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giudiziaria

Paternò, inchiesta “Athena”, il sindaco Naso e l’ex assessore Comis chiedono il giudizio immediato

Il processo inizierà il 9 settembre del 2025, mentre per metà gennaio del prossimo anno sarà all’attenzione della Cassazione il ricorso contro il provvedimento del Riesame che aveva disposto i domiciliari, ma sospesi, per i due politici e per altri tre indagati

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Niente udienza preliminare per il sindaco Nino Naso e per l’ex assessore Salvatore Comis indagati per voto di scambio politico mafioso, nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Athena” scatta lo scorso 15 aprile e che vede indagate complessivamente 49 persone. Sia Naso che Comis si sono sempre dichiarati estranei all’accusa che gli è stata contestata.  Il prossimo 3 dicembre è in programma l’udienza dinanzi al GUP Carlo Cannella che dovrà esaminare la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura riguardanti tutti gli indagati nell’ambito dell’inchiesta Athena.

Giudice per le udienze preliminari che non dovrà esprimersi su Naso e Comis visto che i legali dei due esponenti politici hanno chiesto il giudizio immediato. Il processo inizierà il 9 settembre del 2025. Intanto per il 15 e 16 gennaio del 2025 la Cassazione dovrà esprimersi sugli arresti domiciliari, ma sospesi, come aveva deciso alla fine dello scorso mese di settembre il Tribunale del riesame. Un provvedimento del Riesame che riguarda il sindaco Naso, l’ex assessore Salvatore Comis nonche l’ex consigliere comunale ed ex assessore, Pietro Cirino e due  esponenti  del clan Morabito legato alla ‘famiglia’ Laudani di Catania.

In sostanza il Riesame aveva deciso per la sospensione dell’ordinanza che disponeva i domiciliari per i cinque indagati fino a che la sentenza fosse stata definitiva. L’inchiesta Athena si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò e avrebbe fatto emergere gli interessi del clan Morabito sulle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa.

 

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Roma, Tar del Lazio rigetta ricorso della consigliera Natoli contro sospensione dal CSM

Per il Tribunale Amministrativo Regionale l’appello “è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile per difetto di giurisdizione”

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E’ stato rigettato dal TAR del Lazio il ricorso presentato dalla consigliera laica del Csm in quota Fratelli d’Italia, l’avvocato paternese Rosanna Natoli, la quale si era rivolta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio contro la sospensione deliberata dal plenum del Consiglio Superiore della Magistratura lo scorso settembre. Per il Tar del Lazio il ricorso della consigliera “è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile per difetto di giurisdizione”.

La sospensione era stata votata e approvata dal plenum per la vicenda del luglio scorso. La Natoli è accusata di aver rivelato atti di inchiesta alla magistrata catanese Maria Fascetto Sivillo, condannata dal Tribunale di Messina, che doveva affrontare un provvedimento disciplinare. Ma Sivillo, assistita dall’avvocato Carlo Taormina, aveva registrato l’intera conversazione con Natoli durante un loro incontro. Audio e trascrizione sono stati consegnati poi al presidente della sezione disciplinare Fabio Pinelli.

Secondo la Procura di Roma Natoli dunque, in qualità di componente della commissione disciplinare del Csm, avrebbe rivelato a Fascetto Sivillo notizie d’ufficio che sarebbero dovute rimanere segrete, in particolare “quelle sullo svolgimento della Camera di consiglio dopo la sua audizione”.

Subito dopo che scoppiò il caso Rosanna Natoli si dimise dalla commissione disciplinare del CSM specificando in una nota stampa che “sono consapevole di avere imperdonabilmente sbagliato nell’incontrare la magistrata di Catania ma ho accettato di incontrarla solo dopo aver svolto il mio lavoro di relatrice e avere determinato la decisione del tutto opposta alle speranze della interessata”.

Rosanna Natoli sottolineò il fatto che incontrò la giudice solo su “pressante richiesta di un vecchio e da tutti stimato amico (non avvocato ed estraneo alla politica) che mi pregò per un atto di `pietà´ stante, mi disse, il grave stato di salute della interessata. Ciò che mi preme sottolineare è che nessuno degli esponenti politici provinciali, regionali e men che meno nazionali del mio partito di provenienza è mai stato a conoscenza diretta o indiretta di questa vicenda del tutto estranea a ogni riferimento politico- disse Rosanna Natoli- Mi rammarico ancora per la mia inammissibile decisione di incontrare la magistrata difesa dall’avvocato Taormina la quale ha evidentemente preordinato la registrazione di un colloquio che, ripeto, è comunque avvenuto solo dopo la mia dura decisione disciplinare nei suoi confronti”.

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Catania, stupro ragazzina villa Bellini, chiesti 10 anni per il minorenne

Nella requisitoria i Pm hanno esaminato il quadro accusatorio composto dalle testimonianze delle vittime sia della ragazzina violentata che del fidanzatino immobilizzato e picchiato

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A Catania nel processo in corso per lo stupro della ragazzina alla Villa Bellini avvenuto alla fine dello scorso mese di gennaio e per il quale sono stati arrestati dei cittadini extracomunitari di nazionalità egiziana il procuratore dei minori Carla Santocono e il sostituto Orazio Longo del Tribunale dei Minorenni di Catania hanno chiesto la condanna a 10 anni per uno dei giovani, componenti del branco che ha stuprato una tredicenne nei bagni pubblici del parco comunale.

Nella requisitoria i Pm hanno esaminato il quadro accusatorio composto dalle testimonianze delle vittime sia della ragazzina violentata che del fidanzatino, immobilizzato e picchiato, che non ha potuto difenderla, sentiti con il filtro dell’incidente probatorio, dalla prova scientifica del Dna (il profilo genetico trovato è riferibile all’altro minorenne coinvolto, che sta invece affrontando il rito abbreviato) e dai riscontri investigativi anche su analisi sui social.

Il difensore, l’avvocato Gian Marco Gulizia, ha chiesto invece al Tribunale di assolvere l’imputato per “non aver commesso il fatto”. Il processo è stato aggiornato al prossimo 16 dicembre, data in cui i giudici minorili dovrebbero ritirarsi in camera di consiglio per emettere la sentenza.

 

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