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In Primo Piano

Biancavilla, Il Comitato Livatino propone il nome del giudice “Beato” per la palestra

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La proposta di intitolazione della palestra comunale della scuola “Marconi” alla memoria del giudice Rosario Livatino, martire di mafia è arrivata dal Comitato che ne porta il nome. Lo hanno chiesto al sindaco, Antonio Bonanno con una nota che recita: “Chiediamo all’Amministrazione Comunale di intitolare la nuova palestra comunale al servizio della scuola elementare “Marconi”, progettata nel 2012, finanziata dal Miur nel 2017 e ormai in fase di ultimazione, alla memoria del giudice Rosario Livatino, sostituto procuratore della Repubblica e giudice della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, assassinato la mattina del 21 settembre 1990 mentre in auto e, per sua precisa scelta, senza scorta, si recava a lavoro per celebrare un processo a carico di alcuni mafiosi. La sua auto fu speronata dal commando omicida della “Stidda” e, dopo essere stato ferito, fu raggiunto dai mafiosi e brutalmente ucciso nel viadotto della strada statale. La realizzazione di una struttura sportiva polivalente nella nostra comunità, a beneficio della collettività scolastica, è occasione propizia per diffondere i valori dello sport, inteso come valido e sano strumento di coesione e di integrazione sociale, utile a incoraggiare una sempre più necessaria cultura del dialogo e dell’incontro rispettoso, soprattutto tra le giovani generazioni. Nella sua funzione educativa e sociale, l’attività sportiva ben si coniuga con i principi del rispetto delle regole, dell’etica della disciplina, del sacrificio, della dedizione, del coraggio, aspetti imprescindibili per garantire una serena convivenza civile. In questa direzione, prende forma una rinnovata cultura della legalità da seminare tra i più giovani, mediante modelli di vita vissuta e testimonianze di donne e uomini strenui servitori della nostra terra di Sicilia, morti per un ideale di giustizia, esplicitato in atti concreti e in scelte di campo nel contrasto alla criminalità organizzata, al malaffare, alla mentalità mafiosa. Il ricordo del sacrificio dei nostri conterranei, quindi, non è soltanto un’adesione ai principi della legalità, come pure non può ridursi a mera formalità e a slogan vuoti, ma rappresenta un dovere morale per ciascuno di noi, al fine di custodire ed esaltare la memoria di chi ha contrastato l’indifferenza, la complicità, la contiguità al compromesso mafioso”.

Per questo, il connubio sport e legalità può contribuire ad affrontare meglio le fatiche quotidiane, le relazioni con gli altri, l’impegno a scuola, in un’ottica di rispetto delle regole, per fare un gioco di squadra a vantaggio di tutti. A tal proposito, papa Francesco in un suo messaggio ricorda che «se ad una gara sportiva qualcuno si rifiutasse di rispettare la regola del fuorigioco o partisse prima del “via”, non ci sarebbe più competizione, ma solo prestazioni individuali e disordinate. Al contrario quando si affronta una gara le regole sono essenziali per vivere insieme: la felicità non la si trova nella sregolatezza, ma nel perseguire con fedeltà i propri obiettivi perché non ci si sente più liberi quando non si hanno limiti, ma quando, coi propri limiti, si dà il massimo». Al riguardo, il giudice Livatino ricorda come proprio dal riconoscimento dei propri limiti, pure il gravoso e delicato compito di un magistrato di giudicare una persona può diventare più lieve, se «nel momento di decidere, si dimettono vanità e superbia, e si è protesi a comprendere l’uomo che si ha di fronte, giudicandolo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con una costruttiva contrizione».

Una visione nobile della giustizia, ispirata anche da un’intima esperienza di fede cristiana. Non a caso, anche per quella coerenza tra la sua fede e il suo impegno professionale, le organizzazioni mafiose lo hanno preso di mira, definendolo, in chiave spregiativa, “santocchio”, ucciso proprio in odium fidei, come riconosciuto da papa Francesco che, a conclusione del procedimento per la causa di beatificazione, l’ha definito un “santo della porta accanto”.

La proposta d’intitolazione giunge proprio nei giorni in cui, nella Cattedrale di Agrigento, il giudice Rosario Livatino viene proclamato beato.

In Primo Piano

Etna, Protezione Civile Adrano invita alla responsabilità di chi si avventura sul fronte lavico

Comuni di Biancavilla ed Adrano emanano ordinanze di interdizione all’accesso alle zone in prossimità del fronte lavico

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Richiamo al buon senso ed alla responsabilità da parte dell’Associazione Protezione Civile Adrano nei confronti di coloro che in queste ore intendono avventurarsi in montagna, per raggiungere il fronte lavico. Proprio in queste ore, sono stati i sindaci del comune di Adrano e Biancavilla ad emanare delle ordinanze di interdizione alle aree sommitali o comunque vicine al luogo della colata. Nel caso dell’ordinanza del comune di Adrano, viene imposto “il divieto di accesso alle quote sommitali del territorio comunale, ricadente nella zona del Rifugio “Galvarina”, interessata dalla colata lavica”. Il sindaco di Biancavilla, Antonio Bonanno, impone “il divieto di accesso alla quota 2000 s.l.m. è comunque non oltre una distanza minima di 500 metri dal fronte lavico o dai bordi della colata, se non accompagnati dalle Guide Alpine o Vulcanologiche”.

Ad intervenire sul tema, è anche l’associazione di Protezione Civile Adrano. “Le ordinanze emanate dai Sindaci del territorio di competenza, in relazione alla colata lavica che li sta interessando, sono dovute ed importanti, ma con poca possibilità di vigilanza. La colata non è raggiungibile solamente dai varchi di Piano Fiera, o Piano Mirio. I sentieri sono innumerevoli con impossibilità alla sorveglianza. Unica possibilità di fermare gli escursionisti ed i visitatori sarebbe proprio sul fronte lavico, cosa difficile da raggiungere se non con mezzi speciali. Quindi, nonostante i divieti, si potrà solo contare sul buon senso e sulla responsabilità di chi si avventura sul fronte lavico”.

ORDINANZA COMUNE DI ADRANO

ORDINANZA COMUNE DI BIANCAVILLA

Foto: Luigi Crispi

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Cronaca

Catania, rubano in un negozio di casalinghi, tra i ladri madre e figlio con un bimbo di 3 anni

Tenuto conto della presenza del minore durante il primo furto realizzato dalla nonna e dal padre le risultanze investigative sono state trasmesse anche al Tribunale dei minori per le eventuali valutazioni in merito alla potestà genitoriale

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A Catania la polizia di stato del commissariato di Librino hanno individuato e denunciato per furto aggravato tre catanesi che, nei giorni scorsi, hanno messo a segno due furti in un negozio di casalinghi di un centro commerciale dell’Asse dei servizi.

I ladri hanno portato via trapani e smerigliatrici per un valore commerciale di circa 500 euro, sfruttando un momento di confusione e di distrazione del personale addetto alla sorveglianza.  È stato il titolare dell’attività commerciale ad accorgersi dell’ammanco della merce, chiedendo l’intervento degli agenti di polizia.

Infatti, prima di chiudere, l’uomo ha rimesso a posto i diversi prodotti negli scaffali del negozio constatando la mancanza di diversi attrezzi da lavoro, soprattutto trapani e smerigliatrici, risultate rubate in due momenti diversi.

Una volta acquisita la denuncia, i poliziotti hanno immediatamente avviato le indagini per accertare i fatti e risalire all’identità degli autori del furto, acquisendo tutte le immagini di videosorveglianza presenti nel centro commerciale e nelle zone adiacenti. Da quanto ricostruito dai poliziotti in una prima occasione, sono state notate due persone, una donna e un uomo, che hanno fatto accesso nel negozio con un carrello con all’interno un grosso scatolo vuoto di un televisore. I due sono risultati madre e figlio, con al seguito pure un bambino di soli 3 anni.

Dopo aver fatto un giro tra gli scaffali, la donna ha tenuto d’occhio il carrello, al cui interno giocava il nipotino, mentre l’uomo ha prelevato diversi attrezzi da lavoro e li ha nascosti nello scatolone posto proprio al fianco del figlioletto. Senza dare nell’occhio, i due sono riusciti ad allontanarsi dal negozio, sfruttando un attimo di assenza del personale di sorveglianza.

A distanza di 24 ore, l’uomo, questa volta accompagnato da un complice di sesso maschile, è tornato nello stesso negozio per realizzare un nuovo colpo, rubando altra merce, nascosta nelle tasche del giubbotto. Inoltre, tenuto conto della presenza del minore durante il primo furto realizzato dalla nonna e dal padre, risultato pregiudicato per reati contro il patrimonio, le risultanze investigative sono state trasmesse anche al Tribunale dei minori per le eventuali valutazioni in merito alla potestà genitoriale.

 

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