Sono stati rigettati gli arresti domiciliari nei confronti dell’ex assessore comunale di Paternò, Salvatore Comis. Così la Quinta sezione penale del Tribunale del Riesame di Catania ha confermato la decisione del giudice per le indagini preliminari in quanto i “gravi indizi” contestati a Comis non sono stati ritenuti sufficienti a giustificare una misura cautelare così restrittiva. L’ex assessore risulta indagato nell’ambito dell’inchiesta Athena per voto di scambio politico-mafioso, con l’ipotesi di presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione amministrativa del Comune etneo.
La pronuncia del Tribunale del Riesame fa seguito alla decisione della Corte di Cassazione, che lo scorso gennaio aveva annullato con rinvio una precedente ordinanza dello stesso Tribunale. In quella sede, il 30 settembre 2024, era stato accolto l’appello della Procura e disposti gli arresti domiciliari per Comis. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto contraddittoria la motivazione alla base di tale provvedimento, rinviando gli atti al Riesame per un nuovo esame del caso.
Un percorso analogo riguarda il sindaco di Paternò, Nino Naso, anch’egli indagato per voto di scambio politico-mafioso nell’ambito della stessa inchiesta. Nel suo caso, la Cassazione ha finora depositato soltanto il dispositivo di annullamento con rinvio, senza tuttavia motivarne i presupposti. Ciò impedisce di fissare una nuova udienza per riesaminare la posizione di Naso.
Nel provvedimento di conferma della mancata applicazione dei domiciliari per Comis, il Tribunale sottolinea di aver già valutato in precedenza tutto il materiale investigativo raccolto dalla Procura, ritenendolo gravemente indiziante rispetto al coinvolgimento dell’ex assessore in un ipotetico “patto politico-mafioso”. Tuttavia, preso atto delle censure della Cassazione, il Collegio spiega che non sono emersi “ulteriori argomenti” a sostegno della richiesta di misura cautelare, e dunque “l’impugnazione va rigettata per caratteristica dei gravi indizi”.
L’indagine Athena trae origine dalle attività investigative dei carabinieri della Compagnia di Paternò, che avrebbero messo in luce i presunti interessi del clan Morabito nelle aste giudiziarie di immobili, in particolare nelle province di Catania e Siracusa, sollevando il sospetto di un vero e proprio scambio di favori tra esponenti politici e ambienti mafiosi.