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giudiziaria

Catania, processo “Università Bandita” fermo per questione legittimità costituzionale

La problematica è stata sollevata dalla Procura sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, congelando cosi i termini per la prescrizione e disposto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale

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Il processo “Università bandita” in corso a Catania su presunti concorsi truccati nell’ateneo, al momento “segna il passo”.  La seconda sezione penale del Tribunale esprimendosi sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Procura sull’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale, vale a dire il reato di abuso d’ufficio, ha “congelato” i termini per la prescrizione e disposto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per tutti gli imputati e per tutti i capi di imputazione perché tra loro potenzialmente interconnessi. A processo ci sono 51 imputati per cui la Procura ha chiesto 39 condanne e 12 assoluzioni.

Decine i capi d’imputazione che riguardano, a vario titolo, corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. L’inchiesta da cui è scaturito il processo è quella condotta dalla Digos della Questura e coordinata dalla Procura etnea. Quando scattò, nel 2019, portò alle dimissioni dell’allora rettore Francesco Basile e la programmazione di nuove elezioni universitarie. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni sarebbero stati predisposti a tavolino una serie di bandi e di assegnazioni di cattedre. E in questa indagine sono finiti anche l’ex rettore Giacomo Pignataro e diversi ex direttori di dipartimento.

 

giudiziaria

Catania, omicidio Filippo Raciti, la Cassazione annulla risarcimento di Speziale allo Stato

La Suprema Corte, riconoscendo un difetto di motivazione, ha accolto la richiesta presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera e ha cassato la decisione di secondo grado rinviando a un nuovo collegio

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La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’appello di Catania, emessa l’8 giugno del 2023, che aveva condannato a 100 mila euro di risarcimento per danni d’immagine, in favore del ministero dell’Interno e della Presidenza del consiglio dei ministri, Antonino Filippo Speziale, condannato a otto anni di reclusione per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, il 2 febbraio del 2007, negli scontri con gli ultra etnei fuori dallo stadio Massimino dove si disputava il derby col Palermo.

La Suprema Corte, riconoscendo un difetto di motivazione, ha accolto la richiesta presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera e ha cassato la decisione di secondo grado rinviando a un nuovo collegio. Contro la decisione della Corte d’appello di Catania aveva presentato ricorso, che è stato rigettato dalla Cassazione, anche l’avvocatura dello Stato che aveva chiesto il ripristino del danno patrimoniale stimato in primo grado in 15 milioni di euro, in concorso con Daniele Natale Micale, anche lui condannato per la morte di Raciti, che era stato cassato in secondo grado.

Secondo la Cassazione “non è sufficiente la mera divulgazione delle immagini di un evento lesivo (riferendosi agli scontri degli ultras con le forze dell’ordine), ma è necessario dimostrare che da tale condotta sia derivato un effettivo pregiudizio all’immagine, intesa come reputazione” e ha sottolineato che “non è affatto detto che la visione di tali immagini abbia comportato discredito o una idea negativa dello Stato italiano e della sua capacità di reprimere le violenze”.

Il legale di Speziale l’avvocato Giuseppe Lipera ha affermato che la sentenza della Cassazione “segna un importante punto a favore di Antonino Speziale, annullando la condanna al risarcimento del danno all’immagine per le amministrazioni pubbliche e rinviando la questione alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione anche per le spese del giudizio”.

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Cronaca

Biancavilla, condanne con l’ordinario per 5 persone coinvolte nell’inchiesta “Città Blindata”

Gli imputati sono stati condannati anche a risarcire il danno al comune di Biancavilla che si è costituito parte civile. Il valore del risarcimento dovrà essere calcolato dal giudice civile

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Arrivano le condanne col rito ordinario, dopo quelle inflitte con l’abbreviato, per cinque persone indagate nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Città Blindata”, messa in atto nel febbraio del 2019 dalle forze dell’ordine e che portò all’arresto di 16 persone, infliggendo un duro colpo al clan “Toscano- Mazzaglia- Tomasello” attivo sul territorio di Biancavilla.

A darne notizia il sito “LaSicilia.it”. Tra i condannati c’è Fabio Amoroso, il figlio di Pippo “l’avvocato”, che invece ha affrontato il rito abbreviato del procedimento penale. Le condanne con l’ordinario sono state inflitte dal collegio presieduto da Grazia Anna Caserta: Fabio Amoroso condannato a 15 anni e 6 mesi; Marco Battaglia 11 anni e 50.000 euro di multa, Giovanni Carciotto 17 anni e 3 mesi, Massimo Merlo 13 anni e 3 mesi, Placido Ricceri 15 anni e 3 mesi. Carciotto è stato assolto dal reato di associazione mafiosa.

Gli imputati, si legge nel sito “LaSicilia.it”, sono stati condannati anche a risarcire il danno al comune di Biancavilla che si è costituito parte civile. Il valore del risarcimento dovrà essere calcolato dal giudice civile. Il Tribunale ha interdetto dai pubblici uffici i cinque condannati. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. Solo dopo gli avvocati difensori decideranno se ricorrere in appello.

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