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Cultura

Catania, Un viaggio immersivo nell’arte di Van Gogh

Alla scoperta di un’esperienza sensoriale che trasforma il visitatore in protagonista dell’opera

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Catania ospita una mostra straordinaria che trasforma il concetto tradizionale di esposizione artistica, trasformando il visitatore da semplice spettatore a parte attiva dell’opera d’arte. Nella Chiesa della Santissima Trinità, un gioiello barocco ricco di storia e trasformazioni urbane, prende vita un percorso immersivo dedicato a Vincent Van Gogh. Un’esperienza che va oltre la semplice contemplazione, coinvolgendo tutti i sensi e tutte le età.

La cornice storica della Chiesa della Santissima Trinità

Prima di immergersi nel cuore della mostra, è impossibile non apprezzare la straordinaria sede che la ospita. La Chiesa della Santissima Trinità di Catania è un luogo carico di storia e bellezza, simbolo di arte e cambiamenti urbanistici. Nel corso dei secoli, i lavori di riqualificazione della città hanno portato all’abbassamento delle strade circostanti, rendendo necessaria l’aggiunta di una scalinata per accedere alla chiesa. Questo cambiamento ha trasformato anche l’ingresso secondario in una nicchia espositiva, integrandolo perfettamente nella nuova funzione culturale del luogo.

All’interno, si conserva un prezioso organo del XVIII secolo, con i tasti bianchi ancora originali, ulteriore testimonianza del valore storico e artistico dell’edificio. Ed è proprio in questo contesto che prende vita la mostra dedicata a Van Gogh, un’installazione che va oltre la mera esposizione di opere per offrire un’esperienza sensoriale unica, rara nel panorama artistico siciliano.

Nel mondo di Van Gogh

 

La mostra inizia con un impatto visivo ed emozionale straordinario. Nella prima sala, il visitatore è accolto da un allestimento rettangolare, dove le pareti sono completamente ricoperte da schermi. Le proiezioni si sviluppano su tutti i lati, creando un ambiente a 360° che avvolge lo spettatore. Qui l’arte non è solo da guardare, ma da vivere: le immagini si muovono, si trasformano, i colori esplodono nello spazio, mentre una colonna sonora di musica classica amplifica l’esperienza sensoriale.

Ma non finisce qui. Il percorso non si limita a mostrare le opere di Van Gogh: le immagini sono accompagnate dalle sue parole, dalle frasi che l’artista scrisse, dai pensieri che lo guidarono nel suo tormentato cammino. Sullo schermo prendono vita anche i paesaggi che Van Gogh ha amato e vissuto, in un sofisticato mix di immagini e suggestioni che catturano l’attenzione del pubblico. Il ciclo di proiezione, della durata di 40 minuti, scorre senza interruzioni, permettendo a chi guarda di perdersi nel flusso della creatività di Van Gogh, senza barriere, senza limiti.

La realtà virtuale: camminare nei paesaggi di Van Gogh

Ma l’immersione non finisce qui. La seconda sala porta il visitatore a vivere l’arte in modo ancora più intimo e coinvolgente. Seduti su comode poltrone, dotati di visori 3D e cuffie, ci si ritrova catapultati nel mondo di Van Gogh.

Non si è più semplici osservatori, ma veri protagonisti. Si cammina ad Arles, nei luoghi che l’artista ha vissuto e dipinto. Un’esperienza difficile da spiegare a parole: attraverso la realtà virtuale, si cammina tra le strade della città, si osservano gli stessi scenari che Van Gogh ha visto, e si assiste al processo magico con cui la realtà si trasforma in arte. I suoi quadri non sono più solo immagini fisse, ma si costruiscono davanti agli occhi del visitatore, emergendo direttamente dal paesaggio.

Questa esperienza, così immersiva e profonda, permette di comprendere l’animo di Van Gogh come mai prima. Non si tratta solo di vedere i suoi colori, ma di percepire il suo mondo, la sua sensibilità, la sua capacità di trasformare un paesaggio semplice in un’esplosione di emozioni. Si entra nella sua mente, si sente ciò che lui sentiva, si vive la sua visione.

La stanza di Van Gogh: uno sguardo ravvicinato

Dopo l’intensità della realtà virtuale, il percorso continua attraverso un corridoio che espone le opere di Van Gogh. Ma il viaggio non si conclude qui.

Un elemento fondamentale dell’allestimento è la riproduzione della celebre camera di Van Gogh ad Arles. Per ragioni di spazio, la ricostruzione è stata adattata, ma la sua forza evocativa rimane intatta. Il letto, la finestra, i mobili sono tutti lì, in uno spazio raccolto che amplifica la sensazione di intimità.

Chi osserva non può entrare fisicamente nella stanza, ma con uno sguardo riesce a cogliere ogni dettaglio. Paradossalmente, questa vicinanza forzata tra gli elementi non fa che accrescere la sensazione di trovarsi realmente lì, in quella piccola camera dipinta con colori vivi e intensi. Si crea un senso di inclusione: il visitatore non è solo un estraneo che guarda dall’esterno, ma diventa parte di quel mondo, anche solo per un attimo.

Il laboratorio artistico: creare per comprendere

La parte più significativa della mostra arriva con il laboratorio artistico. In una piccola sala della Chiesa della Santissima Trinità, si apre uno spazio dedicato alla creatività e alla partecipazione attiva.

Pensato inizialmente per i bambini, il laboratorio ha coinvolto presto anche gli adulti, dimostrando quanto l’arte possa essere un linguaggio universale. Ai visitatori vengono consegnate riproduzioni in bianco e nero delle opere di Van Gogh, insieme a matite colorate. Il compito è semplice: reinterpretare, colorare, trasformare l’arte con la propria visione.

Ma questa non è solo un’attività didattica: è un messaggio potente. L’arte non è qualcosa di statico, non può rimanere intrappolata in una teca. Deve essere vissuta, toccata, trasformata. L’arte esiste per essere anacronistica, per essere riletta da ogni epoca, da ogni sguardo. E in questa stanza, ogni visitatore diventa artista, ognuno lascia il proprio segno.

Le pareti si riempiono così di disegni, colori e piccole opere d’arte create dai visitatori. Un omaggio spontaneo e vibrante a Van Gogh, un dialogo tra il passato e il presente, tra il maestro e chi ancora oggi si lascia ispirare dalla sua genialità.

Un museo performativo: la lezione di questa mostra

Questa mostra lascia un segno profondo a Catania. Non è solo un’esposizione, ma una lezione su cosa l’arte può essere oggi. La Chiesa della Santissima Trinità si è trasformata in un museo performativo, dove il confine tra osservatore e creatore si annulla.

L’arte non può rimanere mummificata, osservata da dietro un vetro. Non può essere solo studiata a ritroso. Deve essere vissuta, ricreata, deve passare attraverso di noi per continuare a esistere. E questa mostra lo dimostra con forza: Van Gogh non è solo nei suoi quadri, ma nelle emozioni che ancora oggi riesce a suscitare.

Cultura

Catania, Iulia torna a casa: la lapide che scuote la storia dell’Etna

Un’antica epigrafe cristiana riscrive la memoria di Catania e Hybla

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A Catania il ritorno di un’antichissima epigrafe cristiana. Ma dietro la tenerezza della bambina di Hybla si cela un messaggio potente: il passato non è muto. Bisogna saperlo ascoltare.

Il 17 luglio 2025, alle ore 18:00, il Museo Diocesano di Catania apre le sue porte a un evento che non è solo culturale, ma anche simbolico. Arriva finalmente a casa, dopo due secoli d’esilio a Parigi, la lapide di Iulia Florentina, una bambina morta a soli diciotto mesi e sepolta “davanti alle porte dei martiri”. È il cuore pulsante della mostra “Revelare. AGATA | rivive | IVLIA”, che sarà visitabile fino al 6 marzo 2026.

Ma dietro quel marmo freddo e silenzioso si nasconde una storia potentissima. Perché Iulia non era di Catania. Era nata a Hybla, un nome antico che riecheggia nelle fonti classiche e che oggi possiamo riconoscere con sicurezza in Paternò, sul versante sud-ovest dell’Etna.

E qui comincia il terremoto storiografico.

 

Un’epigrafe cristiana che riaccende la memoria di una città pagana

L’iscrizione di Iulia è, a oggi, la più antica testimonianza cristiana certa dell’area catanese. Fu scoperta nel 1730 a Catania, in una campagna appartenente a Ignazio Rizzari. Eppure, è molto di più di un reperto funebre: è un documento che fa luce su una fase poco conosciuta della Sicilia tardoantica, quando il cristianesimo stava conquistando gli spazi pubblici, le necropoli, i nomi, gli animi.

Iulia nata a Hybla”: cinque parole incise che sfondano il muro del tempo. Perché Hybla – o meglio Hybla Major – è l’antico nome di Paternò. Una città che oggi vive troppo spesso dimenticata nel presente, ma che ha radici millenarie, forti, profonde. Tuttavia, attenzione: non confondiamo la cristianità della lapide con le origini di Hybla.

La città in cui nacque Iulia era antichissima, e pagana. Qui, in tempi remoti, si venerava Venere. Il culto della dea — tra i più diffusi nel Mediterraneo precristiano — è testimoniato da reperti votivi e statuette, oggi conservati in musei siciliani e internazionali. Hybla fu luogo sacro ben prima che i Vangeli vi mettessero radici. La lapide di Iulia non cancella questa storia: la completa.

 

La bambina, i martiri e l’Etna: quando la pietra parla

La frase incisa sulla lapide – “davanti alle porte dei martiri” – è un capolavoro di sintesi teologica e topografica. Significa che a Catania, nel IV-V secolo, esistevano già luoghi di culto legati ai martiri, come Sant’Agata e Sant’Euplio. Non c’è nulla di retorico qui: questa è una prova concreta. Uno squarcio reale sulla vita religiosa dell’Etna in epoca tardoimperiale.

La piccola Iulia fu sepolta accanto a chi aveva dato la vita per la fede. Questo ci dice che la sua famiglia era cristiana, probabilmente convertita da poco. E che la fede, in quel tempo di confini mobili tra paganesimo e cristianesimo, non era ancora una tradizione, ma una scelta. Spesso una sfida.

 

Il ritorno: un segnale per il presente

Il ritorno della lapide è stato reso possibile grazie all’impegno congiunto dell’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, della prof.ssa Cristina Soraci, docente di Storia romana all’Università di Catania, della dott.ssa Grazia Spampinato, direttrice del Museo Diocesano, e di Mons. Antonino La Manna, vicario episcopale per la Cultura. Al loro fianco, l’Archeoclub d’Italia – sede di Ibla Major, e i Kiwanis Club di Paternò e Catania Est, da anni protagonisti nella riscoperta del patrimonio identitario etneo.

La mostra “Revelare” nasce proprio da questo sforzo collettivo ed è molto più di una semplice esposizione: è una sfida alla narrazione ufficiale. Perché la storia non è mai lineare, ma fatta di fratture, crolli e rinascite. “Revelare” ci scuote, ci spinge a guardare oltre, a far emergere ciò che la storia ha spesso nascosto o ignorato.

 

Perché Iulia ci riguarda?

Perché ci ricorda che i luoghi hanno una memoria. E che questa memoria può essere perduta, o negata, o deportata. Come accadde alla lapide, finita nei magazzini del Louvre nel 1825 e dimenticata per 200 anni. Ma ogni tanto – se abbiamo occhi per vedere e coraggio per riconoscere – la storia torna. Chiede ascolto. Chiede rispetto. Chiede che la verità, finalmente, venga rivelata.

Revelare, appunto…

 

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Cultura

Misterbianco, si investe sul futuro: al via i lavori per il nuovo Palasport polivalente

L’impianto che darà nuova energia allo sport e alla vita sociale del territorio

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Un passo da gigante per lo sport e la comunità di Misterbianco: è partita oggi la costruzione di un modernissimo Palasport, destinato a rivoluzionare l’offerta sportiva e sociale della città. Un investimento strategico, finanziato con fondi PNRR, che conferma l’impegno dell’amministrazione nel valorizzare il territorio.

Il sindaco Marco Corsaro ha dato il via simbolico ai lavori, tagliando il nastro di un cantiere che promette di trasformare Viale del Commercio, nel cuore del Distretto Commerciale, in un nuovo polo di attrazione. Con un valore di circa un milione di euro, la struttura sarà un punto di riferimento per diverse discipline, dal calcio a 5 ad altre attività sportive, ma non solo. L’obiettivo è ampliare la fruizione dell’area, rendendola un centro pulsante per l’intera comunità.

Presenti al sopralluogo, oltre al sindaco, l’intera Giunta e il Consiglio comunale, insieme ai tecnici comunali e dell’impresa esecutrice, a testimonianza dell’importanza di quest’opera per l’intera città.

 

Una Promessa Mantenuta per il Territorio

 

 

“Oggi diamo il via a un cantiere strategico per Misterbianco,” ha dichiarato il sindaco Corsaro, sottolineando come l’amministrazione stia “mantenendo l’impegno a dotare la città di una nuova struttura sportiva polivalente.” Una promessa attesa da tempo, che ora prende forma concreta.

Il vicesindaco con delega ai Lavori Pubblici, Santo Tirendi, e l’assessore Cristian Drago hanno evidenziato l’importanza del nuovo Palasport nel rispondere alle “crescenti richieste di spazi pubblici funzionali che ci arrivano da tanti sportivi e associazioni del territorio.” Una struttura pensata per andare “oltre i confini comunali,” attirando atleti e appassionati anche dai centri vicini.

 

Un Successo Amministrativo: L’Opportunità del PNRR

 

Un ringraziamento particolare è stato rivolto ai tecnici comunali dal sindaco Corsaro e dal vicesindaco Tirendi, il cui “grande lavoro svolto” ha permesso di “non perdere l’opportunità del PNRR.” Hanno voluto ribadire che “nulla è infatti scontato, perché solo l’attenzione amministrativa e l’impegno di tutti ci consente oggi di porre il nostro Comune tra i primi in Sicilia per quantità di risorse impegnate e cantieri avviati, con l’obiettivo di rigenerare il territorio.”

Questo nuovo Palasport non è solo un edificio, ma un simbolo della capacità di Misterbianco di guardare al futuro, investendo nello sport, nel sociale e nella qualità della vita dei suoi cittadini.

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