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Caltagirone, all’ospedale “Gravina” un intervento di alta complessità eseguito con successo

Intervento su un paziente di 58 anni con tumore renale avanzato e trombosi della vena cava, reso possibile dal lavoro congiunto di più équipe specialistiche e dal coordinamento del Gruppo oncologico multidisciplinare (Gom)

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Un intervento di elevata complessità è stato recentemente eseguito presso l’Ospedale “Gravina” di Caltagirone grazie a un approccio multidisciplinare che ha coinvolto il Gruppo oncologico multidisciplinare (Gom), recentemente istituito, e diverse Unità Operative del Presidio.  Il paziente, un uomo di 58 anni affetto da un voluminoso tumore renale in stadio avanzato che determinava un’occlusione intestinale e una trombosi neoplastica massiva della vena renale e della vena cava, è stato sottoposto a un complesso percorso terapeutico definito in sede collegiale.

 

Dall’emodinamica alla sala operatoria

In una prima fase, presso la sala di emodinamica, l’équipe di Cardiologia, diretta da Daniele Giannotta, ha posizionato un filtro cavale introdotto dai grossi vasi del collo e collocato allo sbocco della vena cava inferiore, lasciando libere le vene sovraepatiche. Tale procedura, eseguita con elevata precisione, ha consentito di ridurre significativamente il rischio di complicanze tromboemboliche in vista dell’intervento chirurgico.

Completato l’intervento in emodinamica, il paziente è stato trasferito in sala operatoria, dove le équipe di Chirurgia Generale e Urologia, dirette rispettivamente da Raffaele Greco e da Francesco Abate, hanno lavorato in seduta congiunta, con la risoluzione del caso.

L’operazione, condotta con approccio multidisciplinare e alta competenza tecnica, si è conclusa con esito favorevole e la completa risoluzione del complesso quadro clinico.

L’intervento si è svolto sotto la costante supervisione dell’équipe di Terapia Intensiva e Rianimazione, diretta da Fabio Interlandi, che ha garantito la gestione anestesiologica avanzata e il monitoraggio intensivo del paziente nelle diverse fasi della procedura, assicurando le condizioni di massima sicurezza intra e post-operatorie.

Nonostante la gravità della condizione oncologica, il decorso post-operatorio è risultato regolare, consentendo una buona ripresa del paziente, successivamente affidato al reparto di Oncologia, diretto da Carmelo Giannitto, per l’avvio della terapia adiuvante.

Un plauso alle équipe coinvolte – medici, infermieri, tecnici e operatori sanitari – è stato espresso dal direttore generale dell’Asp di Catania, Giuseppe Laganga Senzio, e dal direttore sanitario Giovanni Francesco Di Fede, per la professionalità dimostrata e la capacità di lavorare in piena sinergia, valorizzando le competenze presenti all’interno della struttura.

“L’intervento eseguito al “Gravina” – ha dichiarato Laganga Senzio – è il risultato di un modello di gestione per processi che valorizza la collaborazione tra le diverse Unità Operative e l’integrazione delle competenze cliniche, assicurando percorsi per intensità assistenziale, sicuri e appropriati. Questo tipo di intervento è stato possibile anche grazie alle caratteristiche organizzative del Presidio “Gravina”, che, in qualità di Dea di primo livello, dispone di professionalità, tecnologie e modelli operativi capaci di gestire in modo coordinato le urgenze e i casi complessi. In questo contesto, il Gruppo oncologico multidisciplinare (Gom) si conferma un pilastro strategico nella presa in carico dei pazienti oncologici, favorendo una pianificazione condivisa basata sull’evidenza scientifica e sull’efficienza organizzativa”.

 

La complessità del caso clinico

L’operazione si è rivelata particolarmente complessa perché il tumore, molto esteso, non si limitava al rene ma aveva raggiunto anche i grandi vasi venosi dell’addome. Questa condizione comportava un rischio molto alto di emorragia e di complicanze legate alla presenza di coaguli tumorali nel sistema venoso.

Inoltre, il paziente presentava anche un’occlusione intestinale, un fattore che rendeva la situazione ancora più delicata. Per affrontare un quadro così difficile è stato necessario un lavoro di squadra ben coordinato tra più specialisti – cardiologi, chirurghi, urologi e anestesisti-rianimatori – ognuno con un ruolo preciso in un’unica strategia terapeutica.

Grazie a una pianificazione accurata e all’utilizzo di tecniche mirate di protezione vascolare, è stato possibile intervenire in condizioni di sicurezza, riducendo al minimo i rischi e ottenendo un buon risultato clinico.

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