Dopo mesi di indagine la svolta è arrivata. Per Emilio Coveri, presidente di Exit Italia, associazione a sostegno di eutanasia e suicidio assistito, è stata presentata dal Procuratore aggiunto del Tribunale di Catania, Ignazio Fonzo, e dal sostituto, Angelo Brugaletta, una richiesta di rinvio a giudizio per il reato di istigazione al suicidio. Sarà ora il Gup del Tribunale del capoluogo etneo a decidere, se accettare la richiesta dei Pm o se respingerla, con l’archiviazione.
Il caso per il quale Emilio Coveri è indagato riguarda la morte dell’insegnante paternese, Alessandra Giordano, morta lo scorso 27 marzo, a Forch, un paesino poco distante da Zurigo, all’interno della clinica Dignitas, dove era arrivata qualche giorno prima. Per lei la fine è arrivata attraverso il suicidio assistito, a cui Alessandra è voluta ricorrere per porre fine al suo stato di crisi depressiva ed emicranie croniche, determinate queste ultime dalla sindrome di Eagle di cui soffriva. A far scattare l’indagine la denuncia presentata dai familiari della donna.
A supporto della richiesta dei Pm alcuni documenti, tra questi i messaggi telefonici, le conversazioni telefoniche, le mail, intercorsi tra il 2017 e il 2019 tra il presidente di Exit Italia e la 46enne Alessandra Giordano. Ed ancora la consulenza pschiatrica e medico legale sulla documentazione sanitaria di Alessandra Giordano, effettuata dal professore Eugenio Aguglia, docente alla Facoltà di Medicina dell’Università di Catania e dal medico legale Giuseppe Ragazzi, per definire se la depressione di Alessandra Giordano fosse «irreversibile o incurabile, nonché in grado di provocare un handicap incurabile e dolori insopportabili». Ed ancora, se la “Sindrome di Eagle” fosse anch’essa irreversibile o incurabile.
Dall’esame degli atti, Alessandra appare con stati d’animo diversi e discordanti, tra il 2015 e il 2018, a causa dei dolori alla bocca che influenzavano anche il suo stato psichico, tanto da determinare uno stato depressivo.
L’ultima visita, Alessandra Giordano l’ha effettuata appena 13 giorni prima di morire. E sempre dall’esame della relazione, emergono i dubbi dei due consulenti, rispetto ad alcune certificazioni mediche specialistiche sullo stato di salute di Alessandra. Nella relazione si legge: «Nella terapia che la Giordano ha assunto in occasione dell’ultimo ricovero non sono state prese in considerazione tali strategie che se attuate avrebbero di certo portato ad un sensibile ulteriore miglioramento della sintomatologia depressiva di certo non irreversibile né incurabile».
Sulla malattia di Eagle si legge ancora: «Non è possibile inoltre considerare irrisolvibile il problema legato alla sintomatologia dolorosa causata dalla sindrome di Eagle».
La parola ora al Gup per capire se gli elementi per avviare un processo sono sufficienti oppure no.