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giudiziaria

Catania, omicidio Filippo Raciti, la Cassazione annulla risarcimento di Speziale allo Stato

La Suprema Corte, riconoscendo un difetto di motivazione, ha accolto la richiesta presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera e ha cassato la decisione di secondo grado rinviando a un nuovo collegio

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La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’appello di Catania, emessa l’8 giugno del 2023, che aveva condannato a 100 mila euro di risarcimento per danni d’immagine, in favore del ministero dell’Interno e della Presidenza del consiglio dei ministri, Antonino Filippo Speziale, condannato a otto anni di reclusione per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, il 2 febbraio del 2007, negli scontri con gli ultra etnei fuori dallo stadio Massimino dove si disputava il derby col Palermo.

La Suprema Corte, riconoscendo un difetto di motivazione, ha accolto la richiesta presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera e ha cassato la decisione di secondo grado rinviando a un nuovo collegio. Contro la decisione della Corte d’appello di Catania aveva presentato ricorso, che è stato rigettato dalla Cassazione, anche l’avvocatura dello Stato che aveva chiesto il ripristino del danno patrimoniale stimato in primo grado in 15 milioni di euro, in concorso con Daniele Natale Micale, anche lui condannato per la morte di Raciti, che era stato cassato in secondo grado.

Secondo la Cassazione “non è sufficiente la mera divulgazione delle immagini di un evento lesivo (riferendosi agli scontri degli ultras con le forze dell’ordine), ma è necessario dimostrare che da tale condotta sia derivato un effettivo pregiudizio all’immagine, intesa come reputazione” e ha sottolineato che “non è affatto detto che la visione di tali immagini abbia comportato discredito o una idea negativa dello Stato italiano e della sua capacità di reprimere le violenze”.

Il legale di Speziale l’avvocato Giuseppe Lipera ha affermato che la sentenza della Cassazione “segna un importante punto a favore di Antonino Speziale, annullando la condanna al risarcimento del danno all’immagine per le amministrazioni pubbliche e rinviando la questione alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione anche per le spese del giudizio”.

giudiziaria

Catania, arrestato Orazio Buda, deve scontare 10 anni di carcere

E’ arrivata la sentenza definitiva per colui che viene considerato dalla Procura un esponente del clan “Cappello-Carateddi”. E’ stato condannato dalla Corte d’Appello etnea per associazione a delinquere di stampo mafioso

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I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un “ordine di carcerazione” a seguito di sentenza definitiva di condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, emessa dalla Corte d’Appello etnea nei confronti di Orazio Buda, esponente del clan “Cappello-Carateddi”.

Buda era rimasto coinvolto nell’inchiesta “Sipario” condotta dalla Guardia di Finanza. Nell’indagine l’attenzione dei finanzieri si era incentrata su Orazio Buda, legato al gruppo di Orazio Privitera, esponente di vertice del clan “Cappello-Carateddi”, il quale “avrebbe sistematicamente provveduto a reimpiegare il denaro ricavato dalle condotte delittuose- scrivono dal comando provinciale della Guardia di Finanza- in attività commerciali affermate sul territorio e fittiziamente intestate a soggetti terzi (c.d. “prestanome” o “teste di legno”) al fine di schermarne la reale riconducibilità sia alla sua persona che al clan mafioso”.

Le indagini avrebbero consentito di individuare “numerosi atti estorsivi di Buda a danno di privati cittadini, imprenditori catanesi operanti nei settori dei trasporti e nei confronti di un noto e premiato pittore siciliano, dal quale avrebbe preteso e ottenuto l’elargizione di opere da destinare, in parte, a pubblici funzionari al fine di tessere rapporti relazionali utili per perseguire le finalità illecite del sodalizio criminale e, in parte, ad arredare alcuni esercizi commerciali al medesimo riconducibili”.

I finanzieri hanno proceduto nel 2021 all’esecuzione di un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Catania nei confronti di 22 soggetti, indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione, falso in atto pubblico, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione elettorale, intralcio alla giustizia aggravato dal metodo mafioso.

Nella stessa indagine è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio di tre società aventi sede a Catania, operanti nella gestione di noti bar e ristoranti nel centro del capoluogo etneo, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. A

seguito di quell’indagini si è aperto il processo che ha recentemente portato alla condanna definitiva in secondo grado di Orazio Buda a 10 anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai Pubblici Uffici e alla successiva misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di 3 anni.  Buda è stata prelevato dai finanzieri dal suo domicilio, sito nel quartiere etneo di Librino dove già scontava gli arresti domiciliari, per condurlo presso il carcere di “alta sicurezza” Catania-Bicocca.

 

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Cronaca

Catania, arrestati 5 uomini legati al clan Cappello- Bonaccorsi, condannati a pene residue

Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42. Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile

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A Catania la Polizia di stato ha  arrestato cinque persone condannate a pene residue comprese tra e otto e dodici anni di reclusione per vari titoli di reato: associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e detenzione abusiva di armi con l’aggravante di aver commesso i fatti agevolare l’operatività del clan Cappello-Bonaccorsi. Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42.

Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile della Questura di Catania e dallo Sco della polizia. Nei loro confronti sono stati eseguiti cinque ordini di carcerazione emessi dalla Procura generale etnea.

Nel blitz furono fermate nove persone ritenute appartenenti al clan Cappello -Bonaccorsi e altre quattro furono arrestate in flagranza perché detenevano numerose armi e diversi quantitativi di stupefacenti per conto della cosca. Durante delle perquisizioni, eseguite nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, all’epoca roccaforti di quel gruppo mafioso, fu infatti trovato e sequestrato un arsenale, con fucili d’assalto e di precisione, pistole, innumerevoli munizioni e giubbotti antiproiettile.

L’operazione permise, inoltre, di sequestrare oltre 22 chilogrammi di marijuana essiccata e oltre 70 piante e all’attrezzatura necessaria alla coltivazione della droga e al confezionamento di ‘dosi’. In quell’occasione furono anche sequestrati circa 250 mila euro, ritenuti provento di attività criminali.

 

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