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Rischio sismico: Delocalizzazione Selettiva, soluzione possibile

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Non costruire dove la terra trema! Sembrerebbe banale, ma, evidentemente, non lo è poi così tanto. La realtà dei fatti, in vero, mostra che manca a tutt’oggi una sapiente localizzazione delle unità abitative nel territorio etneo. Certo: una modesta dose di buon senso imporrebbe una ancor più modesta riflessione sul territorio allorché ci si accinga a costruire la propria abitazione. Dato che il territorio etneo è giudicato ad alto rischio sismico, per via della faglia che lo attraversa in pieno, sarebbe opportuno allontanarsene ragionevolmente qualora si decida di metter su casa. Eppure, così non è. In realtà, una cosa è costruire, altra il ri-costruire, poiché se può sembrare abbastanza facile valutare la natura del territorio quando si decide di costruire ex novo una casa, altra cosa è fare questo tipo di valutazioni quando un evento sismico ha abbattuto parti della casa che in quel territorio si trovava già: la natura dell’uomo, tanto avvezza a mettere radici, fatica, e non poco, a determinarsi verso siti alternativi. Tuttavia, poiché in gioco c’è la sicurezza, arriva, in data di oggi, il risultato di uno studio, condotto dall’INGV e da un gruppo di ricerca interdisciplinare dell’Università di Catania, per chiarire che è necessario promuovere la possibilità di costruire abitazioni e attività lontano da zone situate lungo la faglia sismica dell’Etna e nelle sue immediate vicinanze, evitando la ricostruzione nelle aree già colpite. Dai risultati di questo studio nasce l’idea della Delocalizzazione Selettiva, che sarà la linea adottata dalla Struttura Commissariale Ricostruzione Area Etnea (SCRAE). La decisione è motivata dalla ripetuta sismicità dell’area che rende pericoloso ed economicamente svantaggioso ricostruire nelle zone vulnerabili. “Nella notte del 26 dicembre 2018, un terremoto di magnitudo 5.02 ha colpito il fianco
orientale dell’Etna, con epicentro nei pressi dell’abitato di Fleri, nel comune di Zafferana
Etnea (Catania). Nonostante la magnitudo moderata, la ridotta profondità del sisma ha
provocato ingenti danni a case e attività produttive nella fascia orientale etnea” spiega Mario Mattia, primo tecnologo dell’INGV. Quell’evento ha aperto il dibattito: Ricostruire com’era e dov’era o percorrere vie alternative?

Mara Benadusi, docente di Antropologia presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania, ha osservato che vanno considerati aspetti fondamentali spesso trascurati nelle politiche di ricostruzione post-disastro. “Il primo è l’adattamento socio-culturale delle famiglie colpite […] Il secondo è l’importanza della mediazione istituzionale […]”

Gli autori dello studio sottolineano come la “delocalizzazione selettiva” rappresenti una strategia promettente per affrontare eventi calamitosi ricorrenti come terremoti, eruzioni vulcaniche, fenomeni bradisismici e alluvioni. “Al di là degli aspetti economici, la priorità resta la salvaguardia della vita umana. L’esperienza etnea potrebbe rappresentare un modello replicabile in altre aree del mondo esposte a rischi naturali ricorrenti”, conclude Mario Mattia.
Il gruppo di ricerca, consapevole della necessità di coinvolgere attivamente le comunità locali, proseguirà gli studi per sviluppare modelli di delocalizzazione partecipata e resiliente.

 

Cronaca

Catania, rogo nella zona del Villaggio Ippocampo di mare, minacciate le abitazioni

Sul posto diverse squadre dei vigili del fuoco provenienti sia dalla sede del comando provinciale di Catania sia dai vari distaccamenti del territorio

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A Catania è in corso un vasto incendio nei pressi del Villaggio Ippocampo di mare, in prossimità della foce del Simeto. Si tratta di un rogo la cui matrice non è ancora del tutto chiara.

Sul posto stanno operando diverse squadre dei vigili del fuoco provenienti sia dalla sede del comando provinciale di Catania sia da diversi  distaccamenti territoriali.

Le fiamme sono divampate per cause ancora da accertare, sospinte dal vento, e hanno coinvolto una vasta area di macchia  mediterranea e canneto a ridosso di diverse abitazioni; quest’ultime in sostanza sono direttamente minacciate dalle fiamme.

Le squadre dei vigili del fuoco stanno provvedendo allo spegnimento e stanno circoscrivendo l’incendio per proteggere le abitazioni e i residenti.

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Cultura

Paternò, l’Archeoclub avvia un nuovo progetto di scavi e valorizzazione

Un’opportunità di riscoperta storica e culturale per il futuro della città

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Paternò è pronta a riscrivere la sua storia grazie a un importante investimento destinato agli scavi archeologici sulla Collina Storica. Un progetto che non solo mira a valorizzare il passato della città, ma che getta le basi per un futuro di sviluppo culturale e turistico, facendo emergere un ricco patrimonio finora trascurato.

L’Archeoclub di Paternò, con la sua perseveranza e il suo impegno costante, ha avuto un ruolo cruciale nel sensibilizzare le istituzioni e nel promuovere l’iniziativa che ha finalmente trovato concreta realizzazione.

Già indagando sulle origini del toponimo “Paternò”, si evince la complessità della sua storia antica e le forze centrifughe in essa coesistenti: il nome “Paternò”, utilizzato da tempi immemori, ha radici nel periodo bizantino e deriva dal termine Paternón, riferito alla figura della Venere vergine o alla dea della fertilità. Sebbene la città fosse originariamente conosciuta come Hybla Major, ragioni politiche e religiose portarono alla scelta del nuovo toponimo, segnando una nuova fase nella storia della città. Questo cambiamento, che riflette l’evoluzione del contesto storico e sociale, ha segnato una discontinuità con la memoria antica del luogo, oggi recuperabile grazie alla perseveranza dell’Archeoclub e al subentrato sostegno della Regione Siciliana.

Il finanziamento stanziato consentirà di avviare scavi archeologici mirati a esplorare l’antico sito dell’acropoli di Hybla Major, oggi conosciuto come “Collina Storica di Paternò”. Qui sono stati già rinvenuti reperti risalenti a diverse epoche storiche, da quella greco-romana a quella medievale. Il Cippo di Venere, conservato al Museo di Catania; la Venere di Perri; gli argenti di Paternò, esposti al Pergamonmuseum di Berlino: sono tutti indizi che confermano che la collina è stata testimone di una storia millenaria. E quelli citati rappresentano soltanto una piccola parte dei tesori che potrebbero tornare nella loro città natale, in un futuro museo archeologico.

Molti sono gli indizi che hanno evidenziato la presenza di un sito archeologico a cielo aperto in corrispondenza della Chiesa di Santa Maria dell’Alto: gli interventi strutturali effettuati nel corso della sua storia presentano aspetti particolarmente intriganti perché legati a ragioni che non sembrano riconducibili esclusivamente a esigenze geomorfologiche o tecniche dell’area, e che quindi rappresentano un campo di indagine ancora aperto.

Con l’investimento di 100.000 euro, ottenuto dall’Archeoclub, Paternò sarà oggetto di studi e ricerche che porteranno alla luce un quadro più completo del suo passato, senza dimenticare che il progetto ha anche una rilevanza sociale, oltre che culturale: la valorizzazione del milieu territoriale creerà nuove opportunità per i giovani e le imprese locali, stimolando la nascita di nuove attività nel settore turistico, culturale e artigianale, e generando un indotto economico significativo.

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