Tutti pazzi per l’avocado di Sicilia, che con i suoi appena mille ettari di superficie coltivata, concentrati soprattutto sul versante est dell’Etna, è diventata la coltura subtropicale di maggiore interesse economico in Italia. Un’enorme opportunità per la regione, che tuttavia, nonostante sia tra i principali produttori in Italia, riesce a coprire solo il 5% della domanda nazionale.
Da qui la nascita del progetto “Avocado biologico siciliano: superfood per la valorizzazione delle aree ionico-tirreniche”. Un progetto che ha visto insieme il Dipartimento Di3A dell’Università di Catania, partner scientifico, 8 aziende agricole e una società start up. I risultati finali verranno illustrati questa mattina nell’aula “G” del Di3A Via Santa Sofia 100, Catania.
L’avocado in Sicilia ha trovato l’habitat ideale in particolare nelle aree costiere della fascia ionica tra Catania e Messina e che si estendono sino alle falde dell’Etna (non oltre i 300 metri sul livello del mare. La maestosità del vulcano fa da barriera ai venti freddi e rende questo lembo di terra continuamente piovoso. Le aziende che hanno aderito al progetto coltivano quasi esclusivamente la cultivar Hass, limitando la presenza a poche altre varietà, soprattutto Fuerte e Bacon, a valori non superiori al 10%.
Le tre varietà coprono un calendario di commercializzazione limitato che va da novembre a marzo. La necessità di fornire costantemente e in un periodo più ampio possibile la Gdo vede oggi l’esigenza di adottare anche coltivazioni con caratteristiche di pregio che non si sovrappongano alle precedenti come calendario di commercializzazione.
Si stanno valutando sotto l’aspetto qualitativo e commerciale, varietà già in produzione, quali la Zutano tra le precoci e la Orotawa, la Pinkerton, la Lamb Hass e la Reed tra le tardive, puntando sulla valorizzazione della biodiversità vegetale e sull’ampliamento del calendario di commercializzazione. Si stima che i terreni sfruttabili nelle fasce costiere ionico e tirrenica possano raggiungere superfici di almeno 5.000 ettari e che solo il mercato italiano possa tranquillamente assorbire a regime, sulla base dei consumi attuali, tutto il potenziale della produzione siciliana.