Connect with us

Cronaca

Catania, operazione antimafia “Leonidi bis”, sgominato gruppo santapaoliano

Attivo nel rione “Villaggio Sant’Agata” risultano indagate 13 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso e traffico di stupefacenti, soprattutto di cocaina

Pubblicato

il

Con l’operazione antimafia “Leonidi bis”, scattata all’alba di oggi, oltre 100 carabinieri del comando provinciale di Catania, hanno eseguito nelle province di Catania e Agrigento, un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 13 indagati, accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso e traffico di stupefacenti, soprattutto di cocaina.

L’indagine, coordinata dalla D.D.A. di Catania e condotta dai militari del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania, ha consentito di sgominare il gruppo del clan “Santapaola Ercolano” attivo nel quartiere “Villaggio Sant’Agata”, proprio nel momento in cui stava tentando di riorganizzarsi, poiché indebolita da diversi provvedimenti giudiziari.  Emblematico, al riguardo, il conflitto generazionale tra la “vecchia mafia” dei “grandi”, capace di dirigere il gruppo criminale nonostante in carcere da svariati anni, e la “mafia giovane”, irruente e avvezza alla esibizione di status symbol sui social e alla vita gaudente.

Proprio tale spregiudicatezza sarebbe potuta sfociare in un grave fatto di sangue, impedito grazie all’immediato intervento della magistratura etnea e dei carabinieri di Catania, che lo scorso dicembre hanno bloccato l’ala armata del sodalizio, fermando 9 soggetti, che stavano progettando l’omicidio di un esponente dell’avverso clan “Cappello – Bonaccorsi”.  Nel corso delle indagini, durata circa 1 anno e mezzo, i carabinieri hanno sequestrato 5 fucili da caccia, di cui 3 “a canne mozze”, 1 mitragliatrice cecoslovacca, 2 pistole e oltre 350 munizioni di vaio calibro, nonché 1 kg di cocaina, 6 kg di hashish, un giubbotto anti proiettili e un lampeggiante blu per auto.

I dettagli dell’operazione sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa , questa mattina, da parte dei vertici dei carabinieri del comando provinciale di Catania

I vertici dell’Arma hanno specificato che  diversi capi storici della ‘famiglia’ catanese di Cosa nostra avrebbero dato ordini dal carcere, in cui erano detenuti, in varie parti d’Italia, continuando “ininterrottamente a esercitare la loro attività di indirizzo e controllo delle dinamiche criminali comunicando con i sodali liberi attraverso dispositivi telefonici che si erano procurati illecitamente e che detenevano negli istituti penitenziari”.

Tra i boss che entrano nell’inchiesta c’è Salvatore Battaglia, storico responsabile del gruppo del Villaggio Sant’Agata, assieme al fratello Santo, e protagonista di una intensa stagione di sangue negli anni ’90, già condannato in via definitiva per mafia e omicidio, che, secondo l’accusa, “sarebbe risultato essere punto di riferimento attuale per il sodalizio criminale, capace di fornire indicazioni ai sodali circa la gestione delle dinamiche associative, a dispetto del suo status di detenuto”.

Battaglia avrebbe ricevuto numerose informazioni durante la detenzione dagli affiliati “in modo da essere sempre aggiornato sulle dinamiche in corso e da impartire direttive su incontri da svolgere con affiliati o soggetti di interesse sulla gestione dei proventi delle attività illecite di pertinenza del gruppo del Villaggio Sant’Agata e sui comportamenti, anche violenti, da tenere alcune situazioni”.

Altra “figura di interesse”, emersa dalle indagini dei carabinieri, secondo la Dda di Catania, sarebbe Salvatore Gurrieri, esponente della “vecchia generazione” di affiliati: detenuto in un istituto penitenziario del Nord Italia, assieme ad altri affiliati, compreso uno dei vertici della cosca, avrebbe avuto la “possibilità di ricevere e veicolare direttamente le informazioni tra i sodali liberi e i soggetti con esso detenuti e pretendere erogazioni di denaro”.

Cronaca

Catania, ubriaco con passamontagna e coltello minaccia cassiere di un bar, arrestato

Si tratta di un 35enne originario dell’Algeria, già noto alle forze dell’ordine per precedenti contro il patrimonio. Ad allertare le forze dell’ordine un passante

Pubblicato

il

Si è introdotto in un bar con il volto coperto da un passamontagna e con un coltello in mano per minacciare i dipendenti nel tentativo di farsi consegnare l’incasso. A sventare la tentata rapina, poco dopo la mezzanotte, in un’attività commerciale di via VI Aprile sono stati gli agenti della Polizia di Stato, intervenuti su segnalazione di un passante.

L’uomo, un 35enne originario dell’Algeria, già noto alle forze dell’ordine per i numerosi precedenti per reati contro il patrimonio, era visibilmente ubriaco, ma ciò non gli ha impedito di minacciare il banconista, puntandogli contro un coltello. In quell’istante un uomo che stava passando davanti al bar ha visto tutta la scena e ha immediatamente chiesto l’intervento della Polizia.

In pochi istanti, la Sala Operativa della Questura ha diramato la segnalazione alla volante di zona. Non appena il 35enne ha sentito le sirene della volante è uscito dal bar per fuggire verso piazza Martiri della Libertà, riuscendo a disfarsi del coltello.

I poliziotti l’hanno rincorso senza mai perderlo di vista fino a quando l’hanno definitivamente bloccato, mettendo fine alla sua fuga durata soltanto una manciata di minuti.

Grazie alla visione delle immagini del sistema di videosorveglianza del bar, i poliziotti hanno ricostruito la dinamica dei fatti, identificando con assoluta certezza il 35enne algerino che è stato denunciato dal banconista, perquisito e trovato in possesso del passamontagna utilizzato nel bar.

L’uomo è stato arrestato per tentata rapina aggravata ed è stato condotto in carcere in attesa del giudizio di convalida davanti al Gip.

Continua a leggere

Cronaca

Catania, controllata una stalla “non idonea” nel rione San Cristoforo, denunciato 49enne

Il garage dove si trovava un cavallo non era idoneo a garantire il benessere dell’animale. Nei confronti dell’uomo è scattata una denuncia nonché delle sanzioni. L’equino è stato sequestrato

Pubblicato

il

La Polizia di Stato di Catania, assieme ai medici del Dipartimento di prevenzione veterinaria-Servizio di sanità veterinaria dell’Asp, hanno controllato una stalla situata nel quartiere San Cristoforo, dove era stata segnalata la possibile presenza di animali a causa del forte odore di letame sprigionato.

Dopo aver rintracciato il titolare, i poliziotti e i veterinari hanno fatto accesso all’interno della stalla per compiere tutti gli accertamenti del caso. Dalle verifiche compiute nell’immediatezza dai medici veterinari dell’ASP è stato possibile riscontrare che, nonostante il cavallo fosse in ottima salute, munito di microchip e di passaporto, il garage adibito a ricovero per l’equide era privo del codice aziendale e dei requisiti necessari per ottenerlo e comunque non era idoneo a garantire il benessere dell’animale.

Per tale ragione, l’uomo, un 49enne di Catania è stato denunciato per malgoverno di animali e nei suoi confronti sono state elevate sanzioni per un ammontare di oltre 4.500 euro. Il cavallo è stato sequestrato ed affidato ad un’azienda specializzata.

L’attività della Polizia di Stato e del Servizio veterinari dell’ASP si inserisce in un più ampio e costante monitoraggio effettuato dalla Questura di Catania relativamente al fenomeno delle stalle abusive che ha consentito, anche quest’anno, l’efficace tutela della salute e della vita di diversi cavalli, il sequestro di stalle abusive, nonché un’incisiva azione di prevenzione della macellazione abusiva e delle corse clandestine.

Continua a leggere

Trending