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Cronaca

Paternò, corsa clandestina di cavalli tra i tornanti dell’Etna, 5 uomini denunciati

Le accuse sono di maltrattamento di animali, spettacoli o manifestazioni vietate, divieto di combattimento tra animali e interruzione di pubblico servizio

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I carabinieri della compagnia di Paternò hanno denunciato a piede libero 5 soggetti, responsabili in concorso dei reati di maltrattamento di animali, spettacoli o manifestazioni vietate, divieto di combattimento tra animali e interruzione di pubblico servizio, per aver partecipato ad una corsa clandestina di cavalli che si è svolta lo scorso 12 giugno a Nicolosi  alle pendici dell’Etna, alla presenza di centinaia di spettatori.

Le indagini dei carabinieri si sono basate sia sulla conoscenza dell’humus criminale del territorio, sia sull’esame dei video postati sui social network (in particolare, in alcuni di questi, con un sottofondo di musica neomelodica, sono state esaltate le prestazioni del cavallo vincitore). I militari dell’Arma sono riusciti in prima battuta a scovare e deferire i proprietari (due catanesi di 50 e 58 anni, anche con precedenti per mafia) dei cavalli “Lampo” e “Agente segreto”, che durante la corsa clandestina sono stati maltrattati a colpi di frusta per spronarli alla vittoria, per poi identificare e denunciare anche i due fantini, catanesi di 42 e 41 anni, nonché uno degli spettatori. Le indagini dei carabinieri hanno inoltre permesso di scoprire dove fossero tenuti nascosti i due cavalli che avevano gareggiato, recuperati in altrettante stalle a Biancavilla (Lampo) e Lineri, frazione di Misterbianco (Agente segreto), tra cui appunto un purosangue inglese soprannominato “Lampo”, vincitore della sfida clandestina e noto nell’ambiente dell’ippica per aver partecipato a competizioni a livello nazionale.

I due animali sono stati affidati in custodia al Centro per l’Incremento Ippico per la Sicilia e a un maneggio privato. Nel corso dell’attività, i militari hanno inoltre controllato, sempre insieme all’ASP di Catania, altre stalle nella città di Catania, elevando sanzioni per oltre 4.000 euro nei confronti di un 43enne catanese,  che deteneva due cavalli senza le necessarie documentazioni amministrative e sanitarie.

Nel corso dell’ultimo anno, i carabinieri del comando provinciale di Catania hanno denunciato più di 27 persone ed emesso sanzioni per oltre 94mila euro per ontrastare le corse clandestine di cavalli, fenomeno criminale collegato e contiguo alle dinamiche dei clan mafiosi. Le corse clandestine possono rappresentare una forma di controllo del territorio, come anche una modalità di reinvestimento di capitali illecitamente conseguiti, in considerazione del consistente giro di soldi delle scommesse clandestine. Chiaramente le prime vittime del business redditizio sono sicuramente i poveri animali maltrattati, che sono spesso anche sottoposti a sostanze dopanti, molte volte di importazione estera, circostanza che crea un mercato parallelo di farmaci illegali.

Cronaca

Ss284, violento impatto nei pressi di S.M. Di Licodia

Sul posto due ambulanze del 118

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Un violento impatto si è verificato intorno alle 16:30 di oggi sulla SS284 poco distante dallo svincolo di Santa Maria di Licodia in territorio di Paternò. Ad impattare semi frontalmente una Ford Ka ed una Peugeot 207. Al momento non è nota l’esatta dinamica del sinistro. Sul posto sono subito giunte due ambulanze del 118 che hanno preso in carico tre persone rimaste ferite non in maniera grave. Due di loro, gli occupanti della Peugeot, un uomo ed una donna, sono stati trasportati al Pronto Soccorso di Paternò mentre un ragazzo che viaggiava a bordo della Ford è stato trasferito al vicino nosocomio biancavillese. Il traffico sta subendo pesanti rallentamenti in entrambe le direzioni di marcia.

+++NOTIZIA IN AGGIORNAMENTO+++

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Cronaca

Biancavilla, sequestrati beni per oltre 3 milioni di euro ad imprenditore del posto

Si tratta di un 51enne attivo nel settore dei trasporti e ritenuto dalla procura etnea elemento vicino all’associazione mafiosa Tomasello-Mazzaglia-Toscano

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I carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania  hanno sequestrato beni pari a oltre tre milioni di euro all’imprenditore Carmelo Militello, 51 anni, ritenuto dalla procura, elemento vicino all’associazione mafiosa Tomasello-Mazzaglia-Toscano, attiva nei territori di Adrano e Biancavilla e riconducibile alla ‘famiglia’ Santapaola -Ercolano. Nei suoi confronti è stato eseguito un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale etneo su richiesta della locale Procura distrettuale su indagini patrimoniali della sezione Criminalità economica di militari dell’Arma eseguite tra il 2016 e il 2022.

I carabinieri hanno evidenziato una “notevole sperequazione” tra il reale tenore di vita della famiglia ed i redditi dichiarati, giustificabile solo attraverso il riciclaggio, secondo la Procura, dei “proventi illeciti generati appunto dall’appartenenza di Militello alla criminalità organizzata”.  Le imprese interessate dal sequestro finalizzato alla confisca sono intestate ai due figli di Militello; aziende con sede ad Adrano e  Biancavilla. Sigilli sono stati posti anche all’abitazione familiare, una villa di Santa Maria di Licodia con piscina.  Secondo l’accusa le due società sarebbero “state sotto il controllo delle organizzazioni mafiose non lasciando spazio alla concorrenza in virtù di un patto siglato tra i vertici criminali dei due comuni etnei”. Secondo diversi collaboratori di giustizia, “la figura di Militello sarebbe stata scelta e imposta sia dai vertici dell’associazione mafiosa di Biancavilla, prima dai fratelli Vito e Pippo Amoroso con il beneplacito di Alfio Ambrogio Monforte, e poi da Giuseppe Mancari, sia dal clan Santangelo- Scalisi di Adrano”.

Secondo la Procura, l’indagato avrebbe “avuto il ruolo di prestanome e a lui sarebbe stata affidata la gestione della cosiddetta ‘agenzia’ di Biancavilla, deputata al carico delle merci, soprattutto prodotti agroalimentari, i cui introiti sarebbero andati per la maggior parte al clan”. In sostanza, contesta l’accusa, “l’agenzia avrebbe avuto un ruolo di intermediazione tra i titolari dei magazzini che raccolgono i prodotti lavorati nei campi e gli autotrasportatori, pretendendo da entrambi delle somme di denaro in percentuale al peso della merce da trasportare”. Una condotta che, ricostruisce la Dda di Catania, “sembra integrare una estorsione, obbligatoria per poter lavorare su quel territorio, notoriamente ricco di aziende agrumicole, che alterava il mercato senza possibilità di scelta di servizi alternativi, e che veniva alimentata dalla forza intimidatrice delle famiglie mafiose”.

 

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