Uscito nella sale cinematografiche italiane l’11 luglio scorso, il film “Fly Me to the Moon – Le Due Facce della Luna” prodotto da Apple Tv+, diretto da Greg Berlanti e che vede come protagonisti Channing Tatum (Cole Davis) e Scarlett Johansson (Kelly Kones) e coprotagonista Woody Harrelson (Moe Berkus) è già stato stroncato sul nascere dalla critica, a causa dei bassi incassi ottenuti durante le anteprime. La pellicola è ambientata nel 1969 e vede al centro della vicenda l’allunaggio dell’ “Apollo 11”. Dopo il disastroso insuccesso di qualche anno prima della missione poi ridenominata “Apollo 1”, con il modulo di comando che andò distrutto in seguito ad un incendio in fase esercitativa, dove persero la vita tre astronauti, la NASA aveva bisogno di dover rilanciare la propria immagine attraverso nuove strategie comunicative finalizzate a trovare i fondi governativi per finanziare la missione lunare. E chi, meglio di Kelly Jones (Scarlett Johansson), venditrice senza scrupoli, poteva essere ingaggiata direttamente dalla Casa Bianca, per questa impresa “galattica”?
Il film è una commedia, a tratti romantica, in cui i vari personaggi si susseguono in una centrifuga divertente e senza impegno. La vicenda si ispira certamente all’evento storico reale – quello dello sbarco sulla Luna appunto – contornato dalle storie dei personaggi, fittizi, che danno quel tocco in più alla narrazione, rendendo il plot leggero e spassoso. Come sottofondo, velato ma non troppo, la Guerra Fredda tra le due superpotenze – Russia e Stati Uniti d’America – che si giocano il tutto e per tutto nell’eterna lotta per la conquista dello spazio. Peculiarità della pellicola, volendo riprendere una teoria cospirativa legata a Stanley Kubrick, è il continuo interrogarsi da parte dello spettatore, che si trova davanti ad un bivio: l’allunaggio è stato un fatto reale o è stato il frutto di un’invenzione cinematografica? Domanda alla quale sembra esserci, al termine della visione, una risposta, ma non troppo esaustiva, che lascia comunque un piccolo spunto di riflessione. In tutto questo, un ultimo dualismo: la conquista della Luna come metafora della conquista dell’uomo amato. Anche qui il titolo, non a caso, esprime a pieno tali ambiguità e dualismo.
Dal punto di vista tecnico, risulta impossibile allo spettatore, non soffermarsi sulla fotografia pazzesca, dai colori accesi e vivaci. Cosi come difficile sarebbe non apprezzare i look anni Sessanta sfoggiati dalla Johansson, tra capelli cotonati e abiti chic, che incorniciano perfettamente il periodo storico trattato, catalizzando l’attenzione dello spettatore più sulla sua presenza scenica che sulla trama. Pellicola fatta bene, anche con la riproposizione di spezzoni di filmati reali dell’allunaggio, che fanno tuffare lo spettatore in un passato che assume da un lato tratti di nostalgia – per chi l’ha vissuto – e di sorpresa e curiosità per chi è arrivato dopo. E poi, sul finale, l’immancabile “Fly me to the moon” cantata dalla voce di Frank Sinatra realmente voluta da Buzz Aldrin come colonna sonora del primo viaggio sulla luna degli astronauti dell’Apollo 11. Visione consigliatissima.
NB: le due ore e undici della proiezione non verranno assolutamente percepite.
Voto finale: 7,5
Recensione a cura di “LA”