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Cultura

CineCult24, “Qui non è Hollywood” (o forse si)

Rimane la pena, rimane l’angoscia, rimane l’amarezza per una vita spezzata troppo in fretta

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Trasmessa da Disney plus a partire dal 30 ottobre 2024, “Qui non è Hollywood” è una serie TV tutta italiana con alla regia Pippo Mezzatesta, che mette in scena eventi reali, ovvero l’omicidio di Sarah Scazzi meglio noto come il “delitto di Avetrana”. E proprio sul nome Avetrana – inserito nel titolo -, la serie TV aveva subìto uno stop poco prima della sua pubblicazione sulla piattaforma streaming, a seguito di un ricorso presentato al Tribunale di Taranto dall’attuale sindaco della cittadina pugliese, Antonio Iazzi, con lo scopo di voler tutelare l’immagine del proprio comune che non poteva apparire “ignorante, retrogrado e omertoso”. Richiesta di sospensiva accolta e che ha poi portato alla modifica del titolo da “Avetrana – Qui non è Hollywood” al definitivo “Qui non è Hollywood”. Ma se attraverso un titolo modificato si pensava di voler mutare, nell’immaginario dello spettatore, l’atrocità di quanto accaduto in quella cittadina, probabilmente si è fallito. Che piaccia o no, con o senza il nome del paese nel titolo della serie, rimarranno per sempre contrapposti – in questa storia – il dolore di una morte inspiegabile e la eco mediatica che si generò attorno alla scomparsa della giovane Sarah. Eterno, anche qui, il conflitto tra ciò che è vera informazione e cronaca e ciò che non lo è, trasformando spesso delle tragedie a fatti riconducibili ai salotti pomeridiani di questo o quel talk.

A colpire immediatamente, generando confusione in chi ha visto per la prima volta la locandina della serie, è l’elevata somiglianza tra i protagonisti della serie e gli attori. In particolare Sabrina e Cosima. “Sono usciti dal carcere per rappresentare la vicenda oppure sono degli attori”, si chiedono in tanti. Un cast d’eccezione a partire da Vanessa Scalera che veste i panni di Cosima Serrano, Paolo De Vita che interpreta Michele Misseri, una irriconoscibile Giulia Perulli che ha dovuto prendere ben 22 chilogrammi per interpretare Sabrina Misseri, Imma Villa che interpreta Concetta Serrano, Federica Pala che interpreta Sarah Scazzi e tanti altri ancora.

Ma andando alla narrazione, l’intera vicenda è nota a noi tutti abitanti del belpaese. È il 26 agosto del 2010. Sarah esce da casa per recarsi a casa degli zii Cosima e Michele e della cugina Sabrina, per andare insieme al mare, ma la ragazza non arriverà mai a destinazione. O almeno, sarà questa, per oltre 40 giorni, la versione proposta dalla famiglia Misseri. Dopo settimane di ricerca, lo zio Michele confessa il luogo in cui si trova il corpo di Sarah e si dichiara l’unico vero colpevole dell’omicidio, avvenuto all’interno del garage di casa, escludendo la moglie Cosima e la figlia Sabrina, che poi inevitabilmente saranno indagate e accusate della morte della quindicenne. La serie è composta da 4 puntate, ciascuna della durata di circa un’ora, ognuna delle quali è dedicata ai protagonisti di Avetrana: Sarah, Sabrina, Michele, Cosima, basata sul libro “Sarah la ragazza di Avetrana”, scritto da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni ed edito da Fandango Libri.

Ad emergere, sin da subito, è un’atmosfera angosciante, buia, tetra, grazie anche alla fotografia che mette in risalto luoghi dai colori scuri, neri. Minuto dopo minuto, nello scorrere delle immagini, è chiara la rappresentazione del detto popolare “parenti serpenti”: la piccola Sarah, attaccatissima alla zia e alla cugina, vive conflittualmente il rapporto con la madre – come si addice a qualsiasi adolescente di quell’età – e si fida ciecamente delle due donne al punto tale da chiedere di essere adottata dalla zia. Sabrina, invece, mossa da sentimenti di invidia e di gelosia nei confronti di Sarah, offuscata dall’amore non corrisposto per Ivano, nutre dentro di sé il desiderio di sbarazzarsi della cugina, che rappresenta l’unico ostacolo per sentirsi finalmente accettata e amata per quello che è, fisicamente e interiormente. Una Sabrina, che alla vista delle prime telecamere interessate al caso, non perde un attimo a trasformarsi in una degna attrice hollywoodiana costruendo attorno alla sua figura un canovaccio drammatico. Da un lato cerca di costruire una storia differente dalla realtà sulla scomparsa della cugina, dall’altro prova ad acquisire il consenso di chi fino ad ora l’aveva rifiutata. La morte di Sarah, però, non risolve nulla, anzi. Scomode verità, sentimenti morbosi e disfunzionali si intrecciano a rabbia, pentimento (poco), commozione, risentimento e odio. Vittime e carnefici si sovrappongono e si scontrano, occultando ancor di più la flebile verità che stenta ad emergere.

Una serie TV che coinvolge lo spettatore in fatti che già conosce perché balzati alla cronaca nera repentinamente ma che nel complesso non annoia seppur nessun colpo di scena c’è da aspettarsi all’orizzonte: tutti conosciamo il triste epilogo. In tutto questo, ben mostrato con leggere (ma non troppo) pennellate in apertura e chiusura della serie serie, si aggiunge anche la rappresentazione di quel “turismo macabro” che spesso si genera a contorno di tragedie così grandi – Avetrana, Cogne, isola del Giglio – con visitatori che si recavano nel piccolo comune pugliese per immortalare i luoghi raccontati dalle tv nazionali o sperare di poter portare a casa un selfie con i loro protagonisti.

Cosa rimane allora?
Rimane un senso di angoscia e di amarezza.
Rimane la pena nel cuore per una vita spezzata troppo in fretta.
Rimane il dolore che abbiamo condiviso con la famiglia Scazzi.
Rimane che Avetrana fu – e forse lo è ancora – un degno set di Hollywood.

Recensione a cura di “LA”

Cultura

Catania, la storia si risveglia: Iulia segna il ritorno della memoria cristiana al Museo Diocesano

Un’epigrafe, una bambina, e il cristianesimo che affiora dal silenzio dei secoli

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Dopo 236 anni al Louvre, la lapide di Iulia Florentina è tornata nel luogo delle sue origini. E non è solo un reperto archeologico: Catania accoglie il primo segno certo della sua cristianità nascente, in una mostra che è insieme memoria, identità e visione.

La mostra “Revelare: Agata | Rivive | Iulia”, inaugurata al Museo Diocesano di Catania e visibile fino al 6 marzo 2026, è il culmine di una lunga attesa. Dietro c’è un lavoro corale – studiosi, archeologi, istituzioni e passione civile – ma soprattutto una figura chiave: la docente Cristina Soraci, storica dell’Università di Catania, che ha reso possibile questo evento.

Già nel 1958, lo storico Santo Mazzarino aveva tenuto una conferenza sull’epigrafe di Iulia Florentina, riconoscendone l’importanza nel contesto della cristianizzazione della Sicilia. Tuttavia, dopo quell’intervento, la ricerca cadde nel silenzio per molti anni.

Fu solo nel 2008, grazie all’intuizione di Padre Zito, che la lapide fece per la prima volta ritorno a Catania con un prestito temporaneo dal Museo del Louvre. Anche se l’esposizione durò solo due mesi, quell’evento riaccese l’interesse della città e pose le basi per un nuovo impegno di studio.

Negli anni successivi, la professoressa Soraci ha raccolto quella eredità, riprendendo la ricerca con passione e rigore. È merito di intellettuali aperti e lungimiranti se quell’intuizione, rimasta per anni inascoltata, si è trasformata in un percorso concreto che, attraverso lo studio delle forme semplici e degli accostamenti, permette di decodificare i segni utili a promuovere una nuova consapevolezza identitaria.

Iulia era una bambina. Nata pagana a Hybla Major, l’attuale Paternò, morì giovanissima dopo aver ricevuto il battesimo in punto di morte. La sua epigrafe – ricchissima, fitta, tenera… forse, unica nel mondo romano – parla di miracoli, di voce divina, e di una sepoltura tra i martiri, vicino a Sant’Agata. Non è solo un ricordo: è un indizio potente su come nacque e si diffuse il culto cristiano in Sicilia.

L’epigrafe fu ritrovata nei pressi di via Androne a Catania e, dopo varie peripezie che la collegano alla vita dell’architetto e massone francese Léon Dufourny, venne acquisita dal Louvre. Ora, grazie a un prestito permanente concesso dal museo parigino, torna nel cuore della città, accanto ad altri segni fondativi del cristianesimo etneo. Un ritorno non solo fisico, ma spirituale.

La Soraci lancia, inoltre, una piccola provocazione: questa lapide rappresenta finora la prima testimonianza cristiana certa dell’area catanese, ma potrebbero esistere altre tracce ancora da indagare. A riguardo, cita le ricerche del professor Dario Palermo, che anni fa aveva proposto l’avvio di scavi archeologici nell’area cimiteriale di Villa Bellini, ipotesi mai concretizzata.

Magali Coudert, Conservatrice capo del Dipartimento delle Arti di Bisanzio e delle Cristianità in Oriente del Louvre, ha spiegato che la stele non era mai stata esposta a Parigi per ragioni di spazio e per la rigorosa selezione delle opere. Tuttavia, ha espresso grande soddisfazione per la sua nuova collocazione a Catania, ritenuta il luogo più adatto ad accoglierla, pur restando proprietà del museo francese.

La diocesi di Catania sottolinea come la storia religiosa dell’epigrafe sia profondamente legata a quella del territorio, contribuendo a rafforzare l’identità culturale e spirituale della comunità.

Accanto a questa preziosa epigrafe, riemerge il paesaggio culturale di Paternò, la già citata Hybla Major e terra d’origine di Iulia. Un luogo che, grazie all’instancabile impegno dell’Archeoclub – sede di Ibla Major, e del Kiwanis Club di Paternò e Catania Est, è tornato al centro di una riflessione profonda, volta a restituire voce e dignità a un territorio troppo a lungo dimenticato. Ora, attraverso Iulia, quel paesaggio ritrovato si riallaccia in modo indissolubile al presente, segnando una nuova consapevolezza storica e identitaria.

All’inaugurazione erano presenti anche il sindaco di Catania, Enrico Trantino, e Lina Scalisi, presidente dell’Accademia di Belle Arti di Catania, a testimonianza del coinvolgimento delle istituzioni civili e culturali della città.

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Cultura

Paternò, cultura in lutto: morto lo storico Mimmo Chisari

E’ stato autore di libri di narrativa scolastica e di opere a carattere storico divulgativo. E’ stato cofondatore del Museo della Civiltà Contadina. 

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“Stanotte ci ha lasciati il prof. Mimmo Chisari. Una notizia che ci riempie il cuore di dolore e ci lascia smarriti”.  A comunicarlo è Giuseppe Scandurra di SicilAntica. Mimmo Chisari, docente di italiano e latino, appassionato di storia, è deceduto in ospedale dove era ricoverato da qualche giorno.

Autore di libri di narrativa scolastica e di opere a carattere storico divulgativo, ha curato alcuni lavori realizzati dalla Soprintendenza ai BB. CC. AA. di Catania in collaborazione con l’Assessorato Regionale ai BB. CC. AA. e P.I. E’ stato cofondatore del Museo della Civiltà Contadina.

“Ci uniamo con commossa partecipazione al lutto della sua amata sposa, Anna Maria, e di tutti i suoi cari, ai quali va il nostro più sincero abbraccio.  Mimmo non è stato soltanto un uomo di grande cultura: è stato un faro, una guida, un custode appassionato della memoria e dell’identità di Paternò. Ha amato profondamente la sua terra, raccontandola, proteggendola, donandole voce e dignità con il suo instancabile impegno.

Per noi di SiciliAntica, è stato un esempio raro e prezioso- scrive Scandurra- un punto di riferimento umano, intellettuale e morale. La sua scomparsa lascia un vuoto immenso, ma il suo ricordo continuerà a vivere in ciò che ha fatto, in ciò che ha ispirato, e in tutti noi. Resterà per sempre nei nostri cuori, accanto all’amico Pippo Virgillito, come figure indimenticabili da onorare, ricordare e imitare con profonda stima e gratitudine” .

L’assessore comunale alla pubblica istruzione Francesca Coluccio, avendo appreso della morte del professore Chisari ha ricordato sulla propria pagina social l’amico  professore: “ Mimmo Chisari ci lascia, e davvero non ci sono parole perché tutta la città subisce una perdita immensa. Sarà ricordato come un uomo di straordinaria cultura, lo storico per antonomasia, il professore amato da tutti gli studenti ma per me è stato molto di più sempre al tuo fianco”.

Le esequie si svolgeranno domani, 17 luglio, alle 11:00 presso la Chiesa dello Spirito Santo in Paternò. La camera ardente sarà allestita al San Marco di Catania.

L’intera redazione di “Etnanews24.it” e l’editore porgono le più sincere condoglianze alla famiglia Chisari.

AGGIORNAMENTO ORE 9.15 

“L’Amministrazione Comunale di Paternò annuncia con profondo cordoglio la scomparsa del prof. Mimmo Chisari

Paternò piange oggi la perdita di una delle sue figure più autorevoli e amate: il prof. Mimmo Chisari, storico, scrittore, studioso di archeologia, si è spento lasciando un vuoto incolmabile nella vita culturale e sociale della nostra città.

Il professor Chisari è stato una risorsa infinita per la comunità: il suo amore per la storia, la passione per la ricerca e il suo instancabile impegno nella valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale di Paternò hanno rappresentato per decenni un punto di riferimento imprescindibile per generazioni di studiosi, studenti e cittadini.

Ma oltre al suo inestimabile contributo intellettuale, ci mancherà l’uomo: garbato nei modi, galantuomo d’altri tempi, sempre pronto al dialogo, alla condivisione del sapere, al confronto sincero. Il suo sorriso ironico, la sua raffinata intelligenza e la sua profonda umanità hanno lasciato un segno indelebile nel cuore di tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo.

L’Amministrazione comunale, interpretando il sentimento dell’intera cittadinanza, si stringe con affetto alla famiglia del professore Chisari, rendendogli omaggio e rinnovando il ringraziamento per una vita interamente dedicata alla cultura e alla città di Paternò”.

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