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giudiziaria

Catania, sequestro beni ad un soggetto ritenuto vicino clan “Cappello”

E’ stata sottoposta a sequestro una villa plurifamiliare, di oltre 10 vani, ubicata nel comune di Mascalucia dal valore di circa 500 mila euro.

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La Polizia di Stato ha eseguito il decreto di sequestro di beni nei confronti Giovanni Piero Salvo, ritenuta persona dalla procura vicina al clan Cappello. Il bene sequestrato è una villa plurifamiliare, di oltre 10 vani, ubicata nel comune di Mascalucia dal valore di circa 500 mila euro.

Giovanni Piero Salvo, fratello del boss  Salvatore Massimiliano Salvo,  nonché figlio dello storico boss Giuseppe Salvo, ha “precedenti penali per omicidio, rapina, ricettazione, associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione- si legge in una nota della Questura di Catania- più volte raggiunto dalla misura di prevenzione personale della Sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno, è  stato destinatario di diverse sentenze di condanna, passate in giudicato, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio, estorsione, detenzione e porto illegale di armi ed altro; da ultimo è stato condannato alla pena dell’ergastolo, con sentenza emessa dalla Corte d’Assise Appello di Caltanissetta per la c.d. “strage di Catenanuova”.

Il patrimonio immobiliare posto sotto sequestro, nella disponibilità indiretta di Giovanni Piero Salvo, in quanto intestato a un suo prossimo congiunto, è stato ritenuto sproporzionato rispetto alla disponibilità economica finanziaria del terzo interessato.

giudiziaria

Catania, arrestato Orazio Buda, deve scontare 10 anni di carcere

E’ arrivata la sentenza definitiva per colui che viene considerato dalla Procura un esponente del clan “Cappello-Carateddi”. E’ stato condannato dalla Corte d’Appello etnea per associazione a delinquere di stampo mafioso

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I Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un “ordine di carcerazione” a seguito di sentenza definitiva di condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, emessa dalla Corte d’Appello etnea nei confronti di Orazio Buda, esponente del clan “Cappello-Carateddi”.

Buda era rimasto coinvolto nell’inchiesta “Sipario” condotta dalla Guardia di Finanza. Nell’indagine l’attenzione dei finanzieri si era incentrata su Orazio Buda, legato al gruppo di Orazio Privitera, esponente di vertice del clan “Cappello-Carateddi”, il quale “avrebbe sistematicamente provveduto a reimpiegare il denaro ricavato dalle condotte delittuose- scrivono dal comando provinciale della Guardia di Finanza- in attività commerciali affermate sul territorio e fittiziamente intestate a soggetti terzi (c.d. “prestanome” o “teste di legno”) al fine di schermarne la reale riconducibilità sia alla sua persona che al clan mafioso”.

Le indagini avrebbero consentito di individuare “numerosi atti estorsivi di Buda a danno di privati cittadini, imprenditori catanesi operanti nei settori dei trasporti e nei confronti di un noto e premiato pittore siciliano, dal quale avrebbe preteso e ottenuto l’elargizione di opere da destinare, in parte, a pubblici funzionari al fine di tessere rapporti relazionali utili per perseguire le finalità illecite del sodalizio criminale e, in parte, ad arredare alcuni esercizi commerciali al medesimo riconducibili”.

I finanzieri hanno proceduto nel 2021 all’esecuzione di un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Catania nei confronti di 22 soggetti, indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione, falso in atto pubblico, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione elettorale, intralcio alla giustizia aggravato dal metodo mafioso.

Nella stessa indagine è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio di tre società aventi sede a Catania, operanti nella gestione di noti bar e ristoranti nel centro del capoluogo etneo, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. A

seguito di quell’indagini si è aperto il processo che ha recentemente portato alla condanna definitiva in secondo grado di Orazio Buda a 10 anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai Pubblici Uffici e alla successiva misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di 3 anni.  Buda è stata prelevato dai finanzieri dal suo domicilio, sito nel quartiere etneo di Librino dove già scontava gli arresti domiciliari, per condurlo presso il carcere di “alta sicurezza” Catania-Bicocca.

 

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Cronaca

Catania, arrestati 5 uomini legati al clan Cappello- Bonaccorsi, condannati a pene residue

Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42. Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile

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A Catania la Polizia di stato ha  arrestato cinque persone condannate a pene residue comprese tra e otto e dodici anni di reclusione per vari titoli di reato: associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e detenzione abusiva di armi con l’aggravante di aver commesso i fatti agevolare l’operatività del clan Cappello-Bonaccorsi. Si tratta di Emilio Cangemi, di 50 anni, Giuseppe Spartano, di 36, Giuseppe Di Stefano, di 48, Giuseppe La Rocca, di 30 e Giovanni Santoro di 42.

Erano coinvolti nell’operazione ‘Minecraft’ eseguita il 28 gennaio del 2021 dalla Squadra Mobile della Questura di Catania e dallo Sco della polizia. Nei loro confronti sono stati eseguiti cinque ordini di carcerazione emessi dalla Procura generale etnea.

Nel blitz furono fermate nove persone ritenute appartenenti al clan Cappello -Bonaccorsi e altre quattro furono arrestate in flagranza perché detenevano numerose armi e diversi quantitativi di stupefacenti per conto della cosca. Durante delle perquisizioni, eseguite nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, all’epoca roccaforti di quel gruppo mafioso, fu infatti trovato e sequestrato un arsenale, con fucili d’assalto e di precisione, pistole, innumerevoli munizioni e giubbotti antiproiettile.

L’operazione permise, inoltre, di sequestrare oltre 22 chilogrammi di marijuana essiccata e oltre 70 piante e all’attrezzatura necessaria alla coltivazione della droga e al confezionamento di ‘dosi’. In quell’occasione furono anche sequestrati circa 250 mila euro, ritenuti provento di attività criminali.

 

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