Nuovo caso di maltrattamento in
famiglia e lesioni personali. L’ultimo episodio di riferisce a Paternò. I
reati, secondo quanto emerso dalle indagini della Procura di Catania, sono
stati commessi da un 26enne ai danni della moglie, di un anno più piccola. Per
l’uomo sono scattati gli arresti domiciliari, una misura cautelare eseguita dai
carabinieri della stazione paternese.
Le indagini, coordinate dal pool
di magistrati qualificati sui reati che riguardano la violenza di genere, hanno
evidenziato come la vittima, sin dall’inizio della relazione sentimentale, sia
stata sottoposta a soprusi di ogni genere che ne hanno minato la tranquillità
psicologica e, più volte, purtroppo, anche l’integrità fisica.
Corroso dalla gelosia, l’uomo tormentava
costantemente la poveretta, apostrofandola con epiteti irripetibili, ledenti la
sua dignità, rimarcandole lo stato di sottomissione a cui l’aveva relegata («Qui
comando io e devi fare quello che dico io!»), nonché condizionandone la vita
relazionale impedendole di uscire e, quelle rare volte che ciò accadeva,
seguendola con la propria autovettura.
L’indagato però, come se non
bastasse, passava anche alle vie di fatto, percuotendola con la cintura dei
pantaloni e causandole “multiple ecchimosi agli arti inferiori e superiori” od
ancora colpendola con calci e pugni: lesioni diagnosticate all’Ospedale di
Paternò.
La mania dell’uomo per
l’abbigliamento succinto della donna lo aveva spinto anche a tentare di
strangolarla, sol perché riteneva che quanto indossato potesse, in qualche
modo, renderla più attraente agli occhi di altri uomini.
Le minacce di morte erano ormai
quasi all’ordine del giorno e, purtroppo, quasi sempre espresse in presenza
della bambina.
Il marito-padrone, addirittura,
decideva di abbandonare la famiglia lasciando senza alcun sostentamento
economico la moglie, tra l’altro in stato di gravidanza, e la figlioletta.
Ma neanche l’allontanamento dalla
casa coniugale ha preservato la poveretta dall’azione persecutoria esplicata
attraverso dei veri e propri inseguimenti che in più occasioni hanno messo a repentaglio
l’incolumità della donna e della minore.
In una di queste circostanze, il
persecutore era sceso dalla propria auto indirizzando nei confronti del coniuge
frasi denigratorie: «Non ti vergogni con due figli che hai che te ne vai al bar
con i maschi?».
Provata nel fisico e nella mente,
nonché angosciata per i comportamenti sempre più violenti del marito, ha
trovato il coraggio di denunciarlo ai carabinieri, i quali, in perfetta osmosi
investigativa con il magistrato titolare del fascicolo, hanno raffigurato un
quadro probatorio a carico dell’indagato che, recepito in toto dal giudice, ha consentito
l’emissione del provvedimento restrittivo.