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Cronaca

Catania, arrestati due giovani per tentata truffa e tentata estorsione, “vittima” una 80enne

Hanno provato a raggirarla col metodo del “finto poliziotto” che la informava di un incidente provocato da un congiunto e in cui una persona è morta, ma l’anziana non è caduta nel tranello avvertendo le forze dell’ordine

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Hanno pensato di derubare un’anziana, facendo leva sulla sua età e sul suo stato emotivo, ritenendola un soggetto particolarmente vulnerabile. I due truffatori, però, non hanno fatto i conti con la scaltrezza della donna, una catanese di 80 anni, che, ha subito fiutato il tentativo di raggiro ed è riuscita a difendersi, mettendo in pratica i suggerimenti e i consigli appresi, nei mesi scorsi, dopo aver seguito le campagne di informazione della Polizia di Stato e, in particolare, la campagna “Insieme per la sicurezza” realizzata dalla Questura di Catania.

In questo modo, il piano congegnato dai due truffatori, rispettivamente un catanese di 21 anni e 26enne originario di Ragusa è miseramente fallito, grazie ad una serie di brillanti contromosse che l’anziana è riuscita a mettere in atto in pochi istanti.

Dopo aver contattato telefonicamente la vittima, uno dei truffatori si è presentato come “comandante della polizia” e ha riferito che il figlio era rimasto coinvolto in un incidente stradale, causando la morte di una donna incinta. Per rendere la storia ancora più credibile, il finto appartenente alle forze dell’ordine ha passato al telefono altri due complici, uno pseudo-avvocato e un presunto giudice, per poi fare la richiesta che avrebbe dovuto far cedere la donna.

“Per risparmiare la galera a suo figlio, è necessario che lei consegni ad uno degli agenti che suonerà da lì a poco alla porta della sua abitazione tutto il denaro e i gioielli in oro in suo possesso”. Dall’altro capo del telefono, però, la donna aveva già capito tutto anche perché, appena un mese fa, si era imbattuta in un analogo episodio, riuscendo a far fallire, anche in quel caso, il piano attraverso il quale il truffatore aveva tentato di raggirarla con lo stesso modus operandi.

Per questo motivo, l’anziana ha mantenuto la calma e ha continuato ad assecondare le richieste del suo interlocutore, tenendolo in linea, senza farlo insospettire. Nel frattempo, ha pensato di scrivere un messaggio alla figlia, tramite una chat di messaggistica, per chiedere di avvertire la Polizia.

Una volta giunta la segnalazione in Sala operativa, gli agenti delle volanti hanno immediatamente raggiunto l’abitazione della donna, ancora al telefono con il truffatore. I poliziotti hanno intercettato uno dei complici del raggiro mentre stava suonando al campanello di casa per recuperare quanto promesso dalla donna al telefono.

L’uomo di 44 anni, già noto alle forze di polizia per i numerosi precedenti per reati contro il patrimonio e per aver messo a segno truffe dello stesso tipo, è stato arrestato in flagranza dai poliziotti. Il malvivente, sempre al telefono con l’anziana, non essendo a conoscenza dell’arresto del complice, non ricevendo risposte, ha deciso di inviare un altro complice. A quel punto, i poliziotti hanno deciso di appostarsi sotto casa, in attesa dell’arrivo dell’altro complice.

Anche in questo caso, l’anziana ha saputo tenere testa al truffatore e ha accettato di aprire la porta di casa al secondo emissario, il 21enne. Il giovane, che pensava di dover ritirare la borsa con denaro e gioielli, si è trovato davanti uno dei poliziotti che lo ha arrestato. I due uomini sono stati tratti in arresto per tentata estorsione, in quanto hanno minacciato la vittima di arrestare il figlio se non avesse pagato, non limitandosi alla commissione del reato meno grave di truffa.

Il 26enne è stato condotto in carcere, mentre il 21enne è stato posto agli arresti domiciliari, in attesa del giudizio di convalida dinanzi al GIP. Il Giudice per le Indagini Preliminari, così come richiesto dalla Procura della Repubblica, ha convalidato l’arresto per il reato di tentata estorsione applicando al 21enne la misura cautelare degli arresti domiciliari e al 26enne quella della custodia cautelare in carcere.

 

Cronaca

Biancavilla, blitz anti caporalato, il Procuratore Curcio: “Sfruttato bisogno lavoratori”

“Lo stato di bisogno dei dipendenti ne avrebbe limitato la libertà di scelta, incidendo sulla libertà di autodeterminazione a contrarre e inducendoli ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illegali” ha specificato Curcio

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Sul blitz anti caporalato portato al termine della Guardia di Finanza di Paternò all’interno di un supermercato di Biancavilla e che ha portato all’arresto di due uomini, rispettivamente del rappresentante legale (di 48 anni residente  a Misterbianco) e  del direttore commerciale (60enne di Adrano) di  un supermercato affiliato alla grande distribuzione, c’è da registrare l’intervento del Procuratore Capo di Catania Francesco Curcio: “Dalle indagini della guardia di finanza di Paternò su presunti casi di caporalato con lavoratori sfruttati e sottopagati, fino al caso più grave di 1,6 euro l’ora, sarebbe emersa “una situazione di estremo stato di bisogno economico” dei dipendenti, costretti a “subire lo sfruttamento lavorativo” in mancanza di alternative, “limitando la loro libertà di scelta”.

I due uomini sono accusati di caporalato e autoriciclaggio e sono stati posti ai domiciliari. Procura che ha proceduto al sequestro preventivo della società, il cui valore è stimato in 3 milioni di euro.

Dall’inchiesta, scrive il procuratore Curcio, sarebbe emerso “una situazione di estremo stato di bisogno economico, comune a tutti i dipendenti i quali, pur consapevoli delle violazioni e della evidente non corrispondenza alla contrattazione collettiva e alla normativa di riferimento del trattamento loro riservato dal datore di lavoro (quanto a retribuzione, a orario di lavoro, riposo e ferie), avevano accettato dette condizioni in ragione della situazione di grave difficoltà economica e della necessità di far fronte alle spese dei rispettivi nuclei familiari, non avendo altra valida alternativa: pertanto – osserva Curcio – tra la possibilità di non percepire alcuna fonte di reddito e quella di subire sfruttamento lavorativo, non avevano potuto fare altro che accettare e subire questo ultimo”.

In tutti questi casi, dunque – sottolinea il capo della Procura di Catania – lo stato di bisogno dei dipendenti ne avrebbe limitato la libertà di scelta, incidendo sulla libertà di autodeterminazione a contrarre e inducendoli ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illegali in quanto non consentite né dalla contrattazione collettiva, né dalla normativa giuslavoristica”.

L’indagine è partita a seguito da un controllo amministrativo in materia di lavoro sommerso, effettuato presso un  supermercato di Biancavilla a seguito del quale è stata accertata la presenza di  37 lavoratori (20 attualmente a lavoro e altri 17 che non lavorano più in quel market o perchè dimessi o perchè licenziati)  che sarebbero stati impiegati per un numero di ore nettamente superiore rispetto a quelle previste da contratto e dalla contrattazione collettiva di settore, con retribuzioni che, nei casi più gravi, si sarebbero attestate ad € 1,6 l’ora con stipendi mensili di 7/800 euro per i giovani a fronte di 65 ore settimanali di lavoro. In sostanza non sarebbero state retribuite 135 mila ore di lavoro.

Sul blitz anti-caporalato c’è una  nota del sindaco di Biancavilla Antonio Bonanno e del presidente del consiglio comunale Luigi D’Asero. “In merito all’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Catania, esprimiamo pieno sostegno all’azione della magistratura e delle forze dell’ordine. Nel nostro territorio, le realtà legate alla Grande Distribuzione Organizzata hanno saputo nel tempo dimostrare correttezza e capacità imprenditoriale. Per questo, è un bene che episodi anomali emergano grazie a denunce circostanziate, affinché siano isolati e non si ripetano.

Come ha giustamente sottolineato il Procuratore capo di Catania, la situazione di estremo bisogno non può mai giustificare trattamenti economici e lavorativi che si pongono fuori da ogni logica di dignità e legalità. Il rispetto dei diritti dei lavoratori deve essere una priorità assoluta. La dignità del lavoro non è negoziabile”.

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Cronaca

Santa Venerina, arrestato cassiere infedele di un supermercato

L’indagine è scaturita dalla denuncia presentata dal legale rappresentante della società che gestisce il punto vendita, il quale si era accorto di diversi ammanchi di cassa, stimati per oltre 10.000 euro, registrati nel corso di diversi mesi.

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Avrebbe rubato dalla cassa del supermercato di Santa Venerina nel quale lavora. A scoprirlo i carabinieri. Il modus operandi del 48enne incensurato era stato studiato in maniera certosina: approfittando della sua mansione avrebbe effettuato operazioni di storno e annullamento degli scontrini fiscali, intascando il denaro contante che qualche ignaro cliente del punto vendita aveva regolarmente pagato alla cassa.

L’indagine è scaturita dalla denuncia presentata dal legale rappresentante della società che gestisce il punto vendita, il quale si era accorto di diversi ammanchi di cassa, stimati per oltre 10.000 euro, registrati nel corso di diversi mesi.

Avviata l’attività investigativa, i carabinieri hanno predisposto mirati monitoraggi del punto vendita mediante le telecamere di sorveglianza interne, oltre a servizi di osservazione e controllo per individuare presso quale registratore di cassa avvenissero gli ammanchi.

E proprio in uno di questi controlli, i militari hanno beccato l’uomo in flagranza di reato mentre, dopo aver passato regolarmente i prodotti alla cassa, avrebbe distratto i clienti con vari stratagemmi per non emettere lo scontrino, il cui valore sarebbe stato successivamente stornato e incassato. Ma non solo, nella stessa giornata i carabinieri hanno appurato che l’uomo avrebbe utilizzato anche un secondo “metodo” per intascare la somma di denaro, annullando direttamente gli scontrini fiscali appena emessi e appropriandosi della somma corrispondente.

In un solo turno di lavoro, il 48enne sarebbe riuscito ad appropriarsi di ben 673,85 euro in contanti, che aveva nascosto in tasca. Alla fine del turno i carabinieri lo hanno fermato e perquisito recuperando appunto quasi 700 euro.

La perquisizione è stata poi estesa anche all’abitazione dell’impiegato, dove i militari dell’Arma hanno recuperato altri 3.000,00 euro, che erano stati nascosti in un comodino e per i quali non ha saputo giustificare la provenienza. Tutto il denaro trovato è stato ovviamente sequestrato ed il 48enne arrestato con l’accusa di furto aggravato.

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