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Catania, inchiesta “Mercurio”, il deputato Giuseppe Castiglione oggi davanti al Tribunale Riesame

E’ stato, invece, scarcerato Nunzio Vitale, l’ex sindaco di Ramacca che lascia il carcere e vai ai domiciliari cosi come l’ex vice presidente del consiglio comunale ramacchese Salvatore Fornaro

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Si terranno oggi e domani le udienze, davanti al Tribunale per il Riesame di Catania, del deputato regionale autonomista Giuseppe Castiglione e dell’ex consigliere comunale di Misterbianco Matteo Marchese, coinvolto nell’inchiesta antimafia “Mercurio” e accusati di aver sottoscritto un accordo con il clan Santapaola-Ercolano per riuscire a vincere la competizione elettorale nella quale si erano candidati.

Le contestazioni riguardano le Regionali del 2022 per Castiglione – che si è dimesso dalla commissione regionale Antimafia, ma non dall’Ars – e le Comunali de 2021 a Misterbianco per Marchese. I due indagati sono difesi dall’avvocato Salvo Pace.

E’ stato scarcerato Nunzio Vitale, l’ex sindaco di Ramacca arrestato il 24 febbraio scorso per voto di scambio politico-mafioso, per le Comunali del 2021, nell’ambito della stessa inchiesta nata su indagini di carabinieri del Ros coordinate dalla Dda della Procura di Catania.

Il Tribunale del Riesame, in parziale accoglimento del ricorso presentato dall’avvocato Maria Licata, ha deciso di sostituire la misura di custodia cautelare in carcere emessa dal gip con gli arresti domiciliari. Stessa linea anche per l’ex vicepresidente del consiglio del comune di Ramacca, Salvatore Fornaro, difeso dall’avvocato Emanuela Fragalà.

 

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Giarre, ergastolo per Leonardo Fresta, accusato di aver ucciso Debora Pagano

Secondo l’accusa l’uomo segnalò la morte della donna due giorni dopo il decesso, spiegando il ritardo perché era “sotto shock”. I carabinieri hanno accertato, mediante l’utilizzo del luminol, la presenza di “diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione”

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Ergastolo per Leonardo Fresta il 43enne panificatore accusato di aver assassinato la convivente 32enne Debora Pagano, nel luglio del 2022 nella loro abitazione di Macchia di Giarre.

La sentenza è stata pronunciata dalla Corte d’assise di Catania nella giornata di oggi.  Secondo l’accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Fabio Platania, l’uomo segnalò la morte della donna due giorni dopo il decesso spiegando il ritardo perché era “sotto shock”.

Per la Procura le “anomalie” consistono nello “stacco temporale di oltre un giorno e mezzo tra il momento della morte e quello in cui è stato dato avviso dallo stesso Fresta al 118 pur essendosi, a suo dire, “immediatamente reso conto del decesso”.

I carabinieri, che hanno condotto le indagini sull’omicidio, hanno accertato, mediante l’utilizzo del luminol, la presenza di “diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione anche in ambienti diversi dal bagno e una “generalizzata e ingiustificata, per le circostanze, opera di pulizia dei luoghi”.

La coppia aveva una bambina che all’epoca dei fatti aveva sette anni e che il giorno della morte della madre era a casa della nonna materna.

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Catania, assoluzione del professore che palpeggiò studentesse, Procura presenta ricorso

“Non c’è stata una pressione particolare delle mani” sul seno scrissero i giudici nella sentenza di assoluzione. Docente era imputato di violenze sessuali e molestie verbali avvenute tra il 2010 e il 2014 nei confronti di otto ragazze

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A Catania la Procura di Catania ha presentato appello contro la sentenza di assoluzione del professore dell’università etnea che era imputato di violenze sessuali e molestie verbali avvenute tra il 2010 e il 2014 all’ospedale Vittorio Emanuele-Ferrarotto nei confronti di otto studentesse.

Il docente è stato assolto dalle accuse, in parte perché prescritte, e altre, motivò il tribunale, in quanto è vero che “ha appoggiato i palmi al seno” però “non c’è stata una pressione particolare delle mani”. Nel ricorso, firmato dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Francesco Cristoforo Alessandro Camerano, si censura “l’inaccettabile decorso del tempo” del processo che “ha impegnato diversi collegi ed è durato 9 anni per una sentenza di primo grado che ha creato un danno alle parti offese e ha inciso sui ricordi dei testimoni”.

“La sentenza impugnata – scrivono i pm Ardita e Camerano – erra nella applicazione concreta dei consolidati principi generali in tema di valutazione delle dichiarazioni della parte offesa, che pure dichiara di volere applicare”.

La Procura sottolinea “l’insanabile vizio logico di contraddizione interna della motivazione” che da una parte riconosce che a carico dell’imputato “è certamente emersa la prova di un comportamento predatorio, ossessivo nei confronti delle studentesse che sceglieva come oggetto del suo desiderio sessuale, come dimostrano le convergenti dichiarazioni delle persone offese, nonché di una pluralità di testimoni che erano a conoscenza dei seriali modi di fare del professore”, ma poi – si sottolinea nell’appello – “perviene alla illogica conclusione della carenza di prova del dolo (pur avendo affermato che è emersa la prova del delirio sessuale dell’imputato) e dell’elemento oggettivo del reato contestato di violenza sessuale”.

La Procura etnea censura la sentenza che guarda al singolo dettaglio e non al quadro d’insieme con “l’errata parcellizzazione” delle testimonianze delle parti offese che sfociano nella “non motivata conclusione della inattendibilità dell’intero narrato convergente”.

Per i pm Ardita e Camerano, infatti, “costituisce una prova insuperabile della responsabilità penale dell’imputato il narrato complessivo di ben 8 diverse giovani vittime, molte delle quali non si conoscevano affatto tra di loro all’epoca delle violenze subite, le quali riferiscono concordemente le medesime violenze subite, in modo convergente, dettagliato e puntuale, anche con riferimenti a taluni specifici particolari”.

 

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