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Eventi

Salpata da Catania la “Marenostrum Dike”, motovela della legalità

Sequestrata agli scafisti, ha iniziato il suo primo viaggio con il supporto della Guardia Costiera.

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Una nuova vita, una nuova veste che più si addice al mare, simbolo di libertà. É tornata a solcare i mari, rappresentando, questa volta, la legalità contro la sopraffazione, la vita contro la morte, la motovela sloop “Oceanis 473 clipper Marenostrum Dikè”, il cui varo è stato celebrato questa mattina, al porto di Catania.

La motovela, fino a qualche anno fa, trasportava migranti in fuga dalle loro terre, in cerca di un domani migliore. La sua capienza è di 12 posti, ma i mercanti di esseri umani, pur di far soldi,
hanno caricato a bordo 101 persone. A mettere fine alla sua attività illecita ci ha pensato la Guardia di Finanza che grazie ad un’operazione, con il nucleo aeromobile navale di Pozzallo, l’ha intercettata in mare. Messe in salvo le persone a bordo, il natante è stato sequestrato. Successivamente l
a Procura della Repubblica di Ragusa ha deciso di assegnare l’imbarcazione in custodia giudiziale, all’Archeoclub d’Italia aps (associazione di promozione sociale) che dopo aver rimesso in sesto l’imbarcazione, la gestirà con la propria struttura specialistica, Marenostrum.

Questa mattina, come detto il varo in vista del primo viaggio ufficiale, in direzione Napoli. Presenti all’appuntamento, tra gli altri: il presidente Archeoclub d’Italia, Rosario Santanastasio; il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno; il deputato nazionale, Francesco Ciancitto; la madrina del varo, la presidente dell’Archeoclub di Catania, Giusy Liuzzo; e Monsignor Barbaro Scionti, della Cattedrale di Catania, che ha benedetto la motovela.

“Faremo conoscere ai giovani l’archeologia marina – ha evidenziato il presidente dell’Archeoclub Santanastasio -. E il fatto che tutto parta dalla terra del padre dell’archeologia marina, Sebastiano Tusa, mi emoziona. Questa motovela, ora, invece sarà la motovela della cultura, della legalità, della narrazione del bello, del patrimonio marino, ambientale, archeologico, storico. La motovela girerà il Mediterraneo, dunque non solo i quasi 8000 km di costa d’Italia. Stiamo organizzando un calendario di tappe nelle varie città ma anche nei piccoli borghi. Saliranno sulla motovela le scuole, i ragazzi a rischio di devianza e criminalità, ma stiamo valutando anche progetti per dare la possibilità agli stessi figli di migranti di conoscere il nostro patrimonio culturale. Saliranno anche magistrati, forze dell’Ordine, parleremo di legalità e ospiteremo anche conferenze dedicate a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. Domani saremo a  Marina di Camerota per uno scalo tecnico, poi arriveremo a Napoli”.

Adesso la motovela sarà, per sempre Marenostrum Dike per solcare mari e portare luce e cultura. Lo farà Archeoclub D’Italia con tutte le sedi. Ci crede l’istituzione Regione Sicilia.

“Saremo lungo le coste del nostro Paese, sosterremo questa iniziativa per promuovere l’inclusione e la ricerca – ha evidenziato il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno -, mi farò portavoce nelle sedi istituzionali per facilitare questo processo di rigenerazione. La Sicilia ha il dovere,  per la sua storia e la sua posizione geografica, di essere protagonista di questo progetto culturale, anche in onore a Sebastiano Tusa che ha dato tanto alla Sicilia e all’archeologa marina”.

“Vogliamo dare un’opportunità ai tanti giovani, che vivono diverse forme di disagio – evidenzia Francesco Finocchiaro, del direttivo nazionale Archeoclub d’Italia -, l’occasione per scoprire il mare, i suoi tesori e il valore della storia. Una nave della legalità e della memoria per esplorare e far rivivere le antiche rotte del mediterraneo. Dai micenei ai romani, dai bizantini agli arabi. le repubbliche marinare e perché no rivivere antiche leggende di mare. Solidarietà e cultura, inclusione e ricerca. Un progetto che può realizzarsi solo con la costituzione di una rete di solidarietà, non solo una nave ma una flotta che metta a sistema i tanti volontari che operano sulle nostre coste per ricercare bellezza e memoria. Vogliamo combattere con questo progetto i troppi portatori di morte – che hanno usato questa barca, sfruttando la disperazione di tanti uomini e donne in cerca di una speranza. Dalla Sicilia, verso l’Europa. Nel mediterraneo, in Italia, c’è la necessità di testimoniare solidarietà, legalità, inclusione e memoria storica… al centro di tutto il ricco patrimonio archeologico, artistico e monumentale di questa terra bagnata dal mare.”

Eventi

Sigonella, celebrato il 249° anniversario dell’Indipendenza degli Stati Uniti

Una serata, quella di ieri, svolta all’insegna della tradizione e dell’amicizia italo-americana. Ha visto la partecipazione di ospiti siciliani rafforzando così il legame storico e profondo tra la comunità militare americana e il territorio che la ospita

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A Sigonella, nella giornata di ieri,  presso le strutture logistiche della NAS 1, che ospita l’ospedale e la scuola americana, si è svolta la tradizionale celebrazione dell’Independence Day, in occasione del 249° anniversario dell’indipendenza degli Stati Uniti d’America dalla madrepatria britannica.

L’evento, come da tradizione, si è svolto su invito e ha visto la partecipazione di ospiti siciliani sponsorizzati dal personale statunitense della base, rafforzando così il legame storico e profondo tra la comunità militare americana e il territorio che la ospita.

La festa è stata una vera e propria immersione nelle tradizioni culinarie e culturali degli Stati Uniti, seguendo lo stile con cui il 4 luglio viene celebrato in tutto il Paese e presso tutte le basi militari, ambasciate e consolati USA nel mondo. I protagonisti della serata sono stati gli stand gastronomici allestiti direttamente dal personale militare, che si è autotassato per preparare e offrire ai presenti un’ampia varietà di specialità americane: dagli immancabili hamburger, hot dog e panini “sloppy joe” a una ricca selezione di dolci tradizionali, tra cui i celebri Oreos fritti e tante altre prelibatezze simbolo della cultura statunitense.

A rendere ancora più vivace e coinvolgente l’atmosfera, non sono mancate attività ricreative tipicamente americane, tra cui le immancabili gare di cibo tra cui la classica “pie eating contest” (gara di mangiatori di torta) e la divertente gara di mangiatori di anguria, che hanno visto la partecipazione entusiasta di grandi e piccoli, in un clima di allegria e condivisione.

In concomitanza con l’evento conviviale, il Comandante della base, Capitano di Vascello Daniel P. Martins, ha ospitato il tradizionale ricevimento ufficiale per le autorità italiane. Presenti il Prefetto di Catania, le principali autorità civili e militari delle province di Catania e Siracusa, e diversi sindaci del territorio, tra cui Antonio Bellia, Sindaco di Motta Sant’Anastasia.

Il Sindaco Bellia ha sottolineato con entusiasmo l’importanza della partecipazione della sua comunità alla vita della base: «Ho partecipato con gioia a questo evento, che testimonia l’amicizia storica tra Motta Sant’Anastasia e la comunità americana di Sigonella, un legame che dura da oltre cinquant’anni. Molti miei concittadini lavorano all’interno della base e questo rende il rapporto ancora più speciale».

Durante l’incontro con la stampa, il Comandante Martins ha voluto rimarcare l’importanza della partnership con gli alleati italiani, elogiando in particolare il prezioso contributo dei dipendenti civili italiani che lavorano all’interno della NAS Sigonella e il sostegno dell’Aeronautica Militare Italiana, che ospita la base. Il Comandante ha inoltre espresso profonda gratitudine nei confronti dei comuni di Catania, Lentini e Motta Sant’Anastasia, per il sostegno offerto ai militari statunitensi e alle loro famiglie che risiedono all’interno di questi territori, sottolineando il ruolo chiave che queste comunità svolgono nel favorire l’integrazione e il benessere del personale americano.

Un momento particolarmente toccante della serata è stato rappresentato dalla partecipazione, per la prima volta, di alcune famiglie con disabilità appartenenti all’associazione catanese “20 Novembre 1989”, attiva anche in altre province. La loro presenza è stata resa possibile grazie all’iniziativa Community Relations, coordinata dal responsabile relazioni esterne della base, Alberto Lunetta.

La serata si è conclusa con l’attesissimo e spettacolare show pirotecnico, che ha illuminato il cielo di Sigonella, suggellando una giornata all’insegna della tradizione americana, dell’inclusione e dell’amicizia tra le comunità italiana e statunitense.

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Cultura

Catania, Iulia torna a casa: la lapide che scuote la storia dell’Etna

Un’antica epigrafe cristiana riscrive la memoria di Catania e Hybla

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A Catania il ritorno di un’antichissima epigrafe cristiana. Ma dietro la tenerezza della bambina di Hybla si cela un messaggio potente: il passato non è muto. Bisogna saperlo ascoltare.

Il 17 luglio 2025, alle ore 18:00, il Museo Diocesano di Catania apre le sue porte a un evento che non è solo culturale, ma anche simbolico. Arriva finalmente a casa, dopo due secoli d’esilio a Parigi, la lapide di Iulia Florentina, una bambina morta a soli diciotto mesi e sepolta “davanti alle porte dei martiri”. È il cuore pulsante della mostra “Revelare. AGATA | rivive | IVLIA”, che sarà visitabile fino al 6 marzo 2026.

Ma dietro quel marmo freddo e silenzioso si nasconde una storia potentissima. Perché Iulia non era di Catania. Era nata a Hybla, un nome antico che riecheggia nelle fonti classiche e che oggi possiamo riconoscere con sicurezza in Paternò, sul versante sud-ovest dell’Etna.

E qui comincia il terremoto storiografico.

 

Un’epigrafe cristiana che riaccende la memoria di una città pagana

L’iscrizione di Iulia è, a oggi, la più antica testimonianza cristiana certa dell’area catanese. Fu scoperta nel 1730 a Catania, in una campagna appartenente a Ignazio Rizzari. Eppure, è molto di più di un reperto funebre: è un documento che fa luce su una fase poco conosciuta della Sicilia tardoantica, quando il cristianesimo stava conquistando gli spazi pubblici, le necropoli, i nomi, gli animi.

Iulia nata a Hybla”: cinque parole incise che sfondano il muro del tempo. Perché Hybla – o meglio Hybla Major – è l’antico nome di Paternò. Una città che oggi vive troppo spesso dimenticata nel presente, ma che ha radici millenarie, forti, profonde. Tuttavia, attenzione: non confondiamo la cristianità della lapide con le origini di Hybla.

La città in cui nacque Iulia era antichissima, e pagana. Qui, in tempi remoti, si venerava Venere. Il culto della dea — tra i più diffusi nel Mediterraneo precristiano — è testimoniato da reperti votivi e statuette, oggi conservati in musei siciliani e internazionali. Hybla fu luogo sacro ben prima che i Vangeli vi mettessero radici. La lapide di Iulia non cancella questa storia: la completa.

 

La bambina, i martiri e l’Etna: quando la pietra parla

La frase incisa sulla lapide – “davanti alle porte dei martiri” – è un capolavoro di sintesi teologica e topografica. Significa che a Catania, nel IV-V secolo, esistevano già luoghi di culto legati ai martiri, come Sant’Agata e Sant’Euplio. Non c’è nulla di retorico qui: questa è una prova concreta. Uno squarcio reale sulla vita religiosa dell’Etna in epoca tardoimperiale.

La piccola Iulia fu sepolta accanto a chi aveva dato la vita per la fede. Questo ci dice che la sua famiglia era cristiana, probabilmente convertita da poco. E che la fede, in quel tempo di confini mobili tra paganesimo e cristianesimo, non era ancora una tradizione, ma una scelta. Spesso una sfida.

 

Il ritorno: un segnale per il presente

Il ritorno della lapide è stato reso possibile grazie all’impegno congiunto dell’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, della prof.ssa Cristina Soraci, docente di Storia romana all’Università di Catania, della dott.ssa Grazia Spampinato, direttrice del Museo Diocesano, e di Mons. Antonino La Manna, vicario episcopale per la Cultura. Al loro fianco, l’Archeoclub d’Italia – sede di Ibla Major, e i Kiwanis Club di Paternò e Catania Est, da anni protagonisti nella riscoperta del patrimonio identitario etneo.

La mostra “Revelare” nasce proprio da questo sforzo collettivo ed è molto più di una semplice esposizione: è una sfida alla narrazione ufficiale. Perché la storia non è mai lineare, ma fatta di fratture, crolli e rinascite. “Revelare” ci scuote, ci spinge a guardare oltre, a far emergere ciò che la storia ha spesso nascosto o ignorato.

 

Perché Iulia ci riguarda?

Perché ci ricorda che i luoghi hanno una memoria. E che questa memoria può essere perduta, o negata, o deportata. Come accadde alla lapide, finita nei magazzini del Louvre nel 1825 e dimenticata per 200 anni. Ma ogni tanto – se abbiamo occhi per vedere e coraggio per riconoscere – la storia torna. Chiede ascolto. Chiede rispetto. Chiede che la verità, finalmente, venga rivelata.

Revelare, appunto…

 

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