I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno arrestato, nella mattinata di oggi, i due fratelli Antonio e Sebastiano Tilenni, rispettivamente di 51 e 50 anni, finiti poi ai domiciliari. I due sono accusati di perpetrazione sistematica di bancarotte fraudolente (patrimoniali e documentali) e reati tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) connessi alla gestione di società operanti nella produzione e commercializzazione di prodotti lattiero/caseari sull’intero territorio nazionale, anche per la grande distribuzione, nonché della gestione diretta di supermercati a marchio proprio. Inoltre è stato disposto il sequestro preventivo di un complesso aziendale costituito da un caseificio che si trova a Maniace (Catania) e da 7 supermercati ubicati in vari comuni della provincia etnea tra Bronte, Randazzo, Adrano, Paternò, Maletto e Misterbianco, nonchè delle quote sociali e dell’intero patrimonio aziendale di 2 società la “Tilenni srl”, con sede a Maniace e la “Tilenni Commerciale srl” con sede a Bronte (comprendenti beni immobili, mobili, disponibilità finanziarie, avviamento, crediti, articoli risultanti dall’inventario, beni strumentali, nonchè tutte le eventuali autorizzazioni all’esercizio delle attività commerciali nonchè ogni altro bene), per un milione di euro tutti, oggetto di condotte distrattive.
Le indagini investigative, condotte dalla Sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza presso la Procura di Catania e dalla locale compagnia, hanno rivelato l’esistenza di un collaudato sistema fraudolento messo in atto dal gruppo familiare, finalizzato alla sottrazione del pagamento imposte per un valore complessivo superiore a 3 milioni di euro e la contestuale elusione di procedure esecutive e concorsuali. Ad essere indagata, oltre ai due imprenditori finiti ai domiciliari, anche Maria Pia Tilenni, 26 anni, figlia di Antonio,accusata di bancarotta fraudolenta. L’indagine delle fiamme gialle etnee, inizialmente si è focalizzata sulla disamina degli atti caratterizzanti la gestione della “LATTICINI S.r.l. – già TILENNI S.r.l.”, dichiarata fallita in data nel marzo del 2019, nonché delle ulteriori società, tutte facenti capo, a vario titolo, allo stesso contesto imprenditoriale costituito da componenti della famiglia Tilenni, ai quali nel tempo sono stati conferiti e suddivisi le attività aziendali inizialmente in capo alla fallita LATTICINI, costituite nello specifico da un caseificio e da sette punti vendita nella provincia di Catania.
Mediante la stipula di appositi atti di “Locazione e sub-locazione di rami d’azienda”, la fallita “LATTICINI S.r.l.” ha provveduto a cedere in affitto tutti i beni di sua proprietà, privandosi della propria capacità di produrre e divenendo, nel concreto, una scatola vuota ovvero un contenitore di soli debiti tanto da divenire inattiva ed essere posta in liquidazione. Di contro le nuove entità giuridiche, tutte riconducibili allo stess contesto imprenditoriale, hanno ottenuto dalla “LATTICINI S.r.l.” ormai prossima al fallimento – che ha tentato invano di scongiurare trasferendo la propria sede a Ragusa al pari di altre società facenti capo sempre alla famiglia TILENNI – gli elementi patrimoniali positivi, acquisendoli a condizioni economiche di assoluto vantaggio, a danno dell’Erario, degli enti previdenziali e delle banche che sono rimasti, nei fatti, gli unici creditori non soddisfatti. Gli elementi accertati nel corso delle attività investigative, hanno dato contezza di un sistema imprenditoriale posto in essere con sistematica violazione delle leggi tributarie, evidenziando un’artificiosità di meccanismi illeciti e la loro riproposizione costante nel tempo mediante la costituzione e l’utilizzo di nuove società e il contestuale abbandono delle vecchie “bad company” allorquando queste ultime erano eccessivamente gravate da debiti.