All’interno della Democrazia Cristiana, dopo il terremoto giudiziario che ha colpito l’ex governatore Toto Cuffaro indagato in una inchiesta su presunti appalti truccati nel mondo della sanità, c’è sorpresa, sgomento, smarrimento. La procura di Palermo ha chiesto l’arresto per associazione a delinquere, corruzione e altri reati connessi a presunti appalti e assunzioni pilotati del leader indiscusso Totò Cuffaro e dagli uomini a lui più vicini, tra cui Carmelo Pace, il deputato regionale a capo del gruppo democristiano nel Parlamento siciliano.
Il macigno giudiziario è piombato in una fase politica cruciale che era già in atto: la Dc da mesi sta acquisendo nuove adesioni per allargare il consenso in vista delle elezioni del 2027 con l’obiettivo profetizzato dall’ex governatore Cuffaro di raggiungere quota 20% in Sicilia, le norme da inserire nella manovra di stabilità di fine anno pari a 1 miliardo e 200 milioni di euro, la formalizzazione dell’accordo con la Lega di Salvini per liste comuni alle prossime politiche. Tutto di colpo si è fermato.La vice presidente dell’Assemblea siciliana Luisa Lantieri, che sembrava pronta a lasciare Forza Italia per aderire alla Dc, prenderà tempo. Il vice capogruppo all’Ars Ignazio Abbate appare frastornato perché i dossier politici da gestire sono troppi mentre il segretario regionale Stefano Cirillo sta cercando di rassicurare la base anche se si trova in Africa per una missione.
Sul fronte alleanze appare più lontano la formalizzazione dell’accordo, dopo i discorsi ben avviati, con la Lega di Salvini per liste comuni alle prossime politiche, operazione osteggiata però dallo zoccolo duro padano. Proprio la Dc, col capogruppo Pace, di recente si era intestata la battaglia per l’abolizione del voto segreto nel Parlamento regionale e quella per l’aumento delle retribuzioni alle migliaia di lavoratori forestali.
Chi porterà avanti i temi in Parlamento e in quali condizioni politiche? A parte la nota istituzionale e fredda diramata ieri dal governatore Renato Schifani che ha espresso “piena fiducia nella magistratura”, nessuno tra gli alleati del centrodestra ha proferito parola. Pd e M5s stanno cercando di fare fronte comune, si vedranno il 13 e 14 novembre per tentare di delineare una strategia politica da portare avanti: raccolta firme per lo scioglimento del Parlamento, mozione di sfiducia al governatore o comunque iniziative politiche d’impatto per indebolire il centrodestra.