La Squadra Mobile di Catania ha posto in stato di fermo un presunto “scafista” quarantaquattrenne, di origini russe, per il reato di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina. I fatti risalgono al primo pomeriggio dello scorso 8 agosto, quando, nel porto di Catania, ha attraccato la nave “Ubaldo Diciotti” della Guardia Costiera con a bordo 166 migranti di varie nazionalità, soccorsi in acque di competenza italiana in tre distinti eventi di salvataggio, di cui uno riguardava un’imbarcazione a vela.
In particolare, in quest’ultima operazione di salvataggio, avvenuta la sera dello scorso 7 agosto, su segnalazione della Centrale Operativa dell’Italian Maritime Rescue Coordination Center, la nave della Guardia Costiera ha localizzato un’imbarcazione a vela con 82 migranti a bordo, dove si trovavano anche bambini e donne, alcune delle quali in stato di gravidanza. Dopo aver operato le propedeutiche fasi di soccorso dei migranti, il personale della Guardia Costiera è riuscita a raccogliere anche importanti elementi nei confronti di un potenziale scafista di origini russe, in quanto trovato nella postazione di comando dell’imbarcazione a vela al momento dell’intercetto. Presso il Porto di Catania dopo le preliminari verifiche sanitarie, i migranti sono stati fatti sbarcare prima di essere trasferiti presso la struttura di via Forcile.
L’immediata attività di indagine ha permesso di verificare la presenza di elementi che si indirizzavano verso il quarantaquattrenne di origini russe quale presunto scafista. La successiva attività di ascolto dei migranti ed i necessari approfondimenti condotti dagli investigatori della Squadra Mobile, non soltanto hanno permesso di ricostruire il fatto che la barca a vela era partita giorni prima dalle coste turche diretta alla nostra isola, ma soprattutto hanno consentito di cristallizzare il ruolo di scafista che il cittadino russo aveva assunto sull’imbarcazione a vela, mettendo di fatto a repentaglio, a causa delle insicure condizioni di navigazione, la vita e l’incolumità dei numerosi migranti a bordo, tra cui donne e minori.
A completare i gravi indizi di colpevolezza si sono aggiunti gli esiti di alcune rilevanti verifiche eseguite sui beni in possesso dell’uomo, utili a testimoniare che la conduzione della barca a vela non era da considerarsi un fatto eccezionale, ma il frutto di un progetto ben organizzato