Con il blitz denominato “Leonidi”, scattato lunedì scorso, i carabinieri del comando provinciale etneo hanno fermato nella provincia di Catania e in quella di Agrigento, 9 soggetti, alcuni dei quali legati anche da vincoli di parentela ad esponenti di vertice della famiglia “Santapaola-Ercolano”, poiché accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, detenzione e porto illegale d’arma da fuoco, con l’aggravante di aver commesso il fatto con la finalità di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa di appartenenza. Tra gli arrestati figura il boss paternese Turi Assinnata considerato dalla Procura etnea il reggente dell’omonimo clan. I carabinieri, in sostanza, hanno sventato l’assassinio dell’esponente di un clan rivale.
Tra i destinatari del provvedimento anche Sebastiano Ercolano, 20 anni, appartenente alla storica famiglia ‘Santapaola Ercolano”, che sarebbe stato uno degli ideatori e organizzatori dell’omicidio bloccato dai militari dell’Arma. Il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti gli indagati. I fermati sono Salvatore Assinnata, nato a Catania il 15.09.1972; Giuseppe Cultraro, nato a Catania il 7.4.1980; Sebastiano Ercolano, nato a Catania il 10.4.2003; Davide Enrico Finocchiaro, nato a Catania il 7.11.1985; Salvatore Finocchiaro nato a Catania il 10.3.1975; Salvatore Pietro Gagliano, nato a Catania il 3.8.1997; Salvatore Poidomani, nato a Catania il 16.8.1971; Antonino Razza, nato a Catania il 4.3.1988; Samuele Romeo, nato a Paternò il 14.3.1999. Dalle indagini è emerso che il delitto era la ‘risposta’ alla sparatoria della sera del 21 ottobre 2023 nel quartiere San Cristoforo, quando Pietro Salvatore Gagliano, 26 anni, indicato come appartenente al clan Cappello-Bonaccorsi, avrebbe esploso quattro colpi di arma da fuoco contro appartenenti alla famiglia di “Cosa Nostra”. Due degli obiettivi, rimasti illesi, avrebbero deciso di vendicarsi, nonostante indicazioni di segno contrario provenienti da altri esponenti della stessa cosca.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Sebastiano Ercolano, “per lavare l’onta subita e riaffermare la ‘credibilità’ della famiglia di Cosa Nostra etnea”, avrebbe “ideato e organizzato” l’omicidio effettuando anche “un sopralluogo nel luogo dove si nascondeva Gagliano” per “valutare in prima persona il miglior modus operandi che avrebbe garantito agli esecutori materiali” di poterlo “uccidere, fuggire, eliminare tracce di residui di arma da sparo e quindi recarsi in un locale notturno in modo da precostituirsi un alibi”. Al centro dell’inchiesta coordinata dalla Procura Distrettuale le indagini, con intercettazioni, condotte dai Carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania e avviate nel maggio dello scorso anno. Durante il periodo delle investigazioni i militari dell’Arma hanno sequestrato armi, munizioni e sei chilogrammi di marijuana e un chilogrammo di cocaina.