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giudiziaria

Catania, condannata in appello per omicidio la donna che accoltellò la vicina di casa

In primo grado il Gup aveva condannata Georgeta Colesnicenco, ex modella 50enne romena che ferì mortalmente la colombiana Sandra Garcia Rios durante lite condominiale, a due anni di reclusione per eccesso colposo di legittima difesa

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foto Web- Livesicilia

La Corte d’assise d’appello di Catania, riformando la sentenza di primo grado, emessa col rito abbreviato, ha condannato a nove anni e quattro mesi di reclusione Georgeta Colesnicenco, l’ex modella 50enne romena accusata dell’omicidio della colombiana Sandra Garcia Rios, 42 anni, ferita mortalmente con una coltellata all’addome il 3 febbraio 2021 durante una lite condominiale.  Sul delitto aveva indagato la squadra mobile della Questura.

Nella determinazione della condanna la Corte ha tenuto conto del rito alternativo e della semi infermità mentale riconosciuta all’imputata. Il sostituto Pg Andrea Ursino aveva chiesto la sua condanna a otto anni, escludendo l’ipotesi della legittima difesa teorizzata dalla difesa. In primo grado, il 22 giugno del 2023, il Gup l’aveva condannata due anni di reclusione, che erano stati già quasi tutti scontati, perché il giudice aveva riqualificato il reato contestato da omicidio a eccesso colposo di legittima difesa. Il suo legale, l’avvocato Pietro Ivan Maravigna, ha annunciato ricorso in Cassazione. La Corte ha riconosciuto una provvisionale per le parti civili costituite, il fratello, il figlio e il marito della vittima, assistiti dagli avvocati Daniele Cugno, Dario Mori e Moreno Perez.

“Da avvocato – ha commentato il difensore dell’imputata, il penalista Pietro Ivan Maravigna – ho davvero poco da dire su questa sentenza che obiettivamente, visto l’andamento processuale e le stesse richieste della Pubblica accusa, mi sorprende davvero tanto atteso che persino il Pg aveva chiesto riconoscersi l’attenuante dello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui, nello specifico il selvaggio pestaggio subito dalla signora Colesnicenco. Mi pronuncerò sulla sentenza quindi solo a lettura integrale delle motivazioni. Scontato, neppure a dirsi, il ricorso in Cassazione. Da semplice cittadino penso che questa sentenza mandi un bruttissimo segnale alla collettività: se qualcuno si introduce con la forza a casa vostra, non vi passi per la testa di reagire, qualunque siano le sue intenzioni, piuttosto chiedetegli se gradisce un caffè o una birra. Nei Paesi di diritto – conclude Maravigna – ma direi più appropriatamente di civiltà anglosassone, dove il domicilio, le mura domestiche sono sacri un processo del genere non avrebbe mai visto la luce”.

giudiziaria

Catania, arrestato Orazio Buda, deve scontare 10 anni di carcere

E’ arrivata la sentenza definitiva per colui che viene considerato dalla Procura un esponente del clan “Cappello-Carateddi”. E’ stato condannato dalla Corte d’Appello etnea per associazione a delinquere di stampo mafioso

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I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un “ordine di carcerazione” a seguito di sentenza definitiva di condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, emessa dalla Corte d’Appello etnea nei confronti di Orazio Buda, esponente del clan “Cappello-Carateddi”.

Buda era rimasto coinvolto nell’inchiesta “Sipario” condotta dalla Guardia di Finanza. Nell’indagine l’attenzione dei finanzieri si era incentrata su Orazio Buda, legato al gruppo di Orazio Privitera, esponente di vertice del clan “Cappello-Carateddi”, il quale “avrebbe sistematicamente provveduto a reimpiegare il denaro ricavato dalle condotte delittuose- scrivono dal comando provinciale della Guardia di Finanza- in attività commerciali affermate sul territorio e fittiziamente intestate a soggetti terzi (c.d. “prestanome” o “teste di legno”) al fine di schermarne la reale riconducibilità sia alla sua persona che al clan mafioso”.

Le indagini avrebbero consentito di individuare “numerosi atti estorsivi di Buda a danno di privati cittadini, imprenditori catanesi operanti nei settori dei trasporti e nei confronti di un noto e premiato pittore siciliano, dal quale avrebbe preteso e ottenuto l’elargizione di opere da destinare, in parte, a pubblici funzionari al fine di tessere rapporti relazionali utili per perseguire le finalità illecite del sodalizio criminale e, in parte, ad arredare alcuni esercizi commerciali al medesimo riconducibili”.

I finanzieri hanno proceduto nel 2021 all’esecuzione di un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Catania nei confronti di 22 soggetti, indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione, falso in atto pubblico, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione elettorale, intralcio alla giustizia aggravato dal metodo mafioso.

Nella stessa indagine è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio di tre società aventi sede a Catania, operanti nella gestione di noti bar e ristoranti nel centro del capoluogo etneo, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. A

seguito di quell’indagini si è aperto il processo che ha recentemente portato alla condanna definitiva in secondo grado di Orazio Buda a 10 anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai Pubblici Uffici e alla successiva misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di 3 anni.  Buda è stata prelevato dai finanzieri dal suo domicilio, sito nel quartiere etneo di Librino dove già scontava gli arresti domiciliari, per condurlo presso il carcere di “alta sicurezza” Catania-Bicocca.

 

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Cronaca

Catania, arrestati 5 uomini legati al clan Cappello- Bonaccorsi, condannati a pene residue

Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42. Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile

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A Catania la Polizia di stato ha  arrestato cinque persone condannate a pene residue comprese tra e otto e dodici anni di reclusione per vari titoli di reato: associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e detenzione abusiva di armi con l’aggravante di aver commesso i fatti agevolare l’operatività del clan Cappello-Bonaccorsi. Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42.

Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile della Questura di Catania e dallo Sco della polizia. Nei loro confronti sono stati eseguiti cinque ordini di carcerazione emessi dalla Procura generale etnea.

Nel blitz furono fermate nove persone ritenute appartenenti al clan Cappello -Bonaccorsi e altre quattro furono arrestate in flagranza perché detenevano numerose armi e diversi quantitativi di stupefacenti per conto della cosca. Durante delle perquisizioni, eseguite nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, all’epoca roccaforti di quel gruppo mafioso, fu infatti trovato e sequestrato un arsenale, con fucili d’assalto e di precisione, pistole, innumerevoli munizioni e giubbotti antiproiettile.

L’operazione permise, inoltre, di sequestrare oltre 22 chilogrammi di marijuana essiccata e oltre 70 piante e all’attrezzatura necessaria alla coltivazione della droga e al confezionamento di ‘dosi’. In quell’occasione furono anche sequestrati circa 250 mila euro, ritenuti provento di attività criminali.

 

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