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Cronaca

Catania, indagato il rapper “Baby Gang”, per 4 anni non potrà tornare in città

E’ accusato di concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo

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E’ indagato per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo il rapper Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang.

In particolare agenti della squadra mobile della Questura di Lecco, in raccordo con quelli di Catania, hanno eseguito a Calolziocorte (Lecco) un decreto di perquisizione e hanno sequestrato lo smartphone dell’artista che nei prossimi giorni verrà sottoposto ad accertamenti forensi. All’indagato la polizia ha anche notificato un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Catania che vieta a Baby Gang di potere dimorare nel capoluogo etneo per quattro anni. Iniziativa che farà saltare il suo concerto previsto per l’8 agosto prossimo alla Villa Bellini.

Al centro dell’inchiesta della Procura di Catania la sua partecipazione, lo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia, all’One day music festival, dove, prima di esibirsi con la canzone ‘Italiano’, scritta con Niko Pandetta, fa vedere un video sul suo smartphone in cui sembra assistere a una videochiamata con il nipote dello storico capomafia Turi Cappello. Il trapper però è detenuto nel carcere di Rossano  in Calabria dall’ottobre del 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti. “È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato il pubblico dal palco l’artista mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta.

Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, diventati virali. Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata, o fosse un antico video memorizzato. Per chiarire cosa fosse realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del 1 maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. E da una perquisizione nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è detenuto, eseguita il 3 maggio scorso, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino. Per questo motivo è stato indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

 

Cronaca

Catania, controlli al MAAS, elevate sanzioni, scoperti lavoratori in nero, sequestro di prodotti ortofrutticoli

Complessivamente, sono state identificate 522 persone, di cui 180 già note alle forze dell’ordine e sono stati controllati anche 320 veicoli e per molti conducenti indisciplinati sono scattate numerose sanzioni amministrative

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Blitz della task force coordinata dalla Polizia di Stato all’interno del grande Mercato Agroalimentare Siciliano di Catania (MAAS), all’alba di ieri, per verificare la tracciabilità e genuinità dei prodotti ortofrutticoli, il rispetto della normativa igienico-sanitaria e di quella relativa alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’azione di controllo disposta dal Questore ha visto impegnati i poliziotti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, della Divisione Anticrimine e della Squadra Mobile, le unità cinofile della Questura di Catania, gli agenti del X Reparto Mobile e del Reparto Prevenzione Crimine “Sicilia Orientale”, nonché il personale del Corpo Forestale della Regione Siciliana e dell’Ispettorato territoriale del Lavoro.

Oltre 90 le attività commerciali presenti nel Mercato al centro delle verifiche espletate da 60 poliziotti e 15 forestali e dal personale dell’Ispettorato territoriale del Lavoro che hanno passato al vaglio le documentazioni di competenza.

Nello specifico, gli interventi della task force sono finalizzati a garantire l’osservanza delle prescrizioni delle licenze di vendita di prodotti, la sicurezza alimentare a tutela dei consumatori e la regolarità delle posizioni lavorative del personale dipendente delle attività commerciali, a garanzia dei lavoratori e dei commercianti che, scrupolosamente, rispettano le regole.

Tra i vari box, in sei sono stati riscontrati diversi prodotti carenti della necessaria documentazione attestante la tracciabilità degli alimenti, per cui il personale del Corpo Forestale della Regione Siciliana ha contestato ai relativi titolari sanzioni amministrative per un totale di 9.000 euro e ha proceduto al sequestro di oltre 38.000 chili di prodotti ortofrutticoli e di 648 bottiglie di vino bianco, per un valore commerciale complessivo di circa 120 mila euro.

Considerata la preliminare verifica sulla salubrità dei prodotti sequestrati, si è proceduto alla consegna degli alimenti all’organizzazione di volontariato del Banco Alimentare, presente nell’area mercatale con alcuni box per la successiva distribuzione ad enti di beneficenza.

Inoltre, in tre dei box controllati, l’accertamento condotto dall’Ispettorato territoriale del Lavoro ha consentito di individuare tre lavoratori in nero, uno per ogni attività. Pertanto, nei confronti dei titolari sono state elevate sanzioni amministrative per complessivi 6000 euro. Inoltre, si è proceduto alla sospensione delle tre attività commerciali con ulteriori sanzioni pecuniarie di complessivi 7500 euro.

Complessivamente, sono state identificate 522 persone, di cui 180 già note alle forze dell’ordine e sono stati controllati anche 320 veicoli e per molti conducenti indisciplinati sono scattate numerose sanzioni amministrative, contestate dagli agenti Reparto Prevenzione Crimine, soprattutto per guida senza patente, per assenza della copertura assicurativa e per mancanza della revisione periodica.

 

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Cronaca

Catania, ex libraio vittima del racket si rifà una vita a Bologna, ma lo Stato gli revoca il beneficio

Il beneficio economico che gli era stato inizialmente concesso gli è stato revocato e ha ricevuto una cartella esattoriale che gli chiede la restituzione dell’intera cifra pari a circa 150 mila euro

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FOTO ANSA

“Lo Stato mi aveva riconosciuto vittima della mafia, ma mi vuole togliere tutto quello che mi aveva dato e non so come fare”. A parlare è Maurizio Di Stefano, ristoratore a Bologna. Quasi quindici anni fa era stato costretto a chiudere la libreria in centro a Catania dopo aver denunciato e sfidato la mafia, stremato dal racket: dopo le ennesime intimidazioni subite, maturò la convinzione che non c’erano più le condizioni per lavorare serenamente.

Andato via dalla Sicilia, è ripartito a Bologna, con un’avventura imprenditoriale completamente diversa, aprendo locali di cucina con specialità della sua terra di origine.  Ha potuto farlo grazie, anche, ai soldi ricevuti dal fondo per la solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e usura.

Dopo una lunga istruttoria e dopo aver acquisito pareri favorevoli dalla Procura di Catania e da altre istituzioni, nel 2017 il commissario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura decretò un’elargizione di circa 150 mila euro, somma che Di Stefano ha investito nella nuova attività: ora gestisce il locale “Liccu” in via Ranzani.

Ma da qualche anno il ristoratore è alle prese con una nuova battaglia giudiziaria. Il beneficio economico che gli era stato inizialmente concesso, infatti, gli è stato revocato e ha ricevuto una cartella esattoriale, dall’Agenzia delle Entrate, che gli chiede la restituzione dell’intera cifra. I procedimenti penali aperti a Catania dalle sue denunce sono andati avanti, ma “solo” per il reato di usura aggravata, mentre le ipotesi di estorsione, inizialmente formulate dalla Procura, sono state archiviate.

Questo, secondo il tribunale civile di Catania che ha respinto un primo ricorso, fa venir meno i presupposti di legge per accedere al fondo antiracket. Di Stefano ha impugnato la cartella esattoriale e attende l’udienza nel 2026. “Ma al di là della mia vicenda personale, quello che è successo è un brutto segnale per tutti: chi è stato vittima di crimini di mafia dovrebbe avere il diritto di potersi affidare e fidare dello Stato”, dice.

 

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