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato l’atto, mentre lo stupefacente è stato sequestrato.

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