E’ morto oggi, assistito dalle figlie Simona e Sveva, nella residenza San Felice di Segrate, vicino Milano, il giornalista Enrico Fede aveva 94 anni.
Ex direttore del Tg1 e del Tg4 è stato protagonista di una lunga carriera tra Rai e Mediaset: dall’esperienza da inviato di guerra all’annuncio dell’avvio dell’operazione Desert Storm, dagli aneddoti memorabili al clamoroso divorzio da Cologno Monzese, ma anche di una parabola giudiziaria che lo ha portato tra l’altro nel 2019 alla condanna definitiva nell’ambito del processo Ruby Bis, per aver favorito la prostituzione di alcune ragazze spinte a partecipare alle cene del ‘bunga bunga’ nelle residenze di Silvio Berlusconi, una pena scontata prima agli arresti domiciliari e poi ai servizi sociali. Tra le sue ultime apparizioni in pubblico, quella del 14 giugno 2023 ad Arcore, per i funerali di Silvio Berlusconi.
Fede nasce a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) nel 1931. Entrato in Rai all’inizio degli anni Sessanta, lavorò come inviato speciale in Africa per otto anni. Dal 1976 al 1981 condusse l’edizione delle 20 del Tg1, che poi diresse dal 1981 al 1983. Lasciata la Rai, per approdare a TvA e poi, nel 1989, alla Fininvest, alla corte di Silvio Berlusconi. E’ responsabile di Videonews, poi Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1, e successivamente – dal 1992 – del Tg4, testata che ha diretto per vent’anni, fino alle dimissioni rassegnate nel marzo 2012.
Fede fu anche scrittore: tra i suoi libri, “Finché c’è Fede”, “Privé.a vita è un gioco”, “L’invidiato speciale”, “La foglia di fico”, “Samba dei ruffiani”, “La cena dei cretini” fino all’emblematico “Se tornassi ad Arcore. Bilancio di una vita da direttore” e ad “Africa. Storie di un inviato speciale”. Al cinema recita in un cameo nel ruolo di se stesso in Paparazzi di Neri Parenti (1998), oltre ad apparire in filmati di repertorio in diversi film, da Aprile di Nanni Moretti a Buongiorno, Notte di Marco Bellocchio.