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Cronaca

Adrano, i dettagli e i nomi degli arrestati dell’operazione “Primus”

Sono accusati di traffico di sostanze stupefacenti e porto e detenzione illecita di armi da sparo e 20 soggetti sono finiti in carcere mentre un altro è attivato ricercato. Complessivamente sono 29 le persone indagate

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Dalle prime ore di oggi, su delega di questa Direzione Distrettuale Antimafia, la Polizia di Stato – Squadra Mobile della Questura di Catania e Commissariato di P.S. Adrano (che hanno agito con il supporto della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato con l’invio di diversi equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine a cui si sono aggiunte unità della locale Questura e delle sue articolazioni nonché di unità specializzate come Polizia Scientifica, Reparto Mobile e anche di un elicottero del Reparto Volo) ha dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania a carico di  21 soggetti destinatari della custodia in carcere in quanto gravemente indiziati a vario titolo dei delitti di associazione di tipo mafioso (clan Scalisi di Adrano), estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e porto e detenzione illecita di armi da sparo, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza. Venti soggetti sono finiti in carcere mentre un altro è attivato ricercato. Complessivamente sono 29 le persone indagate.

Le indagini avviate nel luglio 2021 da questo Ufficio che le ha dirette e svolte dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di P.S. Adrano, sono state supportate da presidi tecnici e, salva restando la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva di condanna, hanno consentito di acquisire un quadro indiziario grave a carico di numerosi affiliati, tra cui gli attuali vertici, al clan mafioso Scalisi di Adrano (CT), articolazione territoriale nel predetto Comune del clan Laudani di Catania.

L’attività investigativa – che costituisce la naturale prosecuzione delle pregresse indagini sul suddetto sodalizio mafioso, sfociate nell’operazione Illegal Duty dell’l l.7.2017, nell’operazione The King del 16.7.2020, nell’operazione Follow the money del 10.2.2021 (nell’ambito della quale sono state sequestrate imprese ubicate in diverse località italiane); nel fermo del 2.3.2021, c.d. operazione Triade- – ha altresì evidenziato che a seguito della sua scarcerazione in data 29.7.2022, il componente storico (e di rango apicale) del clan Scalisi DI PRIMO Alfio, una volta tornato in libertà, si sarebbe immediatamente posto ai vertici dell’associazione mafiosa, divenendone il reggente. Sul punto si evidenzia che il DI PRIMO è il cognato di SCARVAGLIERI Giuseppe (cognato del DI PRIMO), già condannato all’ergastolo, indiscusso capo del clan Scalisi, dal gennaio 2018 detenuto in regime di cui all’art.41 bis ord. pen., la cui autorità è tuttora riconosciuta dagli affiliati che lo indicano come “principale principale” per distinguerlo dal DI PRIMO Alfio, indicato come “principale”.

 

Nel corso delle indagini  è stato ricostruito l’attuale organigramma del clan Scalisi, la cui gerarchia interna vedrebbe, al livello immediatamente inferiore al reggente DI PRIMO Alfio, l’indagato GAROFALO Antonino, il quale, seguendo fedelmente le direttive di DI PRIMO Alfio, avrebbe svolto una fondamentale funzione di organizzazione e coordinamento sugli altri membri dell’associazione mafiosa, tra cui spiccherebbero, per capacità criminali e centralità del ruolo ricoperto nel sodalizio, gli affiliati STISSI Andrea e SANGRIGOLI Dario. Gli elementi acquisiti durante l’attività hanno ulteriormente suffragato la matrice mafiosa del clan adranita Scalisi alla luce dei numerosi incontri registratisi tra i citati esponenti apicali DI PRIMO Alfio e GAROFALO Antonino, ritenuti, sulla base delle investigazioni volte, appartenenti cli pari livello del clan mafioso Laudani di Catania.

 

Oltre all’organigramma del sodalizio Scalisi, l’indagine ha permesso di avere contezza dei delitti posti in essere dagli affiliati al clan tra cui numerose estorsioni, commesse nella tipica forma mafiosa del “pizzo”, in pregiudizio di commercianti ed imprenditori adraniti sistematicamente costretti a pagare mensilmente somme di denaro agli esattori dell’organizzazione mafiosa. Nessuno delle vittime ha collaborato con le forze dell’ordine ad eccezione di una la quale avrebbe confermato di pagare “il pizzo”. Sostanzialmente sarebbero state accertate 8 casi estorsioni, altri 5 sarebbero all’attenzione dell’autorità giudiziaria. Durante l’attività sono stati ricostruiti diversi episodi di danneggiamento ed intimidazione nei confronti dei commercianti che non avevano aderito all’imposizione del ”pizzo” da parte degli emissari del clan Scalisi. Altresì, le casse dell’associazione mafiosa sarebbero state costantemente rimpinguate dai proventi di un esteso traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana gestito dai membri dell’organizzazione che, in tale ambito criminale, hanno approfittato di una fase di debolezza operativa dell’altra organizzazione mafiosa adranita, negli anni colpita da numerosi arresti.

Le indagini hanno ribadito la conclamata pericolosità dei membri del clan Scalisi che si sarebbero dotati di armi da sparo al fine di presidiare il loro territorio e preservare i loro affari criminali da eventuali ingerenze da parte di gruppi mafiosi rivali, assicurandosi in tal modo l’apporto militare necessario a sostenere il confronto con gli altri gruppi mafiosi. In proposito, tra le varie attività di riscontro esperite nel corso dell’indagine, nell’agosto 2022, in occasione di una possibile fibrillazione con l’altro clan adranita Santangelo, veniva arrestato il citato SANGRIGOLI Dario poiché trovato in possesso di un fucile a canne mozzate, oltre a 76 gr di cocaina. A taluni dei destinatari del provvedimento restrittivo di cui all’odierna operazione antimafia già ristretti per altra causa, la misura è stata notificata presso i vari istituti che li ospitano.

ELENCO DELLE PERSONE COLPITE DALLA MISURA CAUTELARE DELLA CUSTODIA IN CARCERE
1.   DI PRIMO Alfio (cl.1967);

2.    BUA Emanuel (cl.1990);

3.    CASTRO Pietro (cl.1997);

4.   CASTRO Vincenzo (cl.2002);

5.   CENTAMORE Emanuele (cl.2001);

6.    DI GIOVANNI Francesco Pio (d.2004);

7.  GAROFALO Antonino (cl.1968);

8.    LO CURLO Alfio (cl.1992);

9.   MACCARRONE Claudio (cl.2002);

10.     MACCARRONE Pietro (cl.2003);

11.     NICOLOSI Concetto Cristian (cl.2003);

12.    PALERMO Salvatore (cl.1987);

13.     RESTIVO Vincenzo (cl.1999);

14.    SANGRIGOLI Dario (cl.2000);

15.    SANTANGELO Giuseppe (cl.2002);

16.    SCAFIDI Salvatore (cl.1997);

17.    SCALISI Alfio (cl.2002);

18.    STISSI Andrea cl.1997);

19.    STISSI Marcello (cl.1973);

20.   VINCIGUERRA Massimiliano (cl.1975).

Cronaca

S.M. di Licodia, rapina in una villetta, vittima una coppia di 50 e 45 anni

Sulla vicenda sono in corso specifiche indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Paternò,  i quali sono a lavoro per identificare gli autori del colpo

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Paura la notte scorsa per una coppia (lui 50enne lei di 45 anni) all’interno di una villetta sita nella “Zone Vigne” di Santa Maria di Licodia, per una rapina andata in porto.  Da quanto si apprende 5 soggetti col volto travisato e armati, forse di pistola, hanno fatto irruzione all’interno dell’abitazione. Non è chiaro se al momento dell’intrusione dei banditi la coppia fosse in casa oppure li avrebbe sorpresi nel momento in cui le vittime avrebbero fatto rientro nella loro abitazione.

Sulla vicenda sono in corso specifiche indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Paternò,  i quali sono a lavoro per identificare gli autori del colpo. Coloro che hanno agito avrebbero dato la sensazione che sapevano come muoversi. Sulla vicenda gli investigatori mantengono il massimo riserbo. Il colpo è andato a segno. Ancora da quantificare il valore del bottino e cosa soprattutto i malviventi hanno portato via.  Sembra che il 50enne sia stato aggredito.

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Cronaca

Catania, scoperto arsenale dentro auto abbandonata: trovate droga, armi e munizioni

Rinvenute 600 grammi di marijuana, due pistole semiautomatiche, una con matricola abrasa mentre l’altra è risultata provento di furto, nonché 81 cartucce, un silenziatore e persino un giubbotto antiproiettile

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A Catania la Polizia di Stato ha scoperto un vero e proprio arsenale nascosto in un’auto abbandonata nel quartiere Librino. Il ritrovamento è avvenuto durante un servizio di controllo finalizzato a contrastare il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti con particolare attenzione alle zone in cui, nel passato, sono state condotte operazioni che hanno consentito il sequestro di droga.

I poliziotti hanno notato un’auto sospetta, parcheggiata in viale Castagnola ed in evidente stato di abbandono. Non appena si sono avvicinati, gli agenti hanno avvertito un forte odore di marjuana provenire dall’interno della vettura. Gli agenti hanno ritenuto necessario condurre in maniera approfondita tutti gli accertamenti del caso, cominciando ad ispezionare l’auto dall’esterno.

È in questa fase che, dal finestrino posteriore, hanno notato diversi involucri in plastica sparsi all’interno del veicolo e, cosa ancora più grave, si sono accorti della presenza di una pistola sotto al sedile del conducente.  L’arma è stata prontamente recuperata dai poliziotti che, a quel punto, hanno esteso la perlustrazione in ogni angolo dell’auto.

La verifica ha consentito di rinvenire un grosso sacco contenente marijuana, per un peso complessivo di circa 600 grammi, due pistole semiautomatiche, una con matricola abrasa mentre l’altra è risultata provento di furto, nonché 81 cartucce, un silenziatore e persino un giubbotto antiproiettile. L’attività investigativa condotta sul posto dai poliziotti ha consentito di risalire all’identità del proprietario: un uomo deceduto nel 2022.

Per tutti i necessari rilievi di natura specialistica, sono intervenuti sul posto gli agenti della Polizia Scientifica.

“Quanto rinvenuto è stato sottoposto a sequestro per essere successivamente analizzato da operatori esperti, soprattutto per gli aspetti connessi agli accertamenti di natura balistica, al fine di verificare un eventuale utilizzo delle armi ritrovate in precedenti episodi delittuosi e di ricavare elementi utili per le successive attività investigative” scrivono dalla Questura etnea.

 

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