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Chiesa

Paternò, Venerdì Santo: il mistero dell’acqua dai gradini dell’altare di “Cristo al Monte”

Ogni Venerdì Santo dai gradini trasudano gocce d’acqua e decine di fedeli si recano in preghiera

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Nella straordinaria e suggestiva atmosfera che avvolge la Settimana Santa a Paternò, emergono tradizioni affascinanti e misteriose, spesso intrecciate con il secolare e ancora attuale confronto tra fede e scienza.Una di queste, poco conosciuta ai più, ruota attorno a uno dei gioielli artistico-culturali più preziosi del territorio, recentemente tornato sotto i riflettori con rinnovato interesse: la chiesa di “Cristo al Monte”. Si tratta di una struttura risalente al XVI secolo, che impreziosisce la storica collina gestita dall’Arciconfraternita dei Bianchi.

Si racconta che, nel giorno non sempre fisso del Venerdì Santo, dai gradini dell’altare maggiore trasudi dell’acqua: un evento prodigioso che, ogni anno, attira decine e decine di fedeli i quali muniti di un fazzoletto bianco, aggiungono la chiesa per raccogliere le preziose gocce e lasciare una preghiera, proprio mentre il fercolo del Cristo Morto giunge sulla collina storica, nel primo pomeriggio, in attesa della suggestiva e toccante processione al calar del sole.

Diverse sono le ipotesi e le suggestioni che nel tempo hanno cercato di spiegare l’accaduto. Molti collegano l’evento alla secolare devozione della città verso il Cristo alla Colonna, una statua che un tempo era custodita proprio nella chiesa di Cristo al Monte, nella nicchia dell’altare maggiore, prima di essere trasferita per ragioni di sicurezza nella chiesa dell’ex Monastero.

Un tempo, si credeva che il Cristo alla Colonna potesse propiziare la pioggia in periodi di siccità e carestia. In tali occasioni, la statua veniva portata in processione e si racconta che, puntualmente, al termine del rito la pioggia iniziasse a cadere e baciare i campi. Da qui, il legame con le gocce d’acqua che trasuderebbero ogni anno dai gradini dell’altare.

L’Arciconfraternita dei Bianchi, nata con l’intento di assistere i più deboli e i condannati a morte, custodisce anche un’antica leggenda. Si narra che i condannati avessero un’unica possibilità di ottenere la libertà: uscire dalla chiesa, raggiungere e toccare gli obelischi posti all’esterno senza essere colpiti dalle frecce e fare ritorno all’interno. Solo in quel caso avrebbero ottenuto la salvezza.Si dice che nessuno sia mai riuscito nell’impresa, eccetto un uomo che, pur riuscendo a rientrare, fu colpito da una freccia proprio prima di raggiungere l’altare, morendo dissanguato sui suoi gradini. Proprio nel luogo in cui, ancora oggi, si verifica il misterioso evento del Venerdì Santo.

Si tratta solo di leggende, nate da coincidenze e racconti popolari? Fatto sta che, puntualmente, ogni anno, ed anche quest’anno, l’evento si ripresenta, attirando fedeli e curiosi, riaccendendo il dibattito sul secolare dualismo tra fede e ragione. Un contrasto che potrebbe forse trovare una nuova armonia, partendo dalla consapevolezza che esistono domande a cui, ancora oggi, la scienza non ha saputo dare risposta.
Accettare il trascendente, se si ha fede, non significa entrare in contraddizione con la dimensione concreta della vita quotidiana.

Anche quest’anno, in occasione della traslazione del Cristo Morto, ieri pomeriggio decine di persone si sono radunate per verificare se i gradini dell’altare maggiore fossero bagnati, alla ricerca di quelle misteriose gocce d’acqua. L’evento, come ci ha confermato Giovambattista Iurato, sì, si è verificato,  ma non ieri, bensì lo scorso 2 aprile, proprio nel giorno in cui la collina storica è stata teatro di un atto sconcertante: due delle tre croci poste sul sagrato della chiesa sono state divelte, lanciate giù e ritrovate semidistrutte ai piedi della scalinata settecentesca.

Una coincidenza? Forse. Ma è accaduto. E così, ancora una volta, il solito dilemma: nessuno può dare risposte certe. Tuttavia, resta significativo che il prodigioso evento si sia verificato proprio in quel contesto.

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