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Cronaca

Reddito di cittadinanza ai mafiosi, indagine della Procura di Catania

I carabinieri del Comando provinciale di Catania hanno denunciato 76 persone. Somme indebitamente percepite per 600 mila euro.

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Mafiosi e congiunti di uomini e donne legati a clan criminali del catanese, percettori del reddito di cittadinanza. 76 quelli individuati dalle forze dell’ordine, con la Procura distrettuale della Repubblica di Catania che ha emesso, nei loro confronti, un decreto di sequestro preventivo delle carte legate al sussidio, riconosciuto dallo Stato alle famiglie economicamente più deboli.

Tra i beneficiari del reddito di cittadinanza vi sono anche esponenti di spicco e affiliati della criminalità organizzata di Catania e provincia. Come evidenzia la Procura del capoluogo etneo, le richieste più numerose appartengono a uomini del clan Santapaola-Ercolano (circa 50), ma vi sono anche esponenti del clan Mazzei, Cappello, Laudani, Cursoti Milanesi, Pillera, Scalisi e Santangelo – Taccuni.

Tra di loro anche alcuni dei partecipanti al summit mafioso del 2009, tenutosi in una villetta a Belpasso, presieduto dal capo pro tempore di Cosa nostra catanese Santo La Causa, allora superlatitante; ed ancora, tra di loro, l’autore di un efferato omicidio di mafia commesso nel 1999; ed un elemento di vertice di un clan che ha rinnegato il figlio diventato collaboratore di giustizia e destinatario di minacce con l’affissione di necrologi per le vie della sua città, all’indomani delle notizie relative alla sua collaborazione.

A condurre l’attività di indagine sono stati i carabinieri del Comando provinciale di Catania, con l’azione sul campo svolta dai militari dell’Arma del Nucleo investigativo del reparto operativo, insieme ai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, di Catania. Gli accertamenti, hanno interessato quelle persone che, nonostante l’assenza dei requisiti richiesti dalla normativa, hanno usufruito, direttamente o indirettamente, dell’erogazione del reddito di cittadinanza.

In particolare, si è guardati ad un requisito specifico richiesto per ottenere il sussidio, e cioè la necessità che colui che lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra questi: l’associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Le dichiarazioni che si rivelano un falso per ottenere il sussidio, comportano anche sanzioni penali, con una pena da due a sei anni di reclusione.

I carabinieri hanno accertato che tra i 76 cittadini denunciati, 23 di loro, erano stati condannati, con sentenze passate in giudicato per i reati di associazione di tipo mafioso; 2 donne, erano state condannate per truffa aggravata ai danni dello Stato (anche quest’ultimo reato, come detto, ostativo alla concessione del beneficio).

Le restanti 51 persone (di cui 46 donne), hanno invece richiesto ed ottenuto il beneficio, omettendo di comunicare che all’interno del proprio nucleo familiare vi fosse tra i destinatari del reddito di cittadinanza anche un proprio congiunto gravato da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso.

L’importo complessivo riscosso indebitamente, a vario titolo tra l’aprile 2019 e il marzo scorso è di oltre 600mila euro ed è stato pertanto interessato l’Inps per l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e l’avvio delle necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito.

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Cronaca

Catania, sventata dalla Polizia una truffa da 14 mila euro ad un’anziana

Fermato un 17enne emissario del truffatore, il quale era riuscito a raggirare la donna col metodo del “falso poliziotto”

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Sarebbe stata una questione di attimi e la truffa ad un’anziana catanese di 80 anni sarebbe stata messa a segno. A mandare in fumo il piano criminale di un truffatore e del suo emissario, un giovane di soli 17 anni, sono stati gli agenti della Polizia di Stato.

Durante un servizio di controllo del territorio, in via Faraci, i poliziotti del Commissariato di Pubblica Sicurezza “Borgo-Ognina” si sono resi conto che stava accadendo qualcosa di strano e sono intervenuti appena in tempo, dal momento il 17enne si era presentato davanti all’abitazione dell’anziana per riscuotere il bottino di circa 14 mila euro, tra argenteria, gioielli e orologi.

Alla donna era stata spacciata una storia del tutto priva di fondamento, legata al coinvolgimento di un suo stretto familiare in un incidente. Nello specifico, l’anziana ha raccontato ai poliziotti di essere stata contattata al telefono di casa da un sedicente appartenente alle Forze dell’Ordine il quale le aveva riferito che il figlio aveva appena causato un gravissimo incidente stradale, travolgendo con la propria auto una donna incinta e, per questo motivo, era stato arrestato.

L’interlocutore ha fatto leva sullo stato emotivo della donna che, impaurita, ha cominciato ad assecondare le assurde richieste del truffatore nel tentativo di trovare una soluzione per il figlio. Carpita la buona fede dell’anziana, l’uomo le ha chiesto il pagamento di una cauzione di 14 mila euro in modo da liberarlo e farlo tornare a casa nel più breve tempo possibile. Dall’altro capo del telefono, però, la donna ha riferito di non avere a disposizione una somma così importante, ma, preoccupata, ha assicurato di poter mettere insieme alcuni oggetti di argenteria e preziosi il cui valore era di poco inferiore alla cifra richiesta.

Senza alcuna esitazione, il falso appartenente alle forze dell’ordine ha acconsentito alla controproposta della donna, avvertendola che, nel giro di alcuni minuti, avrebbe mandato un suo emissario a ritirare gli oggetti in oro. Così è stato: il 17enne si è presentato davanti all’abitazione dell’anziana, citofonando con una certa insistenza e guardandosi ripetutamente intorno. È in questo momento che l’atteggiamento del ragazzo è stato notato dai poliziotti del Commissariato “Borgo-Ognina” che hanno voluto vederci chiaro fino in fondo, fermando il 17enne per sottoporlo ad un controllo, nella convinzione che stesse importunando uno dei residenti del palazzo.

Al momento di esibire i documenti, il giovane, con uno scatto fulmineo, ha provato a fuggire, tentando di nascondersi nel giardino interno di un’abitazione vicina dove si era introdotto, approfittando del cancello aperto. I poliziotti l’hanno subito individuato, accovacciato tra le piante, e, dopo averlo bloccato definitivamente, hanno provveduto a identificarlo.

Nel frattempo, gli agenti del Commissariato sono tornati nell’abitazione in cui il giovane aveva citofonato, trovando l’anziana con la busta dei gioielli, ancora scossa per l’accaduto. Ai poliziotti ha raccontato ogni dettaglio della telefonata, delle richieste del truffatore e dell’arrivo del suo emissario che, al citofono, si è presentato come un dipendente del Tribunale, incaricato di prelevare i preziosi, per poi, all’improvviso, non sentire più la sua voce. Le comunicazioni, infatti, si erano interrotte perché il giovane era stato sorpreso e fermato dalla pattuglia del Commissariato che, in quegli stessi attimi, stava passando per via Faraci. Il tempestivo intervento dei poliziotti ha così scongiurato che la donna venisse truffata, bloccando e denunciando il truffatore per il reato di tentata truffa.

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Cronaca

Paternò, incendio all’interno di un cortile privato, in fiamme pneumatici e altro materiale

Sul posto pompieri di Adrano, personale medico del 118 e carabinieri

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Incendio nella mattinata di oggi all’interno di un cortile privato incastonato tra due edifici. Il fatto è successo a Paternò in via Circonvallazione, a poche decine di metri dalla centralissima Via Fiume. Per cause in corso di accertamento si è sviluppato un rogo in quella parte del cortile dove si trovavano pneumatici e altro materiale facilmente infiammabile.

Le fiamme hanno generato una densa colonna di fumo nero ben visibile anche da fuori città in particolare da Santa Maria di Licodia.

Sul posto, subito dopo esser scattato l’allarme, sono giunti i vigili del fuoco del distaccamento di Paternò; a scopo precauzionale sono arrivate anche due ambulanze del 118; fortunatamente, da quanto si apprende, nessuno è rimasto intossicato e ferito.

I carabinieri della compagnia di Paternò hanno provveduto a chiudere la strada e deviare il traffico veicolare.  Solo in tarda mattinata sono state ultimate le operazioni di spegnimento e di bonifica.

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