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Cultura

Catania, saranno rimosse le 700 foto del “Cantico di Librino” voluto dal mecenate Antonio Presti

Lunedì 7 ottobre inizia quindi la disinstallazione dell’opera d’arte e le foto verranno smontate e regalate ai soggetti ritratti che ne faranno richiesta

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A Catania inizia la disinstallazione delle foto del “Cantico di Librino” l’opera voluta dal mecenate Antonio Presti. Le 700 foto, ritraenti tantissimi librinesi – site nello stesso cavalcavia che dal 2009 ospita la Porta della Bellezza – verranno sostituite con alcuni scatti della fotografa americana Lynn Johnson: un progetto che vuole eternizzare la quotidianità delle famiglie di Librino entrando nei loro ambienti, come i soggiorni, le cucine e le camere da letto. Insomma, i ritratti del “Cantico” allargano il proprio campo, rappresentando anche gli spazi vissuti dai cittadini del quartiere.

Concluso nel 2019, “Il Cantico di Librino” era un gigantesco murale contenente 700 ritratti. Foto di donne, uomini, bambini ed anziani, tutti provenienti da quel quartiere su cui Antonio Presti opera da più di trent’anni. Le foto erano poste in uno degli ingressi di Librino, accogliendo abitanti e visitatori in questo percorso di visi e sorrisi, legati da quelle parole che hanno dato inizio alla letteratura italiana: “Il Cantico delle Creature” di San Francesco.

Secondo l’idea di Presti, infatti, i volti dei librinesi erano le note di un inno alla natura ed alla bellezza, e creavano un percorso fisico, ma anche artistico e spirituale, in cui era possibile perdersi per rinascere più luminosi. Il racconto di una vita che iniziava con gli sguardi dei più piccoli, procedendo via via per i visi degli adulti e le rughe degli anziani, fino alla “Sorella Morte” che chiudeva la prima fase del murale per ricominciare ancora, un altro ciclo, un altro percorso, un’altra danza. Come aveva dichiarato il mecenate prima dell’installazione dell’opera: “Il cittadino di Librino, incontrando ogni giorno un’immagine familiare accompagnata da una parola del Cantico, anche solo per un istante, si ricongiungerà a un suo Valore Universale. La mente, dopo essersi disconnessa dal suo ordinario quotidiano, si ricongiunge all’improvviso con il suo Sublime. Sarà quell’attimo di Eternità dal quale non si torna indietro uguali a prima. Sarà come entrare in una lavatrice spirituale e ricevere una sorta di battesimo di luce”.

Per realizzare gli scatti, Presti si è rivolto a diversi fotografi siciliani: Arianna Arcara, Luigi Auteri, Valentina Brancaforte, Cristina Faramo, Claudio Majorana, Alessio Mamo, Orazio Ortolani, Maria Sipala, coordinati dal fotoreporter catanese Antonio Parrinello. Lunedì inizia quindi la disinstallazione dell’opera d’arte: le foto verranno smontate e regalate ai soggetti ritratti che ne faranno richiesta, portando il loro valore artistico e spirituale nelle case dei librinesi: “È bello pensare ad un’opera d’arte che si smonta e che si distribuisce nelle case delle gente: il Cantico così continuerà a vivere”. Da Lunedì 7 Ottobre, dalle 9:00 alle 17:00, i soggetti ritratti potranno recarsi presso “Il Cantico di Librino” a richiedere la loro fotografia.

 

Cultura

Ragalna, “La famiglia Chiara: Artisti per Vocazione”, il libro di Alfio Cartalemi

Torna con un nuovo lavoro dedicato al maestro di violino Rosario Chiara, in una lunga e appassionata intervista che diventa testimonianza di memoria viva

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A Ragalna nel 40° anniversario dell’Autonomia e con il Patrocinio del comune, si terrà  domani pomeriggio alle ore 19:15, presso il Palmento Arena, la presentazione del libro “La famiglia Chiara:  Artisti per Vocazione”, a cura del giornalista Alfio Cartalemi.

Dopo il volume destinato a Michelangelo Virgillito, pubblicato lo scorso anno, Cartalemi torna con un nuovo lavoro dedicato al maestro di violino Rosario Chiara, in una lunga e appassionata intervista che diventa testimonianza di memoria viva.

ALFIO CARTALEMI, L’AUTORE DEL LIBRO

Il giornalista, da anni impegnato nel recupero della memoria storica e culturale del territorio etneo, ci offre stavolta un ritratto autentico di una famiglia di musicisti, attraverso il racconto lucido e appassionato di Rosario Chiara, oggi ultranovantenne, ma ancora attivo e partecipe. Il maestro racconta la storia sua, del padre, del fratello e del loro profondo legame con la musica e con istituzioni prestigiose come il Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania e il Liceo Musicale, oggi Conservatorio.

Serata presentata dalla giornalista Mary Sottile. Interverranno alla presentazione del libro Giuseppe Pappalardo, poeta scrittore, che ha curato la prefazione del volume; Norma Viscusi, poetessa e musicologa, amica del maestro Chiara; Giuseppe Montemagno, dottore di ricerca in Studi sul patrimonio culturale, docente di discipline storico-musicali e teatrali presso il Conservatorio “V. Bellini” di Catania, che relazionerà sul valore dell’opera.

La serata si concluderà con un momento musicale di grande suggestione: i violinisti Antonio Magrì e Angelo Di Guardo, ex alunni del maestro Chiara e oggi celebri artisti come “Violinisti in jeans”, ambasciatori della Sicilia nel mondo, renderanno omaggio al loro maestro con un’esibizione dal vivo. Un’occasione speciale per riscoprire la memoria collettiva attraverso l’arte e la musica, immersi nella bellezza e nella frescura di Ragalna.

 

 

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Cultura

Catania, Iulia torna a casa: la lapide che scuote la storia dell’Etna

Un’antica epigrafe cristiana riscrive la memoria di Catania e Hybla

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A Catania il ritorno di un’antichissima epigrafe cristiana. Ma dietro la tenerezza della bambina di Hybla si cela un messaggio potente: il passato non è muto. Bisogna saperlo ascoltare.

Il 17 luglio 2025, alle ore 18:00, il Museo Diocesano di Catania apre le sue porte a un evento che non è solo culturale, ma anche simbolico. Arriva finalmente a casa, dopo due secoli d’esilio a Parigi, la lapide di Iulia Florentina, una bambina morta a soli diciotto mesi e sepolta “davanti alle porte dei martiri”. È il cuore pulsante della mostra “Revelare. AGATA | rivive | IVLIA”, che sarà visitabile fino al 6 marzo 2026.

Ma dietro quel marmo freddo e silenzioso si nasconde una storia potentissima. Perché Iulia non era di Catania. Era nata a Hybla, un nome antico che riecheggia nelle fonti classiche e che oggi possiamo riconoscere con sicurezza in Paternò, sul versante sud-ovest dell’Etna.

E qui comincia il terremoto storiografico.

 

Un’epigrafe cristiana che riaccende la memoria di una città pagana

L’iscrizione di Iulia è, a oggi, la più antica testimonianza cristiana certa dell’area catanese. Fu scoperta nel 1730 a Catania, in una campagna appartenente a Ignazio Rizzari. Eppure, è molto di più di un reperto funebre: è un documento che fa luce su una fase poco conosciuta della Sicilia tardoantica, quando il cristianesimo stava conquistando gli spazi pubblici, le necropoli, i nomi, gli animi.

Iulia nata a Hybla”: cinque parole incise che sfondano il muro del tempo. Perché Hybla – o meglio Hybla Major – è l’antico nome di Paternò. Una città che oggi vive troppo spesso dimenticata nel presente, ma che ha radici millenarie, forti, profonde. Tuttavia, attenzione: non confondiamo la cristianità della lapide con le origini di Hybla.

La città in cui nacque Iulia era antichissima, e pagana. Qui, in tempi remoti, si venerava Venere. Il culto della dea — tra i più diffusi nel Mediterraneo precristiano — è testimoniato da reperti votivi e statuette, oggi conservati in musei siciliani e internazionali. Hybla fu luogo sacro ben prima che i Vangeli vi mettessero radici. La lapide di Iulia non cancella questa storia: la completa.

 

La bambina, i martiri e l’Etna: quando la pietra parla

La frase incisa sulla lapide – “davanti alle porte dei martiri” – è un capolavoro di sintesi teologica e topografica. Significa che a Catania, nel IV-V secolo, esistevano già luoghi di culto legati ai martiri, come Sant’Agata e Sant’Euplio. Non c’è nulla di retorico qui: questa è una prova concreta. Uno squarcio reale sulla vita religiosa dell’Etna in epoca tardoimperiale.

La piccola Iulia fu sepolta accanto a chi aveva dato la vita per la fede. Questo ci dice che la sua famiglia era cristiana, probabilmente convertita da poco. E che la fede, in quel tempo di confini mobili tra paganesimo e cristianesimo, non era ancora una tradizione, ma una scelta. Spesso una sfida.

 

Il ritorno: un segnale per il presente

Il ritorno della lapide è stato reso possibile grazie all’impegno congiunto dell’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, della prof.ssa Cristina Soraci, docente di Storia romana all’Università di Catania, della dott.ssa Grazia Spampinato, direttrice del Museo Diocesano, e di Mons. Antonino La Manna, vicario episcopale per la Cultura. Al loro fianco, l’Archeoclub d’Italia – sede di Ibla Major, e i Kiwanis Club di Paternò e Catania Est, da anni protagonisti nella riscoperta del patrimonio identitario etneo.

La mostra “Revelare” nasce proprio da questo sforzo collettivo ed è molto più di una semplice esposizione: è una sfida alla narrazione ufficiale. Perché la storia non è mai lineare, ma fatta di fratture, crolli e rinascite. “Revelare” ci scuote, ci spinge a guardare oltre, a far emergere ciò che la storia ha spesso nascosto o ignorato.

 

Perché Iulia ci riguarda?

Perché ci ricorda che i luoghi hanno una memoria. E che questa memoria può essere perduta, o negata, o deportata. Come accadde alla lapide, finita nei magazzini del Louvre nel 1825 e dimenticata per 200 anni. Ma ogni tanto – se abbiamo occhi per vedere e coraggio per riconoscere – la storia torna. Chiede ascolto. Chiede rispetto. Chiede che la verità, finalmente, venga rivelata.

Revelare, appunto…

 

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