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In Primo Piano

Sicilia, presentato ad Enna il progetto del movimento “Grande Sicilia”

Presenti i fondatori ossia Gianfranco Miccichè, Raffaele Lombardo e Roberto Lagalla. Il logo riporta poi la scritta “civici, autonomisti, democratici”.

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Nasce il progetto del movimento “Grande Sicilia” ed oggi è avvenuta la presentazione ad Enna. Presenti i fondatori ossia Gianfranco Miccichè, Raffaele Lombardo e Roberto Lagalla. Il logo riporta poi la scritta “civici, autonomisti, democratici”. “Ci sono tutti, autonomisti, civici, democratici e chi non è democratico? Praticamente tutti, 5 milioni di persone in Sicilia, e poi gli altri, ovviamente.

E’ un segnale di apertura – ha detto Lombardo, fondatore e leader del Mpa – noi siamo democratici e quindi siamo aperti all’apporto di tutte le persone di buona volontà che sposano questo progetto che è del civismo, dell’autonomia e che è anche dei valori liberali e dei diritti in cui queste tre persone e tantissimi gruppi si riconoscono e per mettere insieme un progetto forte di rinnovamento, ma anche, e dobbiamo impegnarci molto, di una nuova classe dirigente.

Sul coordinamento del neonato movimento politico Lagalla ha spiegato che “i coordinatori e tutta l’ossatura del movimento saranno definiti nei prossimi giorni. Intanto – ha spiegato il sindaco di Palermo – il nostro vuole essere un messaggio di inclusione politica, di attenzione alla persona, ancor prima che un momento di reclutamento. E’ quello che faremo, lo faremo nel tempo necessario, certamente mettendo insieme, fin da subito, le forze che ci riguardano, per le prossime elezioni provinciali di secondo livello e per contribuire a un rinnovamento progressivo di questa politica. Non vogliamo fare ribaltamenti o rivoluzioni, però vogliamo essere una coscienza critica e consapevole all’interno di una quadro politico che ha bisogno di rinnovare, nel tempo, tanto classe dirigente, quanto modelli decisionali”.

 

In Primo Piano

Leone Decimoquarto, il significato di una scelta

Un nome che ha già dentro un programma

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Cardinale Robert Francis Prevost, Papa.

Nessuno se lo aspettava. L’uomo che, comunque la si pensi, resta il più importante della terra.

Per nulla presente nei pronostici, assente da ogni rosa di papabili. Figuriamoci: un papa statunitense…con tutto il potere che c’ha già l’America di Trump?!

Eppure, per quelli che ci credono, “Lo Spirito soffia dove vuole, e ne senti il soffio, ma non sai da dove viene né dove va” (Giovanni 3:8).

Confessiamolo: con gli occhi puntati per un lungo tempo ai tendoni rossi da cui sarebbe apparso il nuovo pontefice, un’attesa trepidante… abbiamo atteso con la stessa emozione gli altri papi del passato? Forse no. Forse questa volta l’attesa ha coinvolto una massa più eterogenea di folle, chierici e religiosi da ogni parte del mondo e poi uomini e donne  e giovani e bambini, un’infinità di partecipazione. Forse perché il lascito di Francesco è così scolpito nel popolo che si sentiva il desiderio cocente di conoscerne il successore, va da sé che l’attesa era palpabile. E’ bastata già la notizia di un papa statunitense a farci quasi cadere dalla sedia, confessiamolo.

Eppure, eccolo! L’annuncio: “La Pace sia con tutti Voi!“, un lungo silenzio commosso, gli occhi sorridenti, poi, il richiamo ripetuto a Francesco, l’inizio del pontificato con l’invito alla recita corale dell’Ave Maria e soprattutto quel nome: Leone XIV.

Quel nome, anch’esso un altro elemento su cui pensare, con quella connotazione altisonante.

Il primo della schiera dei Leone, fu Leone I, Magno. Celebre per aver incontrato Attila, nel 452 d.C,  re degli Unni, alle porte dell’Italia settentrionale e per averlo convinto a non attaccare Roma. Questo episodio lo rese una figura simbolica, di grande autorità morale e diplomatica, una figura forte a difesa della Roma cristiana.

Oppure perché vuol porsi come erede di quel Leone XIII, colui che donò al mondo l’enciclica Rerum Novarum? 

In effetti, ne avremmo bisogno.

Leone XIII, papa dal 1878 al 1903, è ricordato perché pose le basi della Dottrina Sociale della Chiesa, affrontando i problemi del lavoro, della giustizia sociale e del rapporto tra capitale e lavoro nell’era industriale. A differenza dei suoi predecessori, cercò un atteggiamento più aperto verso la modernità, promuovendo il dialogo con le scienze, la filosofia e la politica, senza rinunciare ai principi cattolici. Fu molto attivo nel campo delle relazioni internazionali, cercando di ristabilire i rapporti tra la Santa Sede e vari Stati europei, in un periodo difficile per il papato dopo la perdita dello Stato Pontificio.

Un papa, non sceglie di darsi un nome a caso, lo sappiamo.

Quello di Leone XIV è un nome pensato, voluto, contiene in sé un programma chiaro ed inequivocabile: la volontà di entrare nel dialogo sociale con competenza, consapevolezza e carattere, col piglio di chi conosce bene virtù e contraddizioni sia del mondo ricco, perché c’è nato e cresciuto, sia del mondo che fa fatica perché ne è stato adottato. Un papa che può incidere, in modo nuovo, nelle questioni più cocenti da cui questo tempo moderno è afflitto: dall’emergenza della pace tra i popoli, alla questione migranti che attraversa tutto il globo, dalla perdita di senso, figlia di una società che dà tutto pronto e presto, al senso vertiginoso di isolamento umano, reso più graffiante dal chiasso degli agglomerati urbani e dalla valanga di parole con cui la Rete perseguita ogni individuo.

D’altra parte, sembra proprio avere le carte in regola, questo papa, dall’aria tanto sapiente e dal temperamento razionale che farebbe presupporlo alieno da ogni eccesso.

Ecco perché, in mezzo ai “mi piace” / “non mi piace”, che saltano sulle migliaia di bocche in queste ore, fa star bene il ricordare che a guidare la barca di Pietro è stato indicato colui che è nel piano di Dio.

Oggi più che mai, proprio perché Francis Robert Prevost è lontano dai piani umani,  avvertiamo l’imprevedibilità dello Spirito Santo che, sempre, orienta e guida la storia umana secondo un piano che è distante dai piani umani quanto l’oriente dall’occidente.

Buon lavoro, allora, Papa Leone Decimoquarto!

 

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Cronaca

Catania, beni per 2 milioni confiscati agli eredi di Giovanni Fraschilla

La Corte d’Appello rigetta l’impugnazione da parte degli eredi, confermata la pericolosità del capofamiglia

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La Polizia di Stato di Catania ha eseguito un provvedimento di confisca di secondo grado emesso dalla Corte d’Appello nei confronti degli eredi di Giovanni Fraschilla, figura già nota alle forze dell’ordine per una lunga serie di precedenti penali, tra cui un’indagine per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Il patrimonio in questione, del valore stimato di circa due milioni di euro, comprende due immobili situati nel quartiere di Nesima e due imprese commerciali. La confisca conferma quanto già disposto in primo grado dal Tribunale di Catania nel luglio 2023, che a sua volta aveva fatto seguito al sequestro eseguito nel gennaio dello stesso anno, nell’ambito delle misure di prevenzione patrimoniali.

Dopo la morte di Fraschilla, i suoi eredi avevano presentato ricorso contro il provvedimento, contestando la legittimità della misura patrimoniale, poiché adottata successivamente alla revoca della sorveglianza speciale a suo carico. Secondo i ricorrenti, l’assenza della misura personale al momento del sequestro avrebbe fatto venir meno il presupposto della pericolosità sociale.

La Corte d’Appello ha però rigettato l’impugnazione, chiarendo,  con una motivazione articolata, l’autonomia tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali. I giudici hanno ribadito che è legittima la confisca dei beni riconducibili a un soggetto che li abbia acquisiti in un periodo in cui risultava socialmente pericoloso.

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