Incredulità, delusione, amarezza e rabbia. Sono i sentimenti e gli stati d’animo che in queste ore stanno vivendo i 24 consiglieri comunali di Paternò, venuti a conoscenza che il consiglio dei Ministri dovrebbe trattare quanto prima, probabilmente già il prossimo 3 ottobre, il caso “Paternò”: ossia l’eventuale scioglimento del consiglio comunale per presunte infiltrazioni mafiose.
All’attenzione del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è giunta la relazione del Prefetto di Pietro Signoriello che ha avuto modo di “leggere”, quanto prodotto dalla commissione ispettiva, inviata dalla Prefettura, i cui componenti dal 31 gennaio al 31 luglio del 2025 hanno esaminato centinaia e centinaia di atti ammnistrativi prodotti dall’ente comunale.
Il Ministro dell’Interno, quindi, alla luce della relazione finale del Prefetto potrebbe proporre lo scioglimento del consiglio comunale. Il tutto è scaturito a seguito dell’inchiesta antimafia “Athena” scattata il 15 aprile dello scorso anno e che vede coinvolti il sindaco Nino Naso e l’ex assessore Salvatore Comis nonché l’ex consigliere e assessore nella prima sindacatura Naso, Pietro Cirino.
Sono accusati di voto di scambio politico mafioso. Per Naso il processo inizierà il prossimo 14 ottobre mentre per Comis la prima udienza è in programma alla fine del prossimo mese di marzo. A seguito dell’inchiesta la prefettura di Catania ha inviato una commissione che ha preso in esame il periodo 2019-2022.
Ed ieri sera a Paternò al termine della seduta consiliare alcuni componenti dell’assise civica all’esterno di Palazzo Alessi hanno “commentato” tra di loro la notizia dell’eventuale scioglimento dell’assise civica. All’unisono i pochi consiglieri presenti fuori dalla sede del consiglio comunale hanno ribadito un concetto fondamentale: cosa centra in tutto questo il consesso civico e soprattutto l’eventuale scioglimento sarebbe una macchia indelebile per i componenti di questa assise civica ma soprattutto per la città.
Se dovesse giungere un simile provvedimento il sindaco, la giunta e consiglio comunale decadono dalla carica e non possono intraprendere azioni legali dirette contro la decisione del Consiglio dei Ministri, ma l’unica via di tutela è l’istanza di accesso agli atti per comprendere le motivazioni che hanno portato allo scioglimento.
L’azione amministrativa è dunque mirata a ottenere una valutazione della legittimità del provvedimento, e nel caso questa non sia rispettata, ricorrere al TAR, al quale il/i ricorrente/i potrebbe/ro chiedere la sospensiva del provvedimento nelle more che Il Tribunale Ammnistrativo entri nel merito della vicenda.