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giudiziaria

Catania, il deputato regionale Luca Sammartino resta “sospeso” dai pubblici uffici

Per i giudici “il rischio di ulteriori condotte illecite” è reso “altamente probabile dal permanente svolgimento da parte” di Sammartino del ruolo di “deputato regionale” che “gli consentirebbero di continuare a mantenere condotte antigiuridiche di analogo rilievo”

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Fino al prossimo 17 aprile l’ex assessore regionale all’Agricoltura e vice presidente del governo Siciliano, Luca Sammartino resta sospeso dai pubblici uffici. La decisione è della quinta sezione del Tribunale del riesame di Catania che era chiamata a valutare l’istanza degli avvocati di Sammartino, il penalista Carmelo Peluso e il professore Vittorio Manes, dopo che la Cassazione lo scorso novembre ha annullato con rinvio, limitatamente alle esigenze cautelari, l’ordinanza del Riesame che confermava il provvedimento di sospensione della gip. Lo scrive il quotidiano La Sicilia.

Il 17 aprile dello scorso anno scattò l’operazione “Pandora” che portò il leader della Lega in Sicilia – destinatario di una misura interdittiva emessa dalla gip di Catania per due presunti casi di corruzione – a dimettersi dai suoi incarichi, ma non dall’Ars. Nelle scorse ore il Tribunale della Libertà ha, quindi, rigettato l’appello bis della difesa del deputato regionale. Nel provvedimento con cui respinge l’istanza il collegio ritiene non fondate le “doglianze difensive” e invece condivide la tesi del gip visto che “lo stesso ha dimostrato di usare senza remore la sua funzione pubblica e il suo ruolo di deputato regionale in costante dispregio dei principi che governano l’azione della pubblica amministrazione”.

Per i giudici “il rischio di ulteriori condotte illecite” è reso “altamente probabile dal permanente svolgimento da parte” di Sammartino del ruolo di “deputato regionale” che “gli consentirebbero di continuare a mantenere condotte antigiuridiche di analogo rilievo”. Sammartino è stato rinviato a giudizio per due presunti episodi di corruzione, ma il procedimento è fermo perché collegato al “conflitto di attribuzione dei poteri” sollevato dal Senato alla Consulta sull’utilizzo di intercettazioni nella segreteria politica dell’imputato che è condivisa con la parlamentare nazionale Valeria Sudano. La sentenza della Corte Costituzionale potrebbe avere ricadute sul dibattimento.

 

Cronaca

Biancavilla, condanne con l’ordinario per 5 persone coinvolte nell’inchiesta “Città Blindata”

Gli imputati sono stati condannati anche a risarcire il danno al comune di Biancavilla che si è costituito parte civile. Il valore del risarcimento dovrà essere calcolato dal giudice civile

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Arrivano le condanne col rito ordinario, dopo quelle inflitte con l’abbreviato, per cinque persone indagate nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Città Blindata”, messa in atto nel febbraio del 2019 dalle forze dell’ordine e che portò all’arresto di 16 persone, infliggendo un duro colpo al clan “Toscano- Mazzaglia- Tomasello” attivo sul territorio di Biancavilla.

A darne notizia il sito “LaSicilia.it”. Tra i condannati c’è Fabio Amoroso, il figlio di Pippo “l’avvocato”, che invece ha affrontato il rito abbreviato del procedimento penale. Le condanne con l’ordinario sono state inflitte dal collegio presieduto da Grazia Anna Caserta: Fabio Amoroso condannato a 15 anni e 6 mesi; Marco Battaglia 11 anni e 50.000 euro di multa, Giovanni Carciotto 17 anni e 3 mesi, Massimo Merlo 13 anni e 3 mesi, Placido Ricceri 15 anni e 3 mesi. Carciotto è stato assolto dal reato di associazione mafiosa.

Gli imputati, si legge nel sito “LaSicilia.it”, sono stati condannati anche a risarcire il danno al comune di Biancavilla che si è costituito parte civile. Il valore del risarcimento dovrà essere calcolato dal giudice civile. Il Tribunale ha interdetto dai pubblici uffici i cinque condannati. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. Solo dopo gli avvocati difensori decideranno se ricorrere in appello.

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giudiziaria

Giarre, ergastolo per Leonardo Fresta, accusato di aver ucciso Debora Pagano

Secondo l’accusa l’uomo segnalò la morte della donna due giorni dopo il decesso, spiegando il ritardo perché era “sotto shock”. I carabinieri hanno accertato, mediante l’utilizzo del luminol, la presenza di “diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione”

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Ergastolo per Leonardo Fresta il 43enne panificatore accusato di aver assassinato la convivente 32enne Debora Pagano, nel luglio del 2022 nella loro abitazione di Macchia di Giarre.

La sentenza è stata pronunciata dalla Corte d’assise di Catania nella giornata di oggi.  Secondo l’accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Fabio Platania, l’uomo segnalò la morte della donna due giorni dopo il decesso spiegando il ritardo perché era “sotto shock”.

Per la Procura le “anomalie” consistono nello “stacco temporale di oltre un giorno e mezzo tra il momento della morte e quello in cui è stato dato avviso dallo stesso Fresta al 118 pur essendosi, a suo dire, “immediatamente reso conto del decesso”.

I carabinieri, che hanno condotto le indagini sull’omicidio, hanno accertato, mediante l’utilizzo del luminol, la presenza di “diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione anche in ambienti diversi dal bagno e una “generalizzata e ingiustificata, per le circostanze, opera di pulizia dei luoghi”.

La coppia aveva una bambina che all’epoca dei fatti aveva sette anni e che il giorno della morte della madre era a casa della nonna materna.

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