E’ scattata all’alba di oggi, nelle province di Catania e Pavia, l’operazione antimafia “Lumia” condotta dalla Guardia di Finanza del capoluogo etneo. Oltre 80 finanzieri hanno eseguito un’ordinanza, concernente complessivamente 20 indagati (per otto dei quali è scattato l’arresto), emessa dal G.I.P. su richiesta della Procura etnea. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso nonché delle condotte di estorsione, ricettazione, detenzione di armi, trasferimento fraudolento di valori, e spaccio di sostanze stupefacenti tutte aggravate dal metodo mafioso.
Finanzieri che hanno eseguito il sequestro preventivo di due imprese, una Srl e una ditta individuale, di Aci Sant’Antonio per un valore complessivo di 1 milione di euro e contestualmente sono stati notificati, nelle province di Catania, Messina, Monza, Pavia, Prato e Reggio Calabria, gli avvisi di conclusione delle indagini a tutti i soggetti coinvolti.
I dettagli dell’operazione sono stati illustrati questa mattina nel corso di una conferenza stampa alla quale erano presenti Il procuratore capo di Catania Francesco Curcio, i sostituti Fabio Saponara e Tiziana Laudani e i vertici provinciale della Guardia di Finanza il Generale di Brigata Antonino Raimondo e il colonnello Diego Serra, comandante del nucleo Pef della Guardia di Finanza di Catania.
Al centro delle indagini “la permanente operatività del gruppo criminale appartenente al clan Laudani – dicono dalla Procura- attivo nella provincia di Catania e, in particolare, nei territori di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci Catena e zone limitrofe”. Attività investigata partita da una segnalazione anonima e non dalla denuncia degli imprenditori vittime della mafia.
Dall’inchiesta sarebbe emerso il condizionamento illecito del mercato degli agrumi – soprattutto dei limoni – e dei relativi trasporti, da parte della cosca legata a Orazio Salvatore Scuto che, nonostante fosse detenuto, si sarebbe “avvalso di un gruppo di uomini di fiducia- dicono dalla Procura – per monopolizzare la filiera del mercato agrumicolo dei territori dei paesi pedemontani e avrebbe dato ordini dal carcere utilizzando schede telefoniche fittiziamente intestate a extracomunitari e introdotte illegalmente in carcere con un drone, restando così in contatto con i fedelissimi che lo chiamavano papà”.
Dalle indagini condotte dalla Finanza sarebbero emerse “diverse condotte ritenute estorsive a danno di imprenditori del settore e le pressioni intimidatorie esercitate nei confronti degli operatori economici riottosi, con la paventata possibilità di ricorrere a violente rappresaglie, anche per imporre le scelte imprenditoriali in merito alle imprese da escludere o da favorire, tra cui quella riconducibile di fatto a Orazio Scuto”.
La forza di intimidazione del clan, secondo l’accusa, “sarebbe stata, peraltro, assicurata dalla disponibilità di armi, come testimoniato dal contenuto delle conversazioni captate e dal sequestro eseguito nei confronti di uno degli indagati, a riscontro delle attività tecniche, di due pistole semiautomatiche con matricola abrasa”
È stato poi il procuratore Francesco Curcio a sottolineare, nel corso della conferenza stampa, che “l’attività investigativa si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte sotto il profilo economico-finanziario della mafia imprenditrice, anche al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale e di partecipazione al capitale di imprese sane”.