Qual è la linea sottile che separa l’informazione dalla disinformazione? Quando un evento viene trattato come mera notizia e quando esso viene utilizzato per altri scopi? È di martedì, purtroppo, la notizia di una ragazza morta al Policlinico di Catania, sulle cui dinamiche sta indagando la Polizia senza tralasciare nessuna ipotesi tra cui anche quella dell’estremo gesto. E dal momento in cui è avvenuto il fatto, come accade al giorno d’oggi, si è susseguito un tam tam di informazioni che ha creato un caso mediatico a tratti anche lontano da quella “verità sostanziale dei fatti” cui tutta la categoria giornalistica è tenuta a rispettare. Forse, con il senno di poi, da parte di molti addetti all’informazione, si è assistito ad una carenza di tatto nella vicenda, contornando la stessa anche di dettagli non solo non veri ma che non aggiungevano nulla alla stessa tragedia, con l’ unico obiettivo, probabilmente, di restringere il tutto ad una gara di visualizzazioni e like: essere i primi a dare la notizia della tragedia, senza preoccuparsi troppo se le informazioni reperite fossero conformi alla realtà dei fatti. Si è assistito a qualcosa che non ha nulla a che fare con la corretta informazione, a partire dal fatto che diverse testate giornalistiche, in un copia/incolla selvaggio, hanno affermato – erroneamente – che la ragazza fosse studentessa di medicina, tirocinante ed addirittura che fosse fuoricorso.
E sull’onda mediatica della notizia, c’è anche chi ha sfruttato la morte della ragazza per ricamare largamente sui social – solo per vedere aumentare i propri followers e consensi – sfruttando il topic del “fuoricorso”, creando invettive verso un sistema universitario che, a volte, può essere causa di eventi tragici. Ma non sembrerebbe essere questo il caso. Chi ha il diritto di prendere un evento come questo e riferire una spiegazione certa sul perché è accaduto? Chi può utilizzare le cause di una tragedia come questa per farne stendardo di qualcosa che in realtà non è? Oggi, vi è l’erronea convinzione che ogni cosa debba sensibilizzare, che ogni azione, ogni parola, ogni evento possa essere usato per comunicare un messaggio. Non è così. E questo non è sicuramente il caso.
Così facendo, ci si dimentica – forse – della cosa più importante: dov’è, in tutto questo, il rispetto nei confronti di questa ragazza? Cosa ha aggiunto all’immane tragedia che oggi sta vivendo la famiglia, gli amici, un’intera comunità, l’aver decretato senza fondamento che quella ragazza fosse studentessa di medicina, fuori corso? Se fosse stata di un altro corso di laurea ed in corso, questa morte avrebbe avuto un sapore meno amaro? Perché a questo punto, considerato che non si è seguita la linea dell’essenzialità nella notizia, non si sono volute esaltare le doti positive che aveva?
Probabilmente una ragazza fragile, con un forte tormento interiore che né il giornalismo né chi si erge a paladino dei diritti universitari può permettersi di trasformare, faziosamente, in ciò che preferisce. Oggi rimane solo il dolore, lo sconforto e anche la rabbia. Forse questo articolo potrebbe apparire superfluo, fuori luogo, frutto solo di emozioni da parte di chi quella ragazza la conosceva. Un testo, però, che sentivo l’obbligo di scrivere nel ricordo di chi oggi non c’è più, di chi ha molto aiutato ma che, forse, non ha trovato la giusta strada per uscire da questo tunnel. Nella giornata di domani, giorno delle esequie, il sindaco del piccolo centro etneo ha già proclamato il lutto cittadino. Il più sincero cordoglio va a tutti coloro che hanno amato, conosciuto e apprezzato questa giovane donna. Buon viaggio, che la terra ti sia lieve.