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Cronaca

Biancavilla, caso di malasanità: Asp condannata al risarcimento per morte di un 37enne

Il caso è avvenuto nel 2017 all’Ospedale di Biancavilla e secondo i Consulenti Tecnici d’Ufficio nominati dal tribunale di Catania i medici non avrebbero effettuato tutti gli esami diagnostici necessari per evitare la morte dell’uomo

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Sentenza sfavorevole per l’Asp di Catania, quella emessa negli scorsi giorni dal giudice Gaia Di Bella della V sezione civile del Tribunale di Catania, a seguito del riconoscimento di un caso di malasanità registratosi all’interno dell’ospedale di Biancavilla nel 2017 che portò alla morte di un 37 enne a seguito di un malore. Secondo quanto denunciato dalla sorella del biancavillese deceduto, che presentava comunque altre patologie, l’uomo era stato condotto al Pronto Soccorso del “Maria Santissima Addolorata”, da un’ambulanza del 118, il 12 agosto del 2017 febbricitante ed in stato di incoscienza dove veniva registrato con codice “giallo mediamente critico” e con la diagnosi di “grave stato di disidratazione, denutrizione e febbre in paziente anoressico”. Poi il trasferimento nel reparto di medicina ed il decesso avvenuto alle ore 5:50 del 14 agosto 2017.

Una morte che sin da subito ha destato sospetto nei familiari, i quali hanno deciso di denunciare il fatto facendo sottoporre il corpo dell’uomo ad esame autoptico dal quale è emerso, pochi giorni dopo, la presenza di un “voluminoso trombo in corrispondenza dell’arteria polmonare”. Da parte dell’Azienda Sanitaria, costituitasi in giudizio, veniva invece rilevato in tribunale “che non vi erano segni clinici che facessero pensare ad un trombo e che l’uomo era giunto in ospedale in condizioni di salute scadenti con nulle possibilità di sopravvivenza”. Interessante, in seno alla sentenza, quanto emerso dalla relazione dei Consulenti Tecnici d’Ufficio, che hanno primariamente evidenziato una negligenza nell’operato dei medici del Pronto Soccorso legata ad una scarsa diagnosi differenziale attraverso la mancata esecuzione di esami diagnostici più approfonditi – come una Tac addome, un ecocardio, l’esame dei biomarcatori di danno cardiaco – volti a individuare le reali cause del malore del 37enne. Sucessivamente, ad emergere lacune nella gestione del caso clinico, anche quanto accaduto nel reparto di Medicina Interna del nosocomio biancavillese, dal 12 al 14 agosto 2021.

“Secondo il diario clinico ed infermieristico” si legge nella sentenza “emerge un vuoto assistenziale relativamente al monitoraggio dei parametri vitali, fondamentali per individuare l’andamento delle condizioni cliniche. Infatti, nell’arco dei tre giorni di ricovero, l’uomo veniva visitato soltanto tre volte e in maniera incompleta; manca infatti un esame obiettivo locale e generale e in certi casi è anche assente il rilevamento di alcuni parametri vitali”. E come se non bastasse, si legge ancora “altrettando sospetta di censure risulta la condotta dei sanitari in merito all’approfondimento di quei segni e sintomi verosimilmente indicativi di una tromboembolia polmonare, confermati successivamente al tavolo settorio, sotto forma di un trombo a livello polmonare. L’uomo manifestava una serie di sintomi e di evidenze laboratoristiche che meritavano di un approfondimento tanto in senso cardiaco quanto polmonare che, al contrario, venivano posti in essere soltanto in parte. L’iter diagnostico veniva altresì privato dell’esecuzione di una ecografia cardiaca con valutazione del ventricolo destro, nonché della ricerca dei biomarcatori di danno miocardico al pari di un esame Angio Tac torace”. Quest’ultimo esame, risulta essere infatti il gold standard per la diagnosi di embolia polmonare.

Un relazione, dunque, che agli occhi del giudice ha dimostrato che un adeguato monitoraggio diagnostico-terapeutico durante il ricovero di tre giorni presso il nosocomio di Biancavilla e l’esecuzioni di esami più approfonditi – facendo una diagnosi differenziale del caso – avrebbe potuto ridurre le probabilità di morte del 37enne che già dal suo ingresso in Pronto Soccorso presentava condizioni cliniche compromesse. Il caso, seguito dagli avvocati Luigi Randazzo e Giuseppe Carnabuci ha portato alla pubblicazione di una sentenza di primo grado favorevole alla famiglia dell’uomo deceduto, attraverso la quale – seppur potrebbe essere oggetto di appello da parte dell’Asp – ha riconosciuto il diritto al risarcimento alla sorella della somma complessiva di € 43.836,00 più gli interessi maturati dal 2017 ad oggi.

Cronaca

Catania, assassinato un 30enne, fermato un posteggiatore abusivo

La vittima è un pasticcere, ferito mortalmente con un coltello da un extracomunitario, il quale ha tentato di fuggire, ma è stato bloccato dalla polizia e arrestato in flagranza di reato per omicidio aggravato

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Omicidio a Catania intorno alle ore 15. Un posteggiatore abusivo, al culmine di una lite, ha ferito mortalmente a coltellate il dipendente di una pasticceria, colpendolo con coltellate a braccia, tronco e addome. La vittima, che aveva 30 anni  (S.R. le iniziali) è morta dopo il suo trasferimento nell’ospedale Cannizzaro. L’aggressione è avvenuta sul lungomare Ognina, nella strada davanti la pasticceria.

Il posteggiatore, un extracomunitario, ha tentato di fuggire, ma è stato bloccato dalla polizia e arrestato in flagranza di reato per omicidio aggravato.

La lite non sarebbe collegata all’attività illegale dell’arrestato, ma a motivi ancora da chiarire. Macchie di sangue sono state trovate nella traversa che conduce al pontile nautico privato di piazza Mancini Battaglia, dove si è consumata parte dell’aggressione. Sul posto sono intervenute le volanti della polizia e la scientifica, che ha effettuato i rilievi per ricostruire la dinamica dei fatti.

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Cronaca

Adrano, furto di materiale e attrezzature in un cantiere, due denunciati

Oggetto del furto il cantiere dove si sta costruendo il plesso “Patellaro” della scuola “Guzzardi” in via Primo Maggio

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Ad Adrano gli agenti del locale commissariato hanno denunciato un 32enne che,  nel primo pomeriggio di domenica scorsa, si è intrufolato nel cantiere edile finalizzato alla ricostruzione di una scuola in via 1° Maggio.

Sono stati alcuni cittadini a segnalare alla Sala Operativa del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Adrano la strana e sospetta presenza di un uomo con un berretto da baseball e una bandana al viso, utilizzati probabilmente per camuffare i propri tratti somatici e non essere riconosciuto. In pochi minuti, una volante del Commissariato ha raggiunto il cantiere dove, da diversi mesi, sono in corso i lavori per la realizzazione della nuova sede del plesso “Patellaro” dell’Istituto comprensivo “Guzzardi”.

I poliziotti hanno notato all’interno del cantiere la presenza ingiustificata dell’uomo. Non appena si è accorto della presenza della Polizia, il 32enne ha tentato maldestramente di fuggire, superando la recinzione del cantiere, cercando di far perdere le proprie tracce tra le vie della parte alta del centro cittadino.

I poliziotti sono riusciti a fermarlo e a condurlo in commissariato per tutti gli accertamenti del caso. L’uomo, con diversi precedenti di Polizia, aveva nascosto nel borsello alcuni arnesi atti allo scasso, una cesoia e una tenaglia, con ogni probabilità utilizzati per introdursi nel cantiere per portare via materiali o cavi di rame. Una volta completate le verifiche, i poliziotti hanno denunciato il 32enne adranita per il reato di tentato furto aggravato in danno di cantiere destinato a opera pubblica.

Un ulteriore intervento dei poliziotti del Commissariato di Adrano è stato effettuato il giorno seguente quando, una volante impegnata in un servizio di controllo del territorio, ha notato proprio nei pressi del medesimo cantiere un furgone con due grossi tubi zincati caricati sul tetto.

I tubi corrispondevano a quelli rubati sempre nel cantiere, come denunciato dal personale della ditta appaltatrice dei lavori. I poliziotti hanno rintracciato il proprietario del mezzo, un adranita di 40 anni, che è stato condotto in Commissariato per approfondire l’intera vicenda. Inoltre, gli agenti hanno notato a bordo del furgone diversi cavi elettrici di cui il 40enne non ha saputo fornire alcune plausibile spiegazione.

L’uomo non ha saputo dare una giustificazione neppure sulla presenza dei tubi sul proprio mezzo, raccontando semplicemente di aver prestato, nei giorni precedenti, il proprio furgone ad un amico che aveva necessità di caricare del materiale. Il materiale è stato recuperato e posto sotto sequestro dai poliziotti, che hanno denunciato il 40enne per il reato di ricettazione e favoreggiamento personale.

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