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giudiziaria

Catania, perizia psichiatrica per Martina Patti, la donna che uccise la figlia di 5 anni

In corso il processo d’appello nei confronti della donna. Gli esperti incaricati sono gli psichiatri Roberto Catanesi e Eugenio Aguglia

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A Catania è in corso il processo d’appello nei confronti di Martina Patti, la donna che ha ucciso la figlia Elena di appena 5 anni, con un’arma da taglio nel giugno 2022; seppellendo la bambina in un campo vicino casa, a Mascalucia e simulandone poi il rapimento.

La Corte d’appello  ha disposto una perizia psichiatrica sulla donna. Gli esperti incaricati sono lo psichiatra forense Roberto Catanesi dell’università di Bari, e lo psichiatra etneo Eugenio Aguglia. Il conferimento dell’incarico sarà formalizzato il prossimo 26 maggio. Nell’udienza odierna la donna ha spiegato che il suo malessere ha avuto inizio “dalla relazione con un suo ex, un rapporto dove ha subito anche violenze” e che dopo una delusione d’amore per un ragazzo conosciuto sui social ha compreso di essere “sprofondata in una crisi depressiva” e che avrebbe “dovuto chiedere aiuto”.

La donna ha parlato anche del rapporto con la figlia e poi della decisione di togliersi la vita assieme a Elena. I suoi difensori, gli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti, basandosi su una perizia di parte, hanno sempre sostenuto che Martina Patti nel momento della commissione del delitto avesse scemata l’incapacità di intendere e di volere.  Per questo hanno ribadito la richiesta di una perizia collegiale.

Il sostituto procuratore generale Agata Consoli, pur ritenendo che l’accusa sia convinta che la donna fosse cosciente del gesto che stava compiendo, ha avanzato ugualmente la richiesta di perizia collegiale per eliminare qualsiasi dubbio.

Cronaca

Caltagirone, 10 persone condannate a pene di breve durata a servizio della collettività

Attività socialmente utile che diventa realtà grazie ad una convenzione siglata tra il Comune ed il Tribunale.

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Dieci persone condannate a pene di breve durata a servizio della collettività.

Attività socialmente utile che diventa realtà a Caltagirone, grazie ad una convenzione siglata tra il Comune ed il Tribunale.

La convenzione prevede la possibilità per 10 soggetti di impegnarsi in lavori di pubblica utilità e in lavori socialmente utili. Accordo preso nel corso di un breve incontro durante il quale si è ribadito quanto questa iniziativa, dell’assessorato alla Legalità e dell’Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna (Udepe) di Catania, segni una svolta organizzativa nell’implementazione di percorsi condivisi di prevenzione e riabilitazione, con l’obiettivo di definire buone prassi di intervento e realizzare, sul territorio, un’interazione proficua fra le istituzioni.

Alla sottoscrizione erano presenti tra gli altri il presidente del Tribunale Vincenzo Panebianco, la direttrice dell’Udepe di Catania Maria Pia Fontana, il sindaco di Caltagirone Fabio Roccuzzo e l’assessore alla Legalità, Giuseppe Fiorito.

“Con questa convenzione si attuano i principi sanciti dal comma III dell’articolo 27 della Costituzione sulla funzione sociale e rieducativa della pena – cosi ha dichiarato l’assessore Fiorito che ha aggiunto – le dieci persone potranno fornire un utile supporto nelle diverse aree di competenza del Comune, svolgendo così attività a beneficio della collettività”

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giudiziaria

Catania, operazione “Oleandro”, arrivano le prime condanne col rito abbreviato

Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di reinvestimento dei proventi rinvenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo

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Oltre 140 anni di reclusione per 16 imputati e un’assoluzione: è la sentenza emessa dal Gup di Catania, Pietro Currò, nel processo celebrato col rito abbreviato nato dall’operazione “Oleandro” condotta dalla Guardia di Finanza il 18 gennaio del 2024 che eseguì quindici arresti per mafia e riciclaggio. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Assunta Musella, Giuseppe Sturiale e Fabio Regolo, avrebbe acceso un faro sul ‘gruppo di Picanello’ del clan Santapaola-Ercolano.

Ai vertici, secondo l’accusa, ci sarebbero stati i ‘reggenti’ della cosca nel quartiere che avrebbero utilizzato una stalla per gli incontri con i loro sodali: Carmelo ‘Melo’ Salemi, di 66 anni, condannato a 20 anni di reclusione, e Giuseppe Russo, di 49 anni, detto ‘il giornalista’ o ‘l’elegante’, condannato a tredici anni e nove mesi. Assolto Lorenzo Panebianco. Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di reinvestimento dei proventi rinvenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo.

Gli indagati avrebbero inoltre utilizzato metodi mafiosi per minacciare le vittime e garantirsi il pagamento delle rate di capitale e interessi. Queste le condanne: Antonino Alecci, 14 anni e 6 mesi, Andrea Caruso 14 anni e 6 mesi, Nunzio Comis 10 anni, Giuseppe Conti 9 anni e 10 mesi, Michele Cuffari 2 anni e 4 mesi, Alessandro De Luca 7 anni, Santo Di Bella 2 anni e 4 mesi, Giuseppe Gambadoro 11 anni e 5 mesi, Germano Lorefice 3 anni, Salvatore Nicotra 4 anni e 4 mesi, Giuseppe Russo 13 anni e 9 mesi, Carmelo Salemi 20 anni, Mario Salemi 2 anni e 4 mesi, Biagio Santonocito 3 anni e 8 mesi, Corrado condannato Santonocito 3 anni, e Alfio Sgroi 20 anni.

 

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